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Per tutta la mattina non ho fatto altro che tremare ogni volta che a mio padre suonava il telefono, ma, per fortuna, il mio compagno di scuola, deve di sicuro aver tenuto la bocca chiusa.

Stanotte non ho chiuso occhio, continuavo a pensare a tutto quello che ha detto il ragazzo con il quale pensavo che avrei passato una bella serata. La persona che all'inizio mi guardava sorpreso di vedermi lì e che mi ha detto che stavo bene truccata, non è lo stesso che poi ha minacciato quel ragazzo e che mi ha parlato in quel modo, non è possibile.

Sono nell'ufficio di papà perché, visto quello che è accaduto ieri, non potrò tornare a scuola fino a settimana prossima, non è una vera e propria sospensione, ma quasi. Nel vedere entrare in ufficio Jesús con il naso che gli sanguina spalanco gli occhi chiedendomi che cavolo sia successo, il pensiero che il mio compagno di scuola abbia parlato o che lo sia andato a cercare si fa strada dentro di me. È ammanettato, uno dei detective appoggia le mani sulle sue spalle e lo spinge verso la sedia, su cui lui si siede in silenzio.

«Dov'eri ieri sera diciamo... nell'arco di tempo dalle otto alle nove?» gli chiede la polizia.

Anche se non siamo stati insieme un'ora intera, comunque ci siamo visti intorno a quell'ora. Se dovesse dire che eravamo insieme, per me sarebbe la fine. Nonostante mio padre non sia qui, in questo momento, gli riporterebbero all'istante quello che questo ragazzo ha detto e... mio Dio, non mi immagino nemmeno la sua faccia quando lo saprà.

Il ragazzo, seduto a qualche metro da me, mi guarda. Forse si aspetta che io lo difenda dicendo che eravamo insieme e che non ha fatto nulla di male, invece me ne sto qui, ferma, a guardarlo impaurita.

«A casa mia, dove ero anche prima, quando voi bastardi siete entrati e mi avete scaraventato contro il muro.» ringhia a denti stretti.

«Una ragazza è stata aggredita sulla spiaggia, ha descritto i tuoi tatuaggi.» gli spiega uno di loro.

Aggredita?

Quando me ne sono andata, lasciandolo su quel molo, era arrabbiato e... se fosse stato così furioso da prendersela con una povera ragazza che non stava facendo nulla di male? E se fossi rimasta con lui e avesse aggredito me?

I miei occhi si fanno lucidi, non posso credere di essere davvero uscita con una persona del genere. Sono una brava ragazza, diversa dai membri della mia famiglia, non dovrei mettermi in mezzo a certe cose solo per un ragazzo qualunque che non conosco nemmeno e col quale sarebbe meglio non parlare mai più. I suoi occhi sono di nuovo su di me, non mi sta facendo paura, ma se penso a tutto quello che è accaduto ieri e a quello di cui lo stanno accusando... tremo.

«Le donne io non le tocco.» risponde lui, guardando dritto negli occhi il detective che gli sta facendo le domande.

Non so cosa sia successo al piano di sopra, dove ci sta la sezione delle truffe, ma da un paio di settimane sono stati costretti a trasferirsi di sotto fino a quando il loro piano non si sarà sistemato. Questo piano ora è un casino e hanno riempito con le loro scartoffie le sale interrogatori, l'unica libera è sempre occupata da loro, quindi mio padre e i colleghi della sua squadra sono costretti ad interrogare i sospettati negli uffici. Se non fosse così, probabilmente io e Jesús non ci saremmo mai nemmeno visti.

Mi alzo, non volendo più ascoltare, ed esco nel corridoio senza degnarlo di uno sguardo. Mi appoggio al muro e mi metto le mani davanti alla faccia.

In che cavolo di situazione mi sono cacciata?

Merito di uscire con un ragazzo dolce che provi a conoscermi e a divertirsi con me, invece che con uno a cui piace minacciare le persone di ucciderle, davanti a me.

«Io non l'ho toccata. In tutto il mio quartiere hanno questi tatuaggi.» nel sentire la sua voce mi allontano velocemente da lui: «Adesso ti faccio paura?» mi chiede ridendo.

«Stammi lontano.» sussurro, cercando di superarlo per tornare negli uffici, ma lui stringe il mio braccio evitando che me ne vada, siamo così vicini che se lui si abbassasse i nostri nasi si toccherebbero.

«No soy como todos me describen.» mi dice guardandomi dritto negli occhi.

Non sono come mi descrivono tutti loro.

Le sue parole mi lasciano di stucco. Pensavo che non mi avrebbe più nemmeno chiesto di vederci, invece ora è qui, e non si sta facendo problemi sul fatto che siamo in un posto pieno di poliziotti, con i quali lui non sembra andare per niente d'accordo, anzi, se ne sta proprio fregando.

Potrei anche credergli, alla fine è stato gentile all'inizio, ha anche avuto la possibilità di farmi del male, invece non mi ha fatto niente. Magari davvero non è come loro, ma non posso uscire di nuovo con lui per scoprire chi è davvero. Ho già rischiato ieri sera, e me ne sono pentita.

Appoggio la mano sul suo petto, così da allontanarlo da me, lui guarda la mia mano e poi torna a guardare me, mentre io mi allontano lentamente da lui.

«Sono la figlia di un poliziotto, non posso uscire con te, non dopo quello che hai detto ieri sera.» gli dico.

«Ti ho detto solo la verità, avresti preferito che ti mentissi?» mi chiede, poi però scuote la testa e fa un passo indietro, aumentando ancora di più la distanza tra di noi: «Vorrei dirti che non ci vedremo più, ma i tuoi amici non si arrenderanno fino a che non mi avranno sbattuto dentro, quindi credo che ci rivedremo presto.» mi dice poi, superandomi e iniziando ad andare verso gli ascensori.

«Jesús?» lo chiamo, così lui si gira e mi guarda: «Tieni, hai un po' di sangue qui.» gli dico avvicinandomi a lui per dargli i miei fazzoletti e indicandogli la parte sotto al naso.

«Grazie.» sussurra, prendendo i miei fazzoletti e andandosene.

Le porte dell'ascensore si aprono a qualche metro da me, ci guardiamo fino a che non si chiudono e lui sparisce.

Che cavolo di storia.

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