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Un mese dopo

Jordan

«Sul serio?» ripete Travis.
«Sul serio, un taglio netto» afferra l'intrecciatura e le forbici.
Il riflesso allo specchio non è più lo stesso, io non sono più lo stesso. La massa muscolare è raddoppiata grazie a tutti gli allenamenti duri, niente a che fare con le venti flessioni di qualche settimana fa.
Ho imparato ad apprezzare le prime ore del mattino, il freddo di Dicembre penetra nelle ossa ma è rassicurante.
TysonVille è ancora più bella e cruda a quell'ora. Lo specchio è lindo, nonostante le goccioline che macchiano le nostre sagome. Sono seduto sul bordo della vasca, i capelli sciolti pendono lungo le orecchie mentre con la mano sinistra sciolgo l'ultima treccia rimasta. I riccioli solleticano il naso, lascio a Trav il compito di eliminarli.
«Pronto?» annuisco, deglutendo.
L'aggeggio si dilunga sulla mia testa lentamente, come una morte estenuante e dolorosa. Socchiudo gli occhi, immaginandomi senza. Il cambiamento è fulmineo, il rubinetto aperto è la conclusione dell'opera d'arte. Bagno la testa e sussulto, sono nudo. Le trecce non ci sono più, sono così corti da far emergere la rasatura laterale che avevo già.
«Stai bene hombre, tu eres invencible así» colpisce ripetutamente la mia spalla con pacche amichevoli ed esce dalla stanza. Indosso la t-shirt bianca e osservo per l'ultima volta l'uomo che sono adesso. La luce della luna penetra dalla finestra, la voce di 50cent risuona fra le mura sottili del salotto. Sistemo alcune tazze nel ripiano e siedo accanto al moro, intento a guardare una partita di basket. Nessuna riunione in vista, le piazze fruttano come dovrebbero. Jason è costantemente sorvegliato da Damon, i giorni passano lenti fra omicidi e allenamenti.
«Adesso sembrate davvero fratelli» esclama il biondo seduto accanto a me.
«Lo siamo già da molto» coincido lo sguardo con quello di Ty e sorrido, mostro la fila di denti bianchi e le fossette ai lati delle guance. I diamanti ai lobi confondono, la catenina d'oro al collo pure. Distendo i piedi sul tavolo basso e vengo ammonito da quest'ultimo. «È casa mia Ty, posso fare ciò che voglio» alzo le spalle e cambio canale.
Travis ride sonoramente tenendosi la pancia, il moro sbuffa. Ad un tratto il mio cellulare squilla, rizzo in piedi quando il nome di Jason lampeggia sullo schermo.
«Jason?» chiedo.
«Jason?» ripeto, non è la sua voce a rispondere.
«Sono Damon, sono andato a caccia. L'animale è grosso, correte prima che lo mangi tutto da solo» dice e la conferenza cessa, Travis chiede spiegazioni al moro.
«È stato colto in flagrante, dobbiamo andare al Confine» preleva il giubbotto e lo indossa, stessa cosa faccio io dopo aver chiuso la porta d'ingresso.
La nebbia non rende facile la guida.
Tyron, con entrambe le mani sul volente, non distoglie l'attenzione. Travis non vede l'ora di massacrare il giovane, io resto semplicemente in silenzio finché l'auto non viene parcheggiata nel grande piazzale. Ci precipitiamo all'ingresso, sono il primo a parlare. «Restatene fuori» ordino, il cipiglio sui volti di entrambi non mi lascia interdetto.
«Ci penso io a lui» spiego.
Afferro la Calibro 38 dai pantaloni ed entro nella tana. La luce è spenta ma conosco abbastanza bene la casa da orientarmi anche senza, sorpasso il divano ed entro nella sala. Il ragazzo è seduto lì da solo, del suo rapitore non c'è traccia. Quando il suo sguardo si ferma sulla mia figura gli occhi escono fuori dalle orbite, trema come una foglia.
Stacco via lo scotch e urla.
«Nessuno verrà a salvarti» esordio, gratto il mento.
«Quanti anni hai?» chiedo di punto in bianco, il ragazzo tentenna.
«Quanti anni hai?» ripeto.
«Sedici, ho sedici anni» balbetta.
E lo vedo, per la prima volta guardo davanti a me. Alla sua età chiedevo di non dover più avere a che fare con Ocèane e la sua ''gang'' di amici, chiedevo di essere in futuro solamente un pugile o un semplice uomo onesto. Chiedevo al Signore perché avesse scelto me per condurre questa vita e ad oggi, non ho ancora una risposta.
«Non ammazzarmi ti prego» supplica, schiocco la lingua sul palato.
«Jason!» tuono.
«Cazzo, hai avuto contatti con la polizia per tutto questo tempo! Perché non dovrei ucciderti?» appoggio il piede sul bordo della sedia, la mano sul ginocchio in una posizione ambigua. Spingo di poco la sedia, dondola ma torna al suo posto. Sferro la pistola e la punto all'altezza del petto, proprio al cuore.
«Ti prego, ti prego» implora.
«Non uccidermi» chiede fervidamente.
Colpisco il volto con un pugno, uno di quelli che uso sul ring. La bestia freme per uscire, scalpita e ringhia. Non può emergere, non ora. Il sangue inizia a sgorgare dal suo naso, urla di dolore.
«Dimmi cosa avevi intenzione di fare, volevi vendere la tua famiglia per cosa? Cosa ti hanno promesso gli sbirri?» schiaffeggio il viso con ferocia, rotea il capo verso sinistra ed espelle il liquido dalla bocca. «Cosa ti hanno dato in cambio?» abbranco il mento, i miei occhi castani nei suoi smeraldi. Alla sua età non avrei avuto il coraggio di guardare il mio carnefice, sarei corso via con la coda fra le gambe. «Nulla, non mi hanno promesso nulla» blatera.
Cammino avanti e indietro, farnetico qualcosa e agisco. La paura lo percuote dalla testa ai piedi e rabbrividisce. Il proiettile fuoriesce dalla canna e giace ai suoi piedi, solleva lo sguardo. L'ira colpisce il mio disgusto, parlo forte.
«Eri uno di famiglia e sai cosa ho pensato quando ho capito che eri tu la spia? Che ti eri fottuto da solo. Io sapevo di non potermi fidare, hasta un jodido niño lo sabe che non deve mettersi contro di me!» strappo via la collana d'oro e la lancio in un angolo remoto. Mi sfugge una risata mesta, sono sicuro di avere il viso paonazzo e le nocche ferite.
«Perdonami Salvadores, mi hanno costretto!» sbraita, si dimena. «Costretto? Cosa vuoi dire? Chi?» con il dorso della pistola colpisco la guancia, ormai deturpata dai continui scontri.
«Chi?» ripeto.
Il suo nome viene confermato più volte, sotto l'ultima spinta il ragazzo cede, la schiena incrinata e il collo teso. Non smetto di colpire, inferocito. La rabbia viene fuori più forte che mai, il rancore straripa come un fiume in piena e la delusione avvampa nel petto. Sono stato ingannato e preso in giro come uno qualunque, come uno che non sa gestire la sua gente. Raggirato sotto al mio stesso naso, questa è la colpa per essermi distratto? Tutte le volte che hanno nominato il giovane e la polizia, l'agguato al Confine da parte di Paul, la morte e il tentato omicidio. Era tutta finzione, un depistaggio. El Diablo non è la vittima, io sono il reduce di tutto questo. Interrompo lo scempio, il corpo di Jason giace in una pozza scarlatta. La canotta è strappata in alcuni punti, i calzoni luridi di chissà quale sostanza. La faccia è irriconoscibile per quanto è stata afflitta. La salma dell'uomo che ho ucciso la prima volta si manifesta davanti a me, il ricordo riaffiora.

''Uccidilo Jay, concludi fratello dai!'' l'uomo singhiozzava ai miei piedi mentre Ocèane dal fondo della strada urlava di finirlo. Farlo smettere di respirare e porre fine all'agonia. Chi ero io per compiere un atto del genere? Ero solo un ragazzino di undici anni, mia madre mi attendeva per la cena e mia sorella per giocare insieme a lei. Invece io ero lì, il freddo mi penetrava nelle ossa e il buio si calava su di me.

''Ammazzalo, adesso! La polizia sta arrivando!'' incitò.

Non ebbi il coraggio di farlo, non quella notte. Il corpo minuto di un ragazzino sbucò alle mie spalle, con noncuranza puntò la pistola e sparò alla testa. Le sirene erano sempre più vicine, immobile osservavo il cervello liquefatto sul cemento e gli occhi spalancati.
Mi chinai per un ultimo saluto e venni afferrato brutalmente per il giubbotto.

''Corri, non fermarti mai!'' fu come giocare a nascondino, Ocèane era sparito e con lui, i suoi amici.

''Come ti chiami?'' affannai.

''Mi chiamo Tyron!''

Non dimenticherò mai quanti conati dovetti sopprimere davanti alla mia famiglia, l'uomo spuntava fuori ogni volta che sfioravo il materasso. Trascinava i miei piedi e succhiava via l'anima. Tredici anni fa ho ucciso un innocente e anche adesso. Lascio cadere la pistola sul pavimento e cammino lento verso l'uscita. Il viso pallido e gli occhi fuori dalle orbite. Il cielo scuro piomba sulle spalle, la consapevolezza di aver ucciso una giovane vita s'imbatte sui visi dei miei amici. Osservo le mani sporche e le passo più volte sui pantaloni e sulla maglietta.
«Cosa ho fatto?» provo a cancellare i residui ma continua a restare impresso su di me, continua ad essere una prova di questo cruento omicidio.
«Abbiamo sentito lo sparo, sei ferito?» Tyron controlla le costole, le braccia, le gambe e sospira. Mi appoggio su di lui, totalmente, con tutto il peso delle mie colpe. Conto sulle sue forze e mi accascio con il viso premuto contro il dorso.
«Lasciati andare, ci siamo solo noi» Travis chiude il cerchio umano, coprendo la mia schiena. Piango in silenzio, soffoco i singhiozzi. Non dovrei piangere, il codice non lo permette. L'onore di essere il capo e l'immoralità di un ragazzo di ventiquattro anni, dovrei avere la sicurezza di un killer, l'impassibilità di un mostro. Invece pesa l'infamia di un traditore, come se fossi stato io ad aver commesso un adulterio. Prosciugato dai miei stessi sentimenti alzo il viso, Altair è oscurata dalle nuvole grigie.
«Jason non era la spia» soffoco e tossisco forte.
«Cosa cazzo stai dicendo?» la voce vacilla, Travis oscilla con la testa e nega ripetutamente.
«Jason era innocente e io l'ho eliminato!» considero l'idea di uccidere quel fottuto vecchio. Massacrarlo con la sola forza delle mani, legarlo nudo e buttarlo nel fiume come un lurido bastardo, un miserabile schifoso. Devo riflettere, non posso farmi usurpare come uno stupido. Non di nuovo, non questa volta.
«El Diablo ci ha fregati, ci ha fatto credere di essere all'oscuro di tutto mentre è lui l'artefice di quello che è successo. Jason era solo un strumento per arrivare a me, vuole prendersi tutto. Tutto quello che ho creato, che abbiamo creato! Ha iniziato con Ocèane, poi Travis e adesso Jason» il tono si affievolisce ad ogni parola.
«Non lo permetterò, non dopo quello che abbiamo passato» prende coraggio Travis, afferra la mano insieme a quella del moro. Non succederà, lo giuro. Ne vale la vita di tutti i Los Salvadores, molti anni fa ho promesso a mio padre che non avrei mai abbandonato la mia famiglia e non sarà fatto.
Fredderò il vecchio, vendicherò la morte del giovane, e mi riprenderò tutto ciò che mi spetta di dovere.

The Boxer's Clan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora