Altea
Sistemo il vestito sulle gambe, poggio il tacco sul cemento freddo e rabbrividisco quando la brezza serale si scaglia contro le gambe nude. Controllo l'indirizzo che mi è stato inviato da Jordan e sembra essere proprio questa la casa in cui si volgerà la festa post-gara, le persone appostate sul ciglio della strada osannano e glorificano il nome del pugile, non sono l'unica ad essere qui per lui, nascosti ci saranno anche i paparazzi a fotografare l'evento. Cammino verso l'ingresso, lo sguardo sognante di alcune ragazze cade sul tubino stretto che indosso e sulle Jimmy Choo che ho preservato per anni nell'armadio, ho partecipato a poche feste nella mia vita. Sfortunatamente solo cerimonie e Gran Galà. Questa sera ho intenzione di sopprimere e soffocare i pensieri negativi, non devo fare nient'altro che divertirmi. Un Cosmopolitan, qualche Mojito e fine della storia. La porta è semichiusa, mi addentro senza pensare alle conseguenze. Le persone sono distanziate in modo che ognuno possa muoversi da un posto all'altro senza sfiancarsi, la musica risuona sia all'interno che all'esterno, dove l'enorme piscina padroneggia al centro di tutto. Il bancone dei drink è la prima meta che raggiungo, ordino un Orange Butterfly e cerco con la coda dell'occhio il vincitore che mi ha convocato. Scorgo tra la folla il viso di Danika intenta a parlare animatamente con un ragazzo dall'aria minacciosa, noto che la somiglianza con suo fratello è spropositata. Sorseggio con calma ciò che mi è stato servito ed esamino chiunque passi accanto al tavolo, un uomo si sofferma più del dovuto. La mascella marcata, le labbra carnose, gli occhi spigolosi, le collane pendenti sul petto e gli orecchini ad entrambi i lobi. Chiacchiera con una donna senza approfondire troppo, resta gentile ma restio a continuare, si nota dal modo in cui tenta la fuga più volte.
Decido di incombere tra i due.
«Tesoro sono arrivata!» accosto il viso sulla sua spalla.
«Il taxista ci ha messo più del previsto, scusa il ritardo» strizzo l'occhio, resta al gioco.
«Amore ti presento Pam, una mia vecchia amica» stringo la mano della rossa. Parlo vivacemente con i due inventando situazioni surreali, lui annuisce fingendo di essere interessato mentre lei è visibilmente annoiata. Due secondi dopo sculetta via per trovare la prossima preda, prevedibile da una che somiglia a Jessica Rabbit. Rido sonoramente sorseggiando il restante del drink.
«Grazie mille» tira un sospiro di sollievo.
«Sono Tyron, ci conosciamo?» chiede.
È davvero bello, non ci sono difetti sul suo viso.
«Altea Mavis» sgrano gli occhi.
Non ho pronunciato io il nome, ne sono sicura.
«Oh cazzo!» sussurra.
Il corpo fa ombra, le luci della casa per qualche secondo si espandono solo su di lui. Inghiotto fiotti di saliva alla vista del petto tatuato messo in mostra da una camicia Hawaiana, le sopracciglia aggrottate e le labbra schiuse in una linea sottile. I jeans neri strappati sulle ginocchia mettono in mostra le gambe toniche, squadro più volte l'abbigliamento e la rasatura perfetta ai lati delle trecce. Jordan è l'ottavo figlio della Dea Afrodite e Ares, dio della guerra. L'aria da uomo d'affari e le mani nelle tasche, lo rendono perfetto alla vista di tutte. Ghigna nella nostra direzione e fissa con insistenza il tessuto che indosso. Seta rossa, ho osato solo per questa notte. Vederlo dopo alcuni giorni mi rende serena, sembrano passate settimane.
Gli stringo la mano, il sorriso sul volto è evidente.
«Siamo passati direttamente al contatto fisico, mi piace» si prende gioco di me, imbarazzata chiudo il viso a coppa tra le mani.
«Mi ricordo di te! Sei la figlia di Henry Mavis, ti abbiamo visto quella sera nel salotto di casa» il biondo spunta alle spalle di Tyron, accompagnato da Danika.
«Sono Travis, ci siamo già presentati» ride.
«Quello più stupido fra noi» sostiene Tyron.
Jordan afferra una bottiglia di champagne dalle mani del barman e la apre con euforia.
«Ad altre vittorie!» beve dal sifone, i ragazzi gli procurano pacche sulle spalle in segno d'incoraggiamento. Fisso la scena come se non fossi presente, per la prima volta mi sento perfettamente dove dovrei essere. Non conosco queste persone eppure sono rapita dalla loro voglia di restare per sempre così. Uniti, fusi uno con l'altro. Soffermo lo sguardo su l'unico che potrebbe davvero smuovere qualcosa dentro di me, ho paura di ciò che potrebbe scatenare la nostra vicinanza. Jordan non merita di soffrire, io non posso permettermi di avere un persona di tale importanza accanto. La sua mano sfiora leggermente la mia come un leggero venticello, i brividi invadono il fondo della schiena e si ampliano lungo le braccia. Non si è accorto di nulla, io si. Sfuggo dalla cerchia di amici, appartandomi all'interno della casa. Ho ventidue anni e mi sto comportando come una ragazzina alle prime armi: Joe, Carl, Ebert e Kyle. I miei ex sono la conferma che non sono mai stata preda, sempre cacciatrice. Non funziona con Jordan, la complicità dei nostri sguardi è superiore. L'attrazione fisica è palese, sto cercando di reprimerla finché posso. Avverto il liquido precipitare lungo l'esofago, brucia ma è davvero piacevole. Mi rifugio in una delle camere vuote al piano superiore, non ci sono foto da guardare e nemmeno libri da leggere. Stendo l'intero corpo sul materasso e chiudo entrambi gli occhi, non c'è più musica. Solo io e me, me e la mia testa. Jacelyn sarebbe fiera di sapere che ho partecipato ad una festa, Elide un po' meno. Immagino in questo momento il suo viso contratto davanti allo sguardo severo della genitrice, suo padre riuscirebbe ad accettare la classe sociale di Adriel, solo per esaminare da vicino la vera felicità. Nel ghetto ho visto famiglie soddisfatte pur avendo il minimo, ci lamentiamo del superfluo mentre persone lì fuori muoiono tutti i giorni. Sospiro, poggiando la mano in parallelo con il viso. La porta si apre di colpo mostrando la figura statuaria di Jordan con il fiato corto e le mani sulla testa.
«Cosa ti è saltato per il cervello?» chiede, rivelando preoccupazione nella voce.
«Credevo ti avessero rapita o qualcosa del genere» sottolinea.
«Chi poteva trascinarmi di peso senza essere visto?» rispondo alla teoria con un quesito, ottimo modo per sviare.
Non si risponde mai ad una domanda con un'altra domanda, e Jordan non è stupido.
«Cosa stavi facendo qui tutta sola?» chiude l'accesso e si siede sul davanzale, un braccio sulle ginocchia e l'altro penzolante.
«Mi piace la solitudine» annuisce, ridacchia e accende una cicca.
Mi porge l'intero pacchetto di Camel, ne sfilo una e l'accendo sotto il suo sguardo compiaciuto. Sporgo il capo e la vista non è delle migliori: baci appassionati, conati di vomito, ballerine di strip e protezioni usate fra i cespugli.
«Travis sarà così ubriaco domani da non ricordare nemmeno come cavolo è successo tutto questo» tiene il filtro tra il pollice e l'indice, virile e sicuro di sé. Gratto il retro del capo con la mano destra, la forcina che teneva la capigliatura cede, cadendo direttamente sulla testa di un ragazzo in giardino. I capelli pendono sulle spalle, liberi e selvaggi. I suoi occhi caldi, avvolgenti e rassicuranti scrutano le mie gambe. Sale poco più su, gustandosi la vista delle labbra ormai prive di quel rosso che avevo quando sono arrivata.
«Sei meravigliosa questa sera» le mie guance si colorano, arrossisco violentemente.
La luna nel cielo sembra essere diventata molto interessante, istintivamente sfioro con le dita la cicatrice sul braccio, stessa azione compie lui. Sussulto e stabilisco un contatto visivo.
Si schiarisce la voce, compiendo un gesto dettato dall'imbarazzo. «Eppure non avrei mai detto che una come te potesse avere così tanti problemi» le parole feriscono come pesi opprimenti sul petto.
Jordan non ha capito nulla e non si è nemmeno sforzato di andare oltre l'apparenza.
Non resterò in silenzio, non scapperò questa volta.
«Non sei nella posizione di poter esternare un parere riguardo la vita degli altri, sei un campione che vive in uno dei quartieri più poveri di TysonVille» getto la cicca oltre la vetrata e mi dirigo verso il centro della stanza.
Stronzo, cinico.
Scosto i capelli dalla fronte e aspetto una risposta altrettanto pungente, che non arriva. Inclina il capo e ghigna.
«Touché» non argomenta, atterra sul parquet con un saltello e si accosta pericolosamente.
«Sei discreta ed innocente finché non apri bocca» vuole ferirmi, ma non adesso.
«Hai dimenticato sfacciata e maleducata» accompagno il discorso, aggiungendo alcuni termini che mi sono già stati rivolti da alcune signore.
Freme e trema quando afferra con veemenza la spalla, la carnagione scura in netto contrasto con la mia pelle diafana.
Il naso a pochi centimetri dal mio, le labbra si accarezzano senza toccarsi del tutto.
Il palmo all'altezza del cuore e l'altro sull'avambraccio.
«Smettila» sussurro, serro gli occhi nel momento in cui il calore irradia i nostri corpi.
Le bocche entrano in collisione in modo violento.
Trasalisco, agitata. Morde il mio labbro inferiore, scende lungo il collo assaggiando con la lingua ogni centimetro di esso. Palpa il sedere con veemenza, poggia la schiena lungo il muro.
Siamo così vicini da sembrare un'unica persona, in sottofondo i gemiti soffocati fanno da colonna sonora.#spazioautrice
No comment.
STAI LEGGENDO
The Boxer's Clan.
ChickLit🔞 Questa storia contiene: violenza, linguaggio scurrile e uso di stupefacenti. E se dalle scelte derivassero i problemi e le conseguenze di un'intera comunità? E se gli accordi con i soci saltassero da un momento all'altro? Tyson Ville non ha mai g...