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Sono seduta al tavolo con i miei fratelli e zio Álvaro. Quando sto con loro sono più tranquilla e non sono continuamente controllata, come invece fa mio padre. Approfittando del fatto che, a differenza del solito, non ci sia Carmen, ho chiesto loro della gang di cui ha i tatuaggi Jesús, perché, di sicuro, ne sanno più di me e sapranno dirmi qualcosa.

Penso continuamente a lui, un po' perché mi pento di non averlo seguito per provare a conoscerlo meglio, visto che dice di non essere come lo descrivono i poliziotti, un po' perché non sarei dovuta uscire con lui rischiando praticamente tutto.

«Perché ci chiedi di quella feccia?» mi chiede Miguel, il primogenito di mamma e zio Álvaro.

"Feccia", iniziamo bene... significa che non vanno d'accordo.

Il quartiere in cui vivono loro tre, in cui siamo adesso, è controllato da una gang. Di questo me ne sono sempre fregata, più che altro perché mi hanno cresciuta dicendomi di tenere la bocca chiusa, però non sono stupida, anche se sto in silenzio, li noto i tatuaggi dei miei fratelli e anche quelli di zio Alvaro. Una volta ho sentito zio Álvaro e papà litigare, hanno detto che mamma ha lasciato il suo ex marito a causa di questa gang da cui lui non voleva uscire e per colpa della quale lo avevano arrestato. Non sono stupida, mi rendo conto che papà non mi voglia fare stare in compagnia di queste tre persone per questo motivo. Tutti sono davvero convinti che io non sappia niente.

«Li vedo spesso in ufficio di papà, mi chiedevo solo se...» mento.

«Dovrebbero eliminarli dalla faccia della terra, invece che arrestarli. Qualcuno di loro ti ha dato fastidio?» mi chiede Enrique, parlandomi sopra.

Se ora raccontassi loro di essere uscita con uno di loro, penso che correrebbero a cercarlo e non voglio immaginare quello che gli farebbero. Avrei davvero bisogno di parlare con qualcuno di Jesús, per capire se provare a fidarmi oppure lasciare perdere, ma loro non sono le persone giuste con le quali farlo, ed è un casino perché nella mia vita ci sono solo loro, papà e persone che sono più amici loro che miei.

Jesús è a conoscenza del fatto che mio padre sia un poliziotto e non sembra avere dei problemi, ma mi chiedo se continuerebbe a parlarmi se sapesse chi sono i miei fratelli... magari nemmeno li conosce.

Scuoto la testa, quindi spero che mi dicano qualcos'altro senza che io debba chiederglielo, altrimenti, se insistessi, capirebbero che c'è qualcosa che gli sto nascondendo.

«Anni fa, parlo di quando Enrique non era ancora nato, eravamo alleati con loro. Uno di loro, però, ha ucciso uno dei nostri, da quel momento non andiamo più d'accordo. Devono stare lontani dal nostro quartiere, da noi e dalle nostre donne.» prende parola zio Álvaro.

«Perché parli... come se anche voi c'entraste?» gli chiedo, fingendo di non sapere che loro ne fanno parte.

«Fidati, Olivia, meno sai e meglio è.» mi risponde Miguel, facendomi roteare gli occhi.

«Princesa, sai che qui tutti ti trattano come una figlia e una sorella... se qualcuno ti facesse del male, si tratti di quelle merde o di qualcun altro, ci penseremo noi, okay?» mi dice invece Enrique.

Cavolo. Anche se non dovessi vedere mai più Jesús, ma si dovesse venire a sapere che ci sono uscita, in qualche modo, non mi immagino neanche quando loro andranno a cercarlo e chissà che cosa gli faranno...

Perché la mia non è una famiglia normale?

Sarebbe tutto diverso se mamma fosse qui, papà non mi tenesse sotto ad una bolla di vetro, mio zio e i miei fratelli non facessero parte di una banda, e, soprattutto, sarebbe più diverso se Jesús lo avessi conosciuto da un'altra parte e non fosse quello che è.

A volte mi fermo e penso... chissà come sarà la mia vita tra dieci anni. Magari lavorerò e avrò già una famiglia mia, oppure vivrò ancora con mio padre oppure qui con loro. Sono sicura che, comunque vada, tra dieci anni Jesús e la nostra brevissima uscita sarà solo un ricordo lontano per me, e ci riderò di sicuro sopra, pensando a che stupida ragazzina fossi.

Annuisco facendo un piccolo sorriso a tutti e tre, che si voltano quando la porta di casa viene aperta e Cesar, un loro amico, entra facendo un cenno a tutti. È uno dei ragazzi più simpatici che conosco. Ha qualche anno più di me, quindi mi ha vista crescere.

«Amigo, es extraño cómo te muestras cada vez que Olivia está aquí.» lo prende in giro Enrique, facendo ridere tutti tranne me e lui, che diventiamo entrambi rossi.

Amico, è strano come tu ti faccia vedere ogni volta che c'è qui Olivia.

Fanno spesso queste battutine, i miei fratelli e gli altri amici, lo prendono in giro perché quando ci sono io è sempre qui e diventa un'altra persona, più... gentile e carina. Io invece non penso come loro che abbia una cotta per me, anche perché ha una ragazza con la quale sta da qualche anno.

«Joder.» dice Cesar, facendo il dito medio ad Enrique, che scoppia di nuovo a ridere.

Fanculo.

Stare qui con loro mi diverte, e poi, esattamente come ha detto prima mio fratello, qui tutti mi trattano come una figlia o una sorella. Qui sento di essere libera, di poter fare quello che voglio, e di stare bene. Se solo anche da papà fosse così, le cose sarebbero molto più semplici. Il mio sogno sarebbe quello di vedere la mia famiglia, formata da me, da papà e dalle tre persone sedute al tavolo con me, unita. Sono stanca di vederli litigare sempre tra di loro o dover fare ogni anno due feste diverse perché non si sopportano... anche se mamma, anni e anni fa, ha lasciato zio Álvaro, ha continuato comunque a volergli bene e so che sarebbe felice di vederci tutti e cinque insieme, ma loro non lo capiscono. Ormai sono anni che questa storia va avanti, e non riesco a fare niente per cambiare le cose.

Cesar si siede di fronte a me e mi sorride, anche io sorrido a lui, e poi mi metto ad ascoltarli mentre parlano.

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