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Da quando mia madre è morta in un incidente, mio padre è diventato ancora più protettivo nei miei confronti. Dice che dopo il diploma mi comprerà un'auto, ma ormai non ci credo neanche più. A scuola tutti mi conoscono come la figlia del poliziotto, forse mi guarderebbero tutti con occhi diversi se evitasse di trattarmi come una bambina...

Mamma era messicana, nonostante adorasse il suo paese, insieme al suo ex marito ha deciso di venire negli Stati Uniti per avere un futuro migliore di quello che avrebbero avuto nel loro paese... hanno portato con sé Miguel, mio fratello più grande, e qui hanno avuto un altro figlio, Enrique. Quando però hanno arrestato suo marito, mia madre ha deciso di lasciarlo perché non ne poteva più di fare quella vita, ma i miei due fratelli hanno deciso di restare nella casa in cui erano cresciuti e di aspettare lì il loro padre... mamma, quindi, ha incontrato un altro uomo, mio padre, e seppur i miei fratelli non abbiano più voluto saperne di nostra madre, ad entrambi era consentito, visto che Miguel era già maggiorenne, di venirmi a prendere per passare del tempo con loro. Avevo tre anni quando l'ex marito di mamma è uscito di galera, e con me si è sempre comportato come... sì, un secondo padre, sono arrivata al punto di chiamarlo zio. Dopo la morte di mamma mi sono stati tutti vicini, nonostante tra mio padre e gli altri tre non corra da sempre buon sangue. Oggi ho diciassette anni e le cose non sono cambiate: mio padre, il bravo poliziotto, mi protegge come se fossi ancora una piccola bambina indifesa, i miei fratelli, Miguel ed Enrique, e zio Álvaro, il loro padre, mi stanno vicini e cercano di andare d'accordo con papà, così come fa lui, anche se per tutti loro è difficile.

Sono seduta alla scrivania di mio padre, sto cercando di fare i compiti e spero che, con il passare del tempo, papà mi faccia uscire da sola senza paura che mi succeda niente, perché vorrei davvero vivere la vita come fanno tutti i miei coetanei. Nel sentire qualcuno urlare di essere lasciato in pace alzo la testa, due detective stanno portando qui un ragazzo, sicuramente per essere interrogato. È messicano, lo so perché sta insultando in spagnolo i poliziotti, cosa che mi fa ridere. Lo sconosciuto mi guarda, quindi smetto di ridere e lo guardo anche io, mentre i colleghi di mio padre lo fanno sedere a qualche metro da me, di fianco ad una scrivania, ancora ammanettato. Ha i capelli rasati quasi a zero, un po' di barba sul mento, i suoi occhi sono scuri, ha una lacrima tatuata sotto l'occhio sinistro, un tatuaggio anche sul collo e qualcuno sulle braccia, non sembra per nulla preoccupato o nervoso, anzi, sembra sereno. Somiglia alle persone con cui ho a che fare praticamente ogni giorno della mia vita, cioè i miei fratelli e i loro amici, chissà, magari si conoscono...

«Sei ancora qui, Jesús... questa volta che cosa hai fatto?» una detective femmina si siede alla scrivania e prende un fascicolo, probabilmente sopra ci sono scritti tutti i suoi reati precedenti.

Anche i miei fratelli e mio zio finiscono spesso nei guai... per questo qui nessuno deve sapere che mio padre è praticamente imparentato con loro. Per me non c'è nessun problema, non mi vergogno di dire che sono la loro sorella o la nipote, il problema è di mio padre, che non vuole che venga collegato a loro.

Dentro di me so che dovrei tornare a fare i compiti e smettere di guardare quel ragazzo, Jesús, ma continuo comunque a guardarlo. Lui, invece, guarda la donna che ha davanti, sicuramente perché la trova bella, beh, è di sicuro più bella di me. Ho sentito alcuni poliziotti dire, davanti alla macchinetta del caffè, che è una delle donne poliziotto più belle del dipartimento, lo penso anche io, non c'è motivo per il quale dovrei dire che non è così. Quel Jesús ha un ghigno in volto, forse è sicuro di scamparla, questa volta.

Sono quel tipo di ragazza che vuole aspettare il ragazzo giusto per farsi dare il primo bacio e tutto il resto... nessun ragazzo mi ha mai chiesto di uscire, ma forse è meglio così, è meglio aspettare quello giusto senza perdere tempo con gli altri.

«Niente.» risponde il ragazzo con tutta la tranquillità del mondo.

«Dov'eri ieri sera intorno alle undici?» gli chiede la detective.

«Mi stavo facendo una, mi ha lasciato il numero, lo vuoi? Però poi le devi dire che mi hai arrestato comunque, perché mi sta troppo addosso.»

Scuoto leggermente la testa: odio questo tipo di persona che parla in questo modo di una ragazza... insomma, anche io non lascerei perdere un bel ragazzo che "mi sono fatta", ma, d'altronde, si capisce quali sono i ragazzi che possono parlare in questo modo di te alle tue spalle e quelli che, anche se tu non ci sei, ti portano comunque rispetto.

Il mio sguardo si posa sulla foto di mia mamma sulla scrivania davanti a me, lei era bellissima e mi manca da morire, mi piace ascoltare Miguel, zio Álvaro, Enrique e papà che mi parlano di lei, perché io ero una bambina quando se n'è andata e non è che mi ricordi molto di lei.

«Vieni, tuo padre mi ha detto di portarti a casa.» mi dice un detective, molto amico di papà.

Sospiro e prendo le mie cose, le metto nello zaino e mi alzo dalla scrivania, mentre passo accanto a quel ragazzo, Jesús, lui mi guarda senza dire niente, esattamente come faccio io. Esco dagli uffici e, seguendo l'amico di papà che mi ha praticamente vista crescere, entro nell'ascensore per scendere al piano terra.

Il non avere amici è la conseguenza dell'avere un padre iperprotettivo che ti controlla in tutto e dei fratelli che fanno paura... un giorno, quando troverò il ragazzo giusto per me, spero solo che non si mettano tra di noi perché non potrei sopportarlo...

PrincesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora