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Jordan

Protendo le braccia verso la barra, sollevo il mio corpo come se fosse una piuma. Tyron armeggia con il cellulare, gli sponsor non fanno altro che parlare di quanto io sia fisicamente più pronto del mio avversario. Sollevo gli occhi al cielo, sono troppo concentrato per occuparmi di loro. La stanza non è abbastanza grande per contenere tutte queste persone, sospiro frustrato. Odio gli spazi troppo piccoli. Il tavolo che, era occupato da stuzzichini e acqua, adesso è vuoto. L'ultima bottiglietta viene afferrata dal mio amico biondo, vestito di tutto punto. La camicia bianca chiusa fino al collo, il pantalone scuro cade perfettamente lungo le gambe magre e i capelli portati indietro da un'enorme quantità di gel. Il viso è contratto, non c'è traccia di quel sorriso beffardo che lo caratterizza.
«Vuoi dell'acqua?» chiede, annuisco e sorseggio lentamente. Il corpo minuto di Danika fa ingresso oltre la soglia, gli occhi luccicano.
«C'è una fila di persone che aspetta solo te, urlano tutti il tuo nome» mordicchia il labbro inferiore, Travis l'accoglie in un abbraccio fraterno.
«Venti minuti all'inizio» c'informa il tecnico, Ty accoglie l'informazione e procede verso di me. Allunga il gilet, l'enorme calligrafia caratterizza la schiena.
Il secondo nome e il cognome: Ares Jones.
Posiziono il paradenti e poi i guantoni. Tyron non incrocia mai il mio sguardo prima della battaglia, si comporta sempre in questo modo. I grandi incontri lo spaventano, il suo cuore duole per la mia incolumità.
Prende coraggio e parla.
«Al tuo ingresso le luci saranno spente, io sarò alla tua sinistra mentre Travis e Danika saranno già sugli spalti» il tono fuoriesce duro dalla bocca.
Acconsento e continua.
«Osserva ogni movimento, non distrarti e se è necessario libera la bestia» sussurra, appoggia la fronte sulla mia.
«Non fargli troppo male» ironizza.
«Un minuto all'ingresso» urlano, drizzo la schiena e alzo il cappuccio della vestaglia.

Lo stadio è molto grande, dista 400km da TysonVille. Attraverso la navata e sembra di vivere la scena in slow-motion. Gli spalti sono gremiti di persone, esultano e urlano. Le luci dei cellulari rendono l'atmosfera quasi commovente, se fossi in altre vesti, sicuramente sarei scoppiato a piangere come un bambino. Ripenso al percorso che ho vissuto per arrivare fin qui, alle persone che mi hanno sostenuto e che sono qui stasera per vincere con me. Alcuni ragazzi mi salutano, altri registrano. Cammino lento per godermi la gloria, perché per me questa è già una vittoria. Quando sono sul quadrato dimentico tutto, le preoccupazioni diventano rabbia e le colpe solo una valvola di sfogo per la libertà. Rimuovo la stoffa dalla testa, festeggio con loro e sorrido. Porto un pugno sul cuore e bacio il guantone, guardando il piccolo pezzo di firmamento scoperto.
Per te, mamma.
Lo speaker mi presenta, salgo sul ring e sono pronto a guardare per la prima volta negli occhi il famoso Lil Mike. È un uomo ben piazzato, spalle larghe ed espressione da hijo de puta. Sghignazza e sussurra qualcosa al suo allenatore.
«Resta concentrato sull'obbiettivo» dice il moro al mio orecchio. «Pronti?» l'arbitro ripete le regole di rito e la campanella trilla. Palpito sul posto, Mike si avvicina con un gancio. Alzo la difesa sul viso e schivo. Fingo qualche passo in avanti ma arretro, la sua guardia è troppo alta, non può difendersi a lungo.
«Avanza Jones!» urla.
Osservo il pubblico, aspetto che perda la pazienza e colpisco forte. Affondo nel suo viso con un montante e poi con un gancio al corpo. Affanna qualche secondo ma si riprende subito, riacquisisce la vicinanza. Un po' di saliva finisce sul pavimento, la mascella s'incrina di poco. Il primo round si conclude per entrambi.
Siedo sullo sgabello, gli assistenti puliscono l'occhio gonfio mentre Tyron bagna il viso con una pezzetta.
«Stai andando benissimo, continua così» rassicura.
Preferisco non emettere nessuna parola, al suono del secondo round mi alzo come una furia, non aspetto che sia lui a farsi avanti, centro con un sinistro. I presenti sospirano per lo stupore, colpisco come un tuono.
Cade sul tappeto ma, si rialza con uno scatto.
Oscilla da destra a sinistra, stessa cosa faccio io in verso opposto. Cerca di tenermi, quasi mi spinge.
«Morirai anche tu» schiamazza. Per un secondo il viso di El Diablo si materializza davanti a me, un pugno arriva dritto al suo occhio.
Netto, senza ripensamenti. La testa batte sul tappeto, il fiato di tutti resta sospeso. L'arbitro sta per enunciare la fine ma qualcosa va storto. Alza un braccio, poi l'altro. Sputacchio un po' di sangue e resto lucido. Al terzo round incasso colpi, schiaccio forte entrambi i piedi per non cedere. Mi usa come se fossi un sacco, urla di reagire ma non rispondo. È quella la tecnica. Tyron non comprende e alla fine, quando sprofondo nell'angolo, riempie la mia testa di domande.
«Cosa stai cercando di fare? Vuoi farti ammazzare?» tampona il labbro tumefatto, lecco e il sapore metallico fa storcere il naso. «Fidati di me» il corpo e tocco il fianco. Le costole chiedono pietà per tutti i colpi che hanno incassato, il naso fortunatamente ha smesso di sanguinare già alcuni minuti fa.
«Tre, due, uno» strilla l'uomo, il fischio e poi non capisco più nulla. Sgancio un jab dal basso, presso la spalla contro la sua. Brancola aria e prima che possa riprendersi del tutto, colpisco. Forte, determinato. Tre volte fianco sinistro, destro e viso. Ringhio come un animale. Casca con occhi serrati dal dolore, inerme.
«...6...5...4...3...2...1» conta il pelato, Lil Mike non si alza, non accenna a farlo.

«Knock-out signori!»

Il pubblico ulula il nome del vincitore, il mio. Corro verso le corde e sporgo il viso verso di loro.
«Non posso crederci, non posso crederci!» esclama incredulo Ty. Danika attraversa le corde e sale sul quadrato, circonda il mio collo e piange. Confuso guardo Travis, le lacrime solcano anche il suo viso. Non capisco, cosa sta succedendo? Telecamere e giornalisti si precipitano su di me.
«Come ci si sente ad aver ottenuto il titolo?» la donna fissa in cerca di una risposta. Vengo strattonato e tirato indietro con il braccio destro. Sono il campione, sono il campione.
«Scusi?» riformulo la domanda, il mio sguardo vaga sulla folla in delirio. E la vedo, finalmente la vedo. Il cuore nel petto comincia a pulsare di nuovo, irrefrenabile, incontenibile. Le mani, racchiuse nei guantoni, tremano. Mi sono promesso di non cercarla più eppure lei è qui. Chilometri lontana da casa, solo per me.
«Come si sente?» vengo inquadrato.
Sorrido, per quanto possibile con un labbro sanguinante e rispondo. «Benissimo, sapevo di essere il migliore fra i due» non scosto la visuale.
«Ha dedicato la vittoria a qualcuno in particolare?» il moro viene in mio soccorso.
«Per favore, le domande dopo» colgo l'occasione e sfuggo dalle loro grinfie.
Penetro fra la folla, tento di individuare lo zainetto ma non c'è.
Non può essere lontana.
Comincio a correre, fatico ma non importa. Ho mentito per il suo bene, non voglio che sia introdotta in qualcosa che non le appartiene. Finalmente l'adocchio, timbra qualcosa e sta per uscire del tutto. «Altea!» urlo, lamento.
Tengo il fianco e accascio sulle ginocchia.
Le persone osservano curiose la scena, alcuni si avvicinano per una foto. Acciuffa il bordo dei pantaloncini e apre la porta di uno stanzino, totalmente a caso. Il buio c'investe, cerco l'interruttore e finalmente la luce illumina il suo viso. Sussulta, sento il liquido rosso colare dal naso. Strofino il dorso della mano per eliminarlo, la corsa non ha migliorato il mio stato.
«Sei stato diverso» parla.
È vero, non sono andato dritto al sodo ma sono arrivato dove volevo. «Non capisco» affermo.
«In ogni colpo ho visto un po' di te, del posto in cui vivi e di come hai vissuto per tutti questi anni» spiega, le gote si colorano di rosso. È imbarazzata, ed è la prima volta che indossa un sentimento diverso dalla solita malinconia. Annoda l'indice della mano destra con il mignolo sinistro, un gesto nervoso e meccanico.
«La farfalla blu simboleggia il passare del tempo, il cambiamento ed il senso della vita» sussurra, aggrotto le sopracciglia. Il discorso non ha un nesso, comincio a pensare che non sia lucida, poi continua e comprendo quanto sia fottutamente irraggiungibile.
«Mi sono sentita per così tanto tempo un bruco che quando ti ho incontrato non credevo fosse possibile. Una volpe non può trasformare qualcosa di orribile in meraviglia, eppure è stato così. Ti sei insinuato sotto la pelle scaltro e furbo, hai forato le mie ali e ti sei impresso su esse» biascica le ultime parole e sospira di sollievo. Il peso dei sentimenti tenuti fino a questo momento è sparito ma, non per me.
Tremo, fremo dalla voglia di correre lontano da lei e da tutto ciò che le riguarda. Qualcosa in me erompe per uscire, calcia nello sterno e prende a pugni le porte. Indietreggio spaventato dalla potenza delle emozioni. Cerca di entrare, si avvicina di qualche passo ma, arretro. Non puoi amarmi, non devi.
Nego ripetutamente con il capo, le uniche parole che fuoriescono sono cariche di rabbia e rancore.
«Davvero credi che uno come me possa amare una come te?» ghigno malefico.
«Ti ho usata solo per tenere in pugno tuo padre, sei stata la pedina perfetta» mento spudoratamente.
«Tuo padre non avrebbe mai vinto contro Amber, così l'ho minacciato, non ti avrei uccisa in cambio di vittoria» dichiaro.
«E lui l'ha fatto, si è inginocchiato come un verme ai miei piedi» rido, rido come un sadico.
Le sicurezze cedono e le lacrime cominciano a colare lungo il suo viso, pelle contro pelle echeggia nella stanza. Le dita affusolate sono pressate sulla guancia destra, appena sotto l'occhio gonfio.
Altea mi ha appena schiaffeggiato.
«Sai cosa? Sei esattamente tutto ciò che pensi quando ti guardi allo specchio. Una creatura orribile, crudele e disumana. Per qualche strana ragione ho creduto che tu fossi solo un ragazzino intrappolato in una vita che non lo rappresenta, invece no. A te piace essere il Capo. Ti piace essere El Salvadores, a te piace essere così spietato Jordan» parla fra i singhiozzi, tira su col naso e gira le spalle.
Ha dichiarato di essere persa in me e l'ho allontanata.
Non avrei mai immaginato che quella potesse essere l'ultima volta che l'avrei vista.

#spazioautrice
Buonasera a tutti,come state?
Io molto bene,fortunatamente questa settimana sono riuscita ad aggiornare in tempo.In questo capitolo Altea manifesta i suoi sentimenti.Non li ho palesati con le solite frasi: ''Mi piaci perchè (...)'' oppure ''Ti amo perchè (...)'' è stata una scelta personale.Credo che Jordan e Altea abbiano avuto dal primo momento un legame diverso, molto reale.Poco strutturato, poco ''pensato''. Non li ho costretti ad amarsi, tutto è venuto da sé.Spero vivamente che l'impegno venga apprezzato, vi prego di lasciare un commento o una stellina .
Un bacio,Fatima.🦋🦊

The Boxer's Clan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora