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Ci continuiamo a guardare senza riuscire a dire niente. Una parte di me vorrebbe che lui mi baciasse, sono seria, ma l'altra parte, quella più piccola, non lo vuole per un semplice motivo: se voglio tenerlo lontano, baciandoci lo farei soltanto avvicinare ancora di più... i suoi occhi diventano improvvisamente lucidi, li chiude e appoggia la testa sul mio petto, come se si volesse accoccolare. È... bello averlo così vicino, ma vorrei sapere che cosa gli passa per la testa in questo momento.

«Ogni anno è sempre più dura, perché sono solo... sono andato a trovare mio padre, poi mio fratello, e poi sono andato al cimitero. Sono stato lì, davanti alla tomba di mamma... all'inizio in silenzio, non sapevo cosa dire e mi sembrava stupido parlarle, poi... ho iniziato a raccontarle di te, perché tu sei... la cosa migliore che mi sia successa. Poi... sapevo che non sarei riuscito a restare da solo perché mi sarei ubriacato a casa da solo, quindi... sono venuto qui.» mi confessa, sussurrando, stando accoccolato a me.

Ora capisco che cos'ha: oggi è l'anniversario della morte di sua madre, e io posso capirlo più di chiunque altro. Il giorno dell'anniversario della morte di mia madre, me ne sto sempre da sola... non perché io voglia stare da sola, ma perché... mio padre sparisce per tutta la giornata e non risponde più al cellulare, mentre per i miei fratelli e zio Álvaro è un giorno normalissimo... e quindi io mi ritrovo sempre sola a pensare a lei, a quello che avremmo fatto se lei fosse ancora qui, e al fatto che non c'è e non ci sarà mai, nemmeno nel giorno del mio matrimonio, o il giorno in cui darò alla luce i miei figli... mancherà sempre, così come mancherà anche per lui.

Appoggio titubante la mia mano sulla sua testa e la accarezzo dolcemente, cercando le parole giuste da usare in questo momento.

Mio padre potrebbe tornare a casa da un momento all'altro, aprire la porta, entrare e trovare sua figlia sdraiata sul divano, abbracciata a quel ragazzo che è continuamente nel suo ufficio in manette, ma in questo momento non importa a lui e non importa nemmeno a me.

«Hai fatto bene a venire qui... e non sei solo, perché... ci sono io. E ti capisco.» sussurro, sperando di aver detto le cose giuste.

«Dimmi che cos'hanno quelli... che io non ho... perché tu hai tutto quello che le altre non hanno, per me, princesa.» mi chiede in un sussurro, con la voce rotta.

Ha usato un tono di voce... diverso dal solito, ma ciò mi è servito per capire che lui ci sta male per tutta questa cosa, ma nonostante questo continua ad insistere con me.

«Jesús tu... non capisci, vero? Tenendoti lontano proteggo me e allo stesso tempo anche te.» gli confesso.

Si alza di colpo per guardarmi... per fortuna non sta piangendo, perché altrimenti vedere lui triste avrebbe fatto diventare triste anche me.

«Proteggerci da che cosa? Io non ho bisogno che tu mi protegga da niente, e tu... posso proteggerti io.»

«È meglio che tu te ne vada, prima che torni mio padre.» gli dico, non sapendo che altro dire.

Credo che il non dirgli la verità, cioè che ho due fratelli in quella gang e questo è l'unico motivo per cui passo il mio tempo con loro, un giorno si ritorcerà contro di me... ma, visto che penso che tra poco tempo si stuferà di me, credo che non serva nemmeno farglielo sapere.

Me lo ha sempre detto, Carmen, che un giorno avrei incontrato il ragazzo giusto e me ne sarei accorta subito che era la persona che avrei dovuto tenere al mio fianco, infatti me ne sto rendendo conto che è lui la persona che voglio accanto, ma non è il ragazzo che i membri della mia famiglia vorrebbero vedere insieme a me, per cui non so come potrebbe andare a finire... è difficile, lo è davvero, vorrei avere qualcuno che mi possa far capire cosa fare, perché da sola non so proprio come comportarmi.

«Vado a bere da qualche parte, vuoi venire con me?» mi chiede alzandosi.

«Hai l'età per bere?» gli chiedo dubbiosa.

Mi rendo conto soltanto ora di non sapere la sua età, ma è assurdo che, proprio ora, con quello che mi ha detto, io gli faccia una domanda del genere.

«Certo, ho ventiquattro anni. Quanti anni pensavi che avessi?» mi chiede.

«Non lo so... tipo venti.» gli rispondo facendolo scoppiare a ridere.

Giuro, ne dimostra molti di meno, ero sicura al novantanove per cento che avesse un paio di anni più di me, invece sono sette.

Scuoto la testa e mi alzo, vado verso la porta così da aprirgliela e salutarlo, ma, quando arriviamo davanti alla porta, vedo la maniglia abbassarsi: mio padre è tornato a casa. Se mi trovasse insieme a Jesús, in casa nostra, noi due da soli, inizierebbe a pensare a cosa ci facciano un ragazzo ed una ragazza in casa da soli, al fatto che ci sia proprio lui... quindi lo prendo per mano trascinandolo nello sgabuzzino e chiudo la porta. Qui dentro è bello stretto, io sono appoggiata alla porta e lui è davanti a me, siamo appiccicati. Il suo respiro si mischia al mio, la sua mano si appoggia sul mio fianco, alzandomi leggermente la maglietta e provocandomi dei brividi per tutto il corpo... papà mi chiama, e io, beh, io potrei uscire e farmi vedere, perché tanto papà qui dentro non ci mette mai piede, ma questa vicinanza con lui mi piace così tanto che vorrei restare così ancora per un po'.

Ogni volta che lui mi si avvicina in questo modo non ci capisco più niente, è strano, ma bellissimo.

Le sue labbra sfiorano le mie, sta per baciarmi, me lo sento, e io non sto facendo niente per fargli capire che si deve allontanare, perché lo voglio tanto quanto lui, se non di più. A bloccarlo, però, è la voce di mio padre, che è molto vicina.

«AMORE, STO USCENDO, TORNO SUBITO!» esclama, per poi aprire la porta e richiuderla.

Mi allontano quindi da Jesús, per quanto mi dispiaccia, e apro la porta, lui esce subito dopo di me e appoggia la mano sulla maniglia, ma prima di andarsene si volta a guardarmi.

«Grazie.» mi dice prima di aprire la porta e andarsene.

«Grazie a te.» sussurro, anche se lui ormai se n'è andato.

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