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Finalmente posso allontanarmi un po' da papà e dalla polizia. Anche se dopo scuola sono obbligata a venire qui, ora sto uscendo perché i miei fratelli mi stanno venendo a prendere e potrò passare con loro il weekend. Mentre cammino ed esco dal dipartimento di polizia, scrivo un messaggio a papà rassicurandolo sul fatto che lo avviserò quando arriveremo a casa e che starò attenta. Mi dà fastidio questo suo comportamento iperprotettivo, ma mi rendo conto che dopo l'incidente di mamma non vuole che mi accada niente di brutto. Sorrido quando mi risponde che mi vuole bene, ma mi scontro con qualcuno e quasi mi cade a terra il cellulare... alzo lo sguardo, ma faccio un passo indietro quando mi rendo conto che si tratta del ragazzo di ieri, quel Jesús.

Che cosa ci fa ancora qui?

Siccome tutti mi conoscono qui, sussurro delle scuse e mi allontano subito da lui, evitando che qualcuno ci veda insieme, che corra a dirlo a mio padre che darebbe di sicuro di matto. Il ragazzo, non contento delle mie scuse, mi segue provando a fermarmi, ma io non intendo farlo. Fosse per me mi fermerei per sapere che cosa vuole, ma non voglio dover rispondere alle domande dei miei famigliari, nel caso qualcuno ci vedesse insieme.

«Sei la ragazza di ieri, giusto?» mi chiede affiancandomi.

Il fatto che io lo abbia conosciuto in un dipartimento di polizia, mentre era ammanettato ed era interrogato da una detective, dovrebbe già fare in modo che io mantenga le distanze da lui, ma non ha niente di diverso dai miei fratelli e dai loro amici. Se avesse ucciso o stuprato qualcuno sarebbe già dentro, invece è qui.

Non so cosa penserebbero i miei fratelli se mi vedessero con uno come lui... magari sono amici, non ne ho idea.

«E tu sei il ragazzo di ieri.» gli rispondo fermandomi dietro l'angolo e girandomi a guardarlo.

«Sei troppo giovane per essere un cazzo di sbirro.»

«Tu sei troppo giovane per metterti nei guai e finire qui.» la mia risposta lo fa scoppiare a ridere.

Per un attimo sposta lo sguardo da me, ma solo per prendere una sigaretta dal suo pacchetto e accenderla, iniziando a fumare. Cavolo, questa roba mi fa proprio schifo. Tutti in famiglia fumano, tutti tranne me, e anche se la vita è la loro cerco sempre di far capire che dovrebbero smettere, invece non mi danno mai ascolto. Allora perché io devo sempre dare ascolto a loro?

Un ragazzo come lui, tra le ragazze che vengono a scuola con me, attirerebbe subito l'attenzione. I ragazzi con cui vado a scuola sono i classici figli di papà, pieni di soldi che con le ragazze si divertono e basta, lui non mi sembra un figlio di papà, ricco, ma di sicuro è uno di quei ragazzi che con le ragazze si diverte e basta... credo che a questa età siano tutti così, o quasi. Cambiano solo quando si rendono conto di avere davanti la ragazza giusta per loro, oppure quando si rendono conto di averla persa. Cretini.

Credo che stia per dirmi qualcosa, ma prima che possa dire qualunque cosa, il suono di un clacson si fa sentire, così mi giro riconoscendo la macchina di Carmen, la vicina di casa di zio Alvaro e dei miei fratelli, la migliore amica di mia madre.

«Princesa, vamos, ¡vámonos a casa!» mi dice, abbassando il finestrino.

Per me è praticamente come una seconda madre, e ogni volta che vado a dormire dai ragazzi, viene a cena da noi e prepara i migliori tacos del mondo, anche se ogni volta tutti dicono che i migliori erano quelli di mamma... io sono l'unica che non lo dice perché nemmeno me li ricordo.

Princesa. Usano tutti questo soprannome praticamente da quando sono nata, ma ormai ci ho fatto l'abitudine e, anche se sembra un soprannome da bambina, mi fa piacere essere chiamata così. Miguel mi ha detto che la prima a chiamarmi così è stata la mamma, e da lì hanno continuato tutti a chiamarmi in questo modo, perché, in quanto unica femmina, sono come una principessa per loro e vengo trattata da tale.

Guardo il ragazzo che mi sta ancora di fronte e gli sorrido leggermente, spostandomi poi di lato per riuscire a sorpassarlo e andarmene.

«Ci vediamo in giro, princesa.» mi dice, facendomi sorridere.

«¿Tu dices?» gli chiedo girandomi a guardarlo.

«Claro.» mi risponde, facendomi un occhiolino.

Sono sicura di essere diventata più rossa di un pomodoro, ma per fortuna lui non può vederlo. Raggiungo Carmen sulla sua auto e, prima che parta, mi volto a guardare di nuovo quel ragazzo, che è fermo esattamente dove l'ho lasciato. Alza la mano per salutarmi, stessa cosa che faccio io, e mi chiedo se scherzasse o meno quando mi ha detto che ci vedremo in giro, oppure era solo un modo per prendermi un po' in giro. Credo che non si sia ancora reso conto che sono la figlia di un detective, per questo mi ha detto che sembro troppo giovane per essere una poliziotta, e mi chiedo se mi rivolgerà ancora la parola quando lo scoprirà... forse, però, questa è stata l'ultima volta in cui l'ho visto e non ci dovrei nemmeno più pensare.

Vorrei avere la vita normale che hanno tutte le altre mie coetanee, invece non ce l'ho... ma so che se mamma fosse ancora qui le cose sarebbero molto diverse.

«Quello chi era?» mi chiede Carmen sorridente.

«Nessuno, solo un ragazzo che mi ha chiesto l'ora.» mento, evitando così che lo racconti a qualcuno.

Se un ragazzo come quello mi chiedesse di uscire, non so che cosa farei... magari ci uscirei per disobbedire alle assurde regole di mio padre, che, oggi che ho quasi diciotto anni, trovo troppo. Ma uno come lui, con una come me, non ci uscirebbe mai... chissà quante ragazze gli girano intorno, figuriamoci se guarderebbe proprio me.

Sogno una famiglia unita, come la sognava mamma, solo che lei non è mai riuscita ad averla, mentre io spero che ce la farò.

PrincesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora