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La sacra campanella suonò, segnando così il termine delle lezioni di quel dì.

- Scusa - disse affaticato il giovane, - potresti raccogliermi la penna blu? -

La studentessa di fronte, portò lo sguardo giù sull'oggetto di plastica, per poi prenderlo in mano e restituirlo gentilmente al proprio proprietario. - Grazie. -

Il tempo fuori era piuttosto vivace e sereno; il cielo s'era dipinto dei colori tipicamente caldi del tramonto, il giallo, l'arancio o qualche chiazza di rosa si mischiavano in quell'immenso mare dove qualche candida nuvola sembrava galleggiare quieto. Bambini che correvano e uscivano dall'asilo assieme ai propri genitori, anziani che si vedevano per un tè, signori e signore che facevano ritorno a casa dai propri amati, e qualche studente che si ritrovava liberamente a scambiare effusioni al di fuori della severa scuola.

In uno scenario così piacevole, così amorevole, Yongbok, si sentì solo e malinconico nonostante fosse attorniato da persone e persone che gli passavano accanto indifferenti; ognuno con la propria vita, ognuno protagonista della propria vita. E forse non era l'unico.

In uno scenario così allegro, così giocoso, Yongbok, assistette a uno sgradevole episodio che non avrebbe voluto vedere; un qualcosa di cui sicuramente avrebbe fatto a meno. Ma ormai era lì coi piedi fermi sulla strada.

- Abuji, non sono stato io - Si giustificò un po' spazientito davanti ad un auto nera con i vetri oscurati, - quindi smettila, per favore. -

Quel che i suoi occhi scuri videro in seguito, fu soltanto il presidente Hwang tirare uno schiaffo sulla guancia destra del proprio figlio, facendola quasi divenire violacea. - Sei una disgrazia per questa famiglia! -

E scomparve dopodiché.

Frustrato ma soprattutto sentendosi tradito dallo stesso padre, Hyunjin tirò un forte calcio al bidone grigiastro della spazzatura, facendo cadere lo sporco sull'asfalto lievemente rovinato.

Ma in quel attimo sfuggente i loro sguardi, colorati da sentimenti negativi, si incrociarono ancora volta; quello infuriato e amareggiato del giovane moro e quello spento e vuoto del castano.

Nessuno dei due proferì parola, se ne stettero lì inconsapevolmente a consolarsi attraverso un semplice contatto visivo, e questo finché Hyunjin non gli diede bruscamente le spalle ritornando dalla propria adorata moto nera; unica sua fonte di felicità.

Perciò anche Yongbok, ormai solo in quella stradina, si voltò per andarsene nel luogo dove le sue gambe lo avrebbero voluto portare in questo momento. Si mise in cammino, non sapendo neanche lui quale fosse la sua destinazione.

Ultimamente era stato un po' stressato per vari motivi; in primis gli esami di fine anno, non sapeva nemmeno più quante notti insonni aveva passato tra quelle pagine di libri che profumavano soltanto di vecchio e usato. E se fosse riuscito a chiudere occhio, dopo qualche istante si ritrovava sveglio a causa dell'ansia; della paura di fallire e diventare un misero nella vita.
Ad aggiungersi alle sue miriadi di preoccupazioni c'era pure la madre, la quale era stata poco presente se non del tutto assente in quelle ultime settimane spiacevoli per il giovanotto.

Che il signor Hwang la stesse facendo lavorare fino allo sfinimento?

Questo non lo poteva sapere, poiché la donna sembrava essere rare volte a casa, e quando presente non parlava di lavoro con il proprio figlio.

ANGER, HYUNLIX Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora