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Jordan

«Ecciù! Ecciù!» starnutisco più volte mentre sistemo la sciarpa intorno al collo. Il bomber solletica il mento per quanto è stato agganciato, i brividi ricoprono la pelle quando una folata di vento trapela dalla finestra barrata.
«Ti avevo detto di restare a casa, perchè sei così testardo?» sbuffa il moro al mio fianco. Sorveglio accuratamente ogni gesto e ogni parola che i Los Jovènes si scambiano, accenni e schiamazzi.
Il carico dei Moicani sta per arrivare e non voglio trovarmi impreparato, non dubito delle capacità di Tyron e Travis ma, sono il Capo e come tale devo controllare che il prodotto sia autentico. Questa mattina è stato un vero è proprio trauma aprire gli occhi, la testa mi pulsava come se qualcuno stesse afferrando un martello e lo stesse usando contro la mia tempia più volte.
Respiravo a fatica, respiro ancora a fatica.
Il dolore non è sparito ma, è stato fortunatamente alleviato dalle due compresse che ho ingerito dopo pranzo, e che Travis mi ha costretto a inghiottire.
Danika ha suggerito di chiamare un dottore, l'ho ignorata e mi sono precipitato al Confine. Adesso sono qui, sofferente e con mille problemi da risolvere.
«Non vorrei aggravare la situazione ma fra due giorni ci sarà l'incontro e tu non sei affatto pronto» dice il biondo, mentre riordina i pezzi da venti con un laccetto verde.
Tyron strofina il viso con la mano e nega ripetutamente, disperato. «Travis dovresti convincere Jay ad andare a casa, invece di aggravare la situazione» lamenta.
Sogghigno, consapevole del suo sconforto e della mia irremovibilità. Non sono malato, quindi non vedo il motivo per cui dovrei tornare a casa.
«Ecciù!» un'ulteriore starnuto travolge il mio corpo, Ty mi fissa e vorrebbe piangere, ne sono sicuro.
«Non tornerò a casa, è solo un semplice raffreddore» dico, conficcando il collo nel giubbotto. Travis alza gli occhi al cielo come risposta.
«Sono arrivati, Uma e Ajal sono qui» enuncia Luan, scompigliandosi i capelli. Ci dirigiamo tutti all'esterno, resto qualche centimetro più indietro per ripararmi dall'umidità del bosco. La jeep viene parcheggiata al centro del piazzale con il baule aperto, Uma inizia a scaricare la polvere bianca sotto lo sguardo diligente di Ezra.
L'altro ragazzo si dirige verso di me, duro e severo.
«È tutto lì dentro» dice, indica con il dito la consegna.
«Se vuoi controllare che sia valida, fai pure».
I segni del corpo sono fondamentali in alcune situazioni.
Le spalle larghe e il mento alto di Ajal fanno capire che sia tutto apposto, se si fosse presentato con sguardo basso e postura curva avrei sicuramente dubitato.
«Non ho nulla da dubitare, non con te» dico.
Raccapezza il denaro ed è molto più sereno, meno controllato. Ognuno ha la propria storia, dietro ogni uomo c'è sempre una vita privata. Conosco Ajal fuori dal campo lavorativo ed è un padre, un compagno ed un figlio eccellente. Una persona estremamente estroversa, poco vigile. Potrei vederlo agire in compagnia dei Moicani e non identificalo. È così diverso, lo è un pò per tutti, perfino per Travis. Ognuno di noi ha una vita fuori da queste quattro mura che preferisce non esporre per il bene delle persone che ci vivono accanto.
«Non hai una bella cera» afferma, stringendo il mio braccio.
«Nulla mi ferma, lo sai» preciso presuntuoso, sorride avendo ben chiara la situazione. Uma grida qualcosa che non riesco ad intercettare, Ajal saluta e va via.

«Verificate la quantità e la qualità» suggerisco.
Fidarsi è un bene, non fidarsi è meglio.
Inserisco le mani nelle tasche, osservo come Luan procede facendo scorrere il dito sulla merce finché la vista non mi si annebbia.
Torno dentro e siedo sul divano, chiudo gli occhi per la stanchezza.
La sagoma di Altea si materializza davanti a me, il filtro fra le labbra e il corpo completamente nudo. Spinge le sue forme contro il mio petto. Ride e si lascia baciare. È ubriaca, completamente persa. Poggia la mano sinistra sul cavallo dei pantaloni, osserva astuta le mie espressioni.
«Non adesso» farnetico.
«Non qui» gemo.
Non parla ma comunica con gli occhi, vuole me. Sussurro il suo nome, più e più volte.

«Jordan stai delirando, aggrappati amico ti porto a casa» sento la voce di Travis come un richiamo lontano, mi solleva a fatica e cerca di portarmi verso l'auto più vicina. Gli altri ragazzi ci osservano straniti, forse un pò intimoriti dalle mie condizioni.
«Devo concludere l'affare, non posso» mi dimeno come un bambino, il biondo riesce a tenermi fermo allacciando la cintura di sicurezza. «Ho già chiamato sua sorella, si prenderà cura di lui. Torna qui appena puoi, dobbiamo assegnare i territori» il tono angosciato di Tyron fa leva sulle mie colpe.
Vorrei alzarmi e ribattere ma, sono troppo debole anche per parlare. Perdo la voglia di compiere qualsiasi gesto e mi addormento lì, sul sedile dell'auto con la pistola nei pantaloni. Alcune ore dopo la voce sottile di Isabel risveglia i miei sensi, strofina le dita piccole sulla fronte in un gesto di conforto. Apro gli occhi lentamente. Il soffitto bianco e scrostato in alcuni punti, le pareti rosa sono in tinta con i mobili. I giocattoli sono sparsi sul pavimenti, alcuni sul materasso dove sono steso.
«Mamma!»richiama sua madre.
«Zio Jay» bisbiglia e abbraccia il suo peluche. Ho le coperte protese fino al naso e un vecchio pezzo di stoffa sulla fronte. Il freddo penetra nelle ossa, perché non è stato ancora acceso il riscaldamento in questa casa? Tossisco malamente. Isa corre velocemente per le scale per richiamare la madre.
«Come ti senti?» il viso preoccupato di Danika spunta dalla porta con una tazza di latte caldo fra le mani. I capelli ricci legati dietro il collo e la vestaglietta azzurra a ricoprire le grazie.
«Come se un autotreno mi avesse investito» ridacchio. Cerco di issare le spalle con enorme fatica, l'azione risulta inutile, e torno con il capo sul cuscino. Sguardo sul soffitto e acqua che pende giù dalla fronte. Quarantotto chiamate perse e quindici messaggi da parte di Ty.
«È passato a trovarti qualche ora fa, giura di non averti mai visto così» suggerisce.
«Dovresti prenderti una pausa» nego.
«Ho un incontro speciale questa settimana» starnutisco.
Mi porge uno straccio, la ringrazio senza pensarci due volte.
«Nostra madre odiava il pugilato» si accomoda sulla poltrona e appoggia il mento sul dorso della mano.
«Odiava molte cose» sussurro, annuisce.
Ricordo le urla assordanti e gli ammonimenti di mio padre, lei disprezzava il suo ruolo nei Los Salvadores.
«Soprattutto quando Ocèane è stato espulso» ridacchia. Il suo sguardo si perde nel vuoto, gli occhi si ricoprono di una patina lucida, deglutisce e respira a fatica.
«Come ci siamo ridotti così? Chi ha la colpa di tutto questo?» chiede, china il capo sul mio petto e stringe in un pugno la t-shirt pulita.
Non piange, resiste alla tentazione. Vorrei poter dire che la responsabilità di questa situazione è solo di El Diablo ma, sarei un ipocrita.
Nessuno è innocente in questa storia.
«Isabel non deve vederti così» il tono appare più duro di quanto dovrebbe, mi trucida con lo sguardo.
«Hai ragione» asciuga le lacrime e drizza la schiena.
«Altea come sta?» chiede, aggrotta le sopracciglia.
Alzo le spalle e tendo il mento in avanti.
«Non è una questione che ti spetta sapere» dico, cedendo completamente sul cuscino morbido. Conosco Danika, so quanto può essere invadente con le domande scomode.
«Non dovrebbe interessare nemmeno a te, eppure sei così fottutamente irascibile quando si parla di lei» scatta in piedi.
Non è adirata ma, un pizzico di gelosia saetta nei suoi occhi.
«È complicato» la testa torna a pulsarmi, socchiudo gli occhi.
«Lei ti piace?»
Fisso il soffitto in cerca di una risposta ma, non è lì che devo cercare. Afferra il viso con entrambe le mani, cattura il mento con la mano destra e inchioda i suoi occhi nei miei.
«Solo la verità, lei ti piace?» ripete.
I sentimenti bruciano per emergere, cerco di reprimerli ma non riesco. Molte cose mi piacciono di lei, soprattutto i dettagli nascosti.
I capelli sulle spalle, le labbra piene, gli occhi spigolosi, le curve e i lineamenti. Il viso combattuto quando si parla di sua madre, il calore delle dita pressate sulla pelle e il tono seducente della voce. Il modo in cui si prende gioco di me, nessuna donna l'ha mai fatto. E forse si, lei un pò mi piace.
Ogni cosa in sua compagnia diventa possibile, anche l'irraggiungibile.
«No, non provo niente per lei» nego assiduamente.
Non merito una donna così al mio fianco, per tutti i lividi che ho causato, per tutte le cose che ho fatto in questi anni, per tutti gli uomini di cui ho dubitato, per la pietà che non ho avuto e per il dolore che ho causato.
Non merito l'amore, non merito Altea.

The Boxer's Clan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora