CAPITOLO 3

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Sono passate esattamente tre settimane, un tempo troppo breve per sentirmi a mio agio in un luogo che non conosco. 
Ho ancora la nausea se penso a quanti volti mi sono ancora sconosciuti e quanti luoghi ancora non conosco di questo piccolo paesino.

forse l'unica cosa positiva di queste settimane trascorse è stata approfondire la conoscenza del ragazzo riccio che mi ha gentilmente offerto il posto vicino al suo il primo giorno, offerta che ho dovuto rifiutare, infatti il mio posto in classe è rimasto quello accanto alla ragazza ambigua dagli occhi scuri, sono cosi una tale idiota che non ho ancora avuto il coraggio di dirle che preferirei spostarmi.

C'è qualcosa di strano in lei.

Ho avuto modo di notare che in classe si comporta con lo stesso fare menefreghista con cui mi ha rivolto la parola la prima volta la settimana scorsa.

Ad esempio mette spesso le gambe incrociate sul bancoe mastica poi il tappeto della sua penna in modo nervoso, tutto questo mentre mi osserva con un fare che sta a metà tra minaccioso e divertito.

Ogni tanto batte la punta delle sue scarpe sulla manica della mia giacca solo per infastidirmi, probabilmente, perché una volta ottenuto ciò che vuole, inizia a ridere soddisfatta del risultato.
Impiega poi quasi tutte le ore di lezione a scrivere su un piccolo quadernetto rosso, non mi rivolge la parola quasi mai, tutto ciò che si limita a fare e osservarmi, di conseguenza io faccio lo stesso.
è strano ma c'è qualcosa nel suo sguardo che trattiene il mio.

Insomma, non la conosco ma sembra essere una abituata ad ottenere ciò che vuole sempre e comunque.
Ogni giorno conferma questo mio pensiero entrando in classe e battendo forte ad ogni passo le sue scarpe sul pavimento, come per richiamare tutta l'attenzione su di di lei, lo conferma poi ogni volta che in classe sembra avere il controllo di tutto, anche se rimane in silenzio per la maggior parte del tempo.

Lascio che i pensieri sulla ragazza ambigua scorrano via e mi avvio verso la cucina di quella che è la nuova casa, i muri sono dipinti da un colore giallo poco acceso, quasi impercettibile a gli occhi, tanto che potrebbe essere facilmente confuso con il bianco, credo che questo colore cosi tenue e l'ampiezza elevata della stanza, favoriscano una luce naturale che ad essere sincera non mi dispiace.
Certo, non è tutto rose e fiori, lascio cadere lo sguardo sulle scale che dividono il piano terra dalle stanze al piano di sopra, ci sono davvero delle fottute scale in questa casa?

Questo nuovo ambiente continua ad essere un continuo pugno sullo stomaco per, io odio i cambiamenti, mentre pare che a mia madre piacciano parecchio, ha rivoluzionato ogni cosa.

Forse vuole dimenticare, mentre ioo invece mi ostino a ricordare e provare nostalgia per quella che era la mia vita e le mie vecchie abitudini.

**

Mia mamma ferma l'auto mentre io osservo dal finestrino svariati volti di alcuni studenti davanti al cancello.

"Come va a scuola? Ti piace?"

Dopo un'occhiata più attenta riesco ad individuare un corpo abbastanza slanciato e tonico e dei capelli ricci inconfondibili.
Il ragazzo poggiato sul muretto vicino il cancello è decisamente Mark.

"Devo andare, se vuoi ne parliamo questa sera a cena"

"Aspetta Ema!
Ema?"

Lascio indietro i richiami di mia madre e aumento i miei passi per raggiungere il ragazzo.

"Ehi! Buongiorno Mark"

Fa oscillare i suoi ricci nella mia direzione e mi regala un sorriso splendido accompagnato da un breve abbraccio.

"Carino il cappello!"

Ho sempre saputo che il mio cappellino nero è un tocco di stile.

"Sai dovresti prestarmelo qualche volta"

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