CAPITOLO 28

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(Ema Pov)

Il ticchettio dell'orologio appeso in salotto mi innervosisce più del solito, forse perché scandisce in modo lento il tempo che mi separa da qualcosa che avrei dovuto fare non appena messo piedi in questo dannato posto, passo ancora parecchie notti in bianco e in ognuna di queste il suo sguardo freddo, anzi apatico oserei dire, non ha smesso un attimo di tormentarmi, non posso ancora credere che non abbia fatto nulla, non riesco a togliermi dalla testa la  sua figura immobile di fronte alla mia, il modo del tutto menefreghista con il quale ascoltava le mie suppliche.

Le ferite al volto e i dolori allo stamaco sono passati ormai, quello che invece è rimasto è il mio sgomento di fronte a quello che mi ha fatto Luz, non ha fatto altro che mostrarmi sdegno e violenza fin dall'inizio, ma questa volta è diverso, questa volta non è stato affatto un modo arrogante e stupido per nascondere le sue fragilità e nemmeno un gioco pericoloso a cui io stessa ho deciso di partecipare, questa volta è rimasta a guardare solo per il gusto di farlo.
Ha lasciato cadere a pezzi tutto ciò che eravamo riuscite a crostruire, ignorando il fatto di aver condiviso insieme dei momenti speciali solo nostri.
È stata zitta mentre degli idioti ricoprivano di botte il mio volto, lo stesso che lei accarezza e baciava.

Che bastarda.

"Ehi..."

Mio padre fa il suo ingresso in punta di piedi, quasi non mi ero accorta che fosse arrivato, lo osservo e accenno un piccolo sorriso per poi lasciarmi scivolare dentro al suo abbraccio.

"Sei proprio sicura di volerlo fare?"

"Certo che non lo è, dovrebbe ascoltare sua madre, tu non fai altro che acconsentire ad ogni sua scelta!"

La voce poco delicata di mia madre interrompe il tenero momento che si era venuto a creare tra me e mio padre.

"Quindi dovrei lasciare che mi figlia venga picchiata in questo modo? Dici sul serio Anita?"

Alzo gli occhi al cielo per poi osservare in malo modo mia madre.

Certo, non posso negare che inizialmente anche mia mamma mi è stata vicina e sembrava essere davvero preoccupata, fino a quando non le ho confessato di non avere la minima intenzione di tornare a scuola e che probabilmente sarei andata a vivere con mio padre.

"Io non ho detto che deve..."

Richiamo la sua attenzione interrompendola bruscamente.

"Non importa adesso mamma, ho già deciso, mi dispiace"

La osservo e credo di poter giurare che i suoi occhi siano lucidi in questo momento.
Mi si avvicina lentamente, mi osserva ancora per pochi minuti per poi parlarmi con un tono di voce molto basso

"Non verrai mai a trovarmi eh..."

"Mamma..."

Osservo l'intero ambiente che mi circonda per poi mettere il mio zaino in spalla e avviarmi verso la porta.
Presto mi si forma un nodo in gola e sento il viso caldo, delle lacrime scendono in modo lento sul mio volto, non so in realtà a cosa siano dovute, quello che so è che non posso tornare indietro, non voglio più saperne niente di questo posto ma prima c'è una cosa che devo fare, non posso andarmene senza salutare l'unica persona che è stata leale e sincera con me.

Lascio mio padre in casa con mia madre, sperando che riescano a non litigare almeno per pochi minuti e mi avvio verso casa di Mark.

**

Non appena mi trovo davanti casa sua il ragazzo mi accoglie con un lieve sorriso che racchiude tutto ciò che è stata la nostra amicizia, osservo il suo volto e presto l'impresa di rivelare il mio trasferimento si fa più ardua di ciò che pensavo.

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