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Vederli qui tutti e quattro mi rende davvero felice. Non c'è persona che io ami più di quanto ami le persone sedute insieme a me a questo tavolo: mio papà, mio zio e i miei due fratelloni. I momenti in cui siamo tutti insieme sono quelli che amo di più. Per loro, però, non è così. Io sono l'unica cosa che li accumuna, nemmeno mamma era riuscita a riunirli tutti, ma credo che sia felice di vederci tutti insieme come una vera famiglia.

Siamo seduti ad un tavolo di un ristorante messicano frequentato da moltissime persone. Lo adoriamo tutti e cinque, per questo le uniche volte che ci vediamo tutti insieme, spesso decidiamo di venire qui.

«Volevo invitare i nonni al mio diploma, dite che verranno?» chiedo loro, più che altro ai miei fratelli e a zio Álvaro, visto che mio padre li avrà visti soltanto un paio di volte.

I miei nonni abitano in Messico, naturalmente, e ho anche degli zii, delle zie e dei cugini, ma di loro non so molto. L'unica volta che ci siamo incontrati era al funerale della mamma, ma io ero troppo piccola per ricordare... ma i nonni li sento spesso, mi chiamano e li chiamo, non penso che anche per i miei fratelli sia così, però.

I quattro si guardano tra di loro, ma nessuno sembra riuscire a dire niente. Ho sempre creduto che tra loro e i nonni non corresse buon sangue, ma ho sempre pensato che mi sbagliassi... prima che uno di loro inizi a parlare, sempre che lo vogliano fare, inizia a squillare il mio cellulare. Sbuffo e lo prendo, spalancando gli occhi nel vedere che si tratta di Jesús. Guardo i membri della mia famiglia, che mi guardano a loro volta. Attacco e sorrido, per fortuna non mi chiedono chi sia a cercarmi, ma il mio telefono inizia a squillare di nuovo.

Perché insiste così tanto?

Papà cerca di sbirciare per capire chi sia, ma io rispondo prima che riesca a farlo. Avrei potuto togliere la suoneria, avrei potuto spegnere il telefono, ma mi viene in mente solo adesso che ho risposto.

«Forse non hai capito che più mi ignori e più io ti cerco.» mi dice, evito di roteare gli occhi e sorrido.

«Ciao... Jason. Scusa, ma in questo momento sono con la mia famiglia e non posso parlare.» dico, sperando che mi lasci in pace.

«Jason? Sei seria?» mi chiede scoppiando a ridere.

Le persone intorno a me si staranno di sicuro chiedendo chi sia questo Jason, ma è il primo nome che mi è venuto in mente, mi sto sentendo terribilmente in imbarazzo.

«Okay, senti, se accetti di uscire con me prometto di non chiamarti più.» mi dice dopo aver smesso di ridere.

Dice sul serio?

Così non rischierei più che mi chiami mentre, come in questo caso, sono insieme alla mia famiglia. Inizieranno a fare domande, ne sono sicura, li conosco più di quanto si conoscano loro stessi.

«Oppure... ti chiamerò ogni volta che avrò voglia di sentirti. Credimi, princesa, sarai costretta a cambiare numero.» continua.

Se ce lo avessi davanti lo insulterei, ma devo rimanere calma ed evitare di fare troppe discussioni.

Sorrido forzatamente e sospiro, sa che ce l'avrà vinta, quindi è inutile che gli dica che lo richiamerò dopo, perché le cose, dopo, non cambieranno.

«Va bene, adesso devo andare. Ti richiamo io.» gli dico attaccando subito.

Me lo immagino, con la sua espressione compiaciuta, che si rimette il cellulare in tasca e che si da una pacca sulla spalla da solo. Patetico.

Guardo i quattro, che si guardano tra di loro, forse pensando che uno di loro sappia chi sia questo Jason, ma non lo sapranno mai. Uno perché non glielo presenterò mai, e due perché uscirò con Jesús soltanto questa volta e poi basta per davvero.

«Stavamo parlando dei nonni... quindi voi che cosa ne pensate?» chiedo, tornando al discorso di prima, pregando e sperando che non mi facciano domande sulla chiamata.

«Chi è Jason?» mi chiede papà.

Ecco.

Mi fissano tutti e quattro aspettando una risposta da parte mia. E adesso che mi invento? Jason è... un compagno di scuola. No. È un ragazzo che ho conosciuto in biblioteca. No. È... un tipo conosciuto online. Ma che cavolo, non me ne viene una giusta.

Io e loro, e intendo nessuno dei quattro, non abbiamo mai fatto il classico discorso che credo andrebbe fatto, alle femmine, dalle madri. Quel discorso in cui lei ti spiega che usare le protezioni è giusto, che non bisogna fidarsi del ragazzo solo perché ha più esperienza, che un figlio è meglio averlo più avanti. Non che tra me e Jesús debba succedere una cosa del genere, ma... non voglio che pensino che è arrivato il momento di farmi quel discorso, perché non ho bisogno che me lo dicano. So quello che devo fare.

«È soltanto un ragazzo che ho conosciuto in libreria un paio di settimane fa. Ci siamo scambiati il numero perché anche lui sta cercando un buon college in cui andare, quindi volevamo vederci per informarci su alcuni college dello Stato.» cavolo, ma come ho fatto ad inventarmi una storia così credibile?

«Sì, ma... ti piace?» mi chiede Enrique facendomi quasi strozzare con la mia stessa saliva.

«È diventata tutta rossa!» esclama Miguel prendendomi in giro, così tutti e quattro iniziano a ridere.

«Non è vero!» esclamo coprendomi.

Jesús mi piace?

Lui è soltanto il primo ragazzo che mi ha notata, che mi ha dato attenzioni... usciremo, in poco tempo si stancherà di me e torneremo ognuno alla propria vita, esattamente com'era prima che ci incontrassimo per la prima volta.

A proposito del college... non so nemmeno io se andarci, perché non voglio lasciarli. Ovviamente tornerei spesso a casa, ma comunque penso che non se la caverebbero senza di me... vedrò, comunque sia da qui a qualche mese le cose potrebbero cambiare, magari capirò presto di volere restare, oppure capirò che per me è meglio allontanarmi per un po'... vedremo, ma fino ad allora queste persone dovranno sopportarmi, esattamente come io sopporto loro.

PrincesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora