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A scuola Melanie ha tenuto le mani a posto, ma solo perché se facesse qualcosa rischierebbe dei guai, e non può permetterselo proprio l'anno del diploma, ma ha messo in giro delle voci su di me non tanto carine... mi sto trattenendo dal prenderla a pugni, ma solo perché anche per me questo è l'anno del diploma.

Entro nell'ufficio di mio padre salutando tutti. Certo che, però, passare tutto il mio tempo libero qui non mi rende per niente popolare, anzi, credo che mi renda una sfigata, ma mio padre non vuole che io stia tutto il tempo con Miguel, Enrique e gli altri, quindi preferisce che io stia qui, magari con la speranza che io mi innamori del suo lavoro e che diventi anche io una poliziotta come lui, suo padre, e tutti gli altri membri della famiglia, ma io non sono sicura che questo sia il lavoro giusto per me. Mi siedo alla scrivania di papà a fare i compiti, spero solo che il tempo passi in fretta e che l'ora di andare a casa arrivi in fretta, perché non ho proprio voglia di stare qui fino a stasera. Delle urla, però, mi fanno alzare lo sguardo dopo poco tempo: delle persone stanno insultando, dal corridoio, qualcuno. La porta si apre e non posso credere ai miei occhi quando vedo entrare, ammanettati, prima tutte le persone con le quali sono cresciuta, compresi i miei fratelli, e poi Jesús e i suoi amici. I due gruppi si stanno insultando a vicenda in spagnolo, qui solo io li capisco, perché oltre a loro sono l'unica a capire e a parlare spagnolo. Mi alzo, ma mio padre mi ordina di stare seduta, quindi sono costretta a sedermi di nuovo. Jesús è il primo ad accorgersi di me, infatti si zittisce subito, mentre, anche quando i miei fratelli e gli altri si accorgono della mia presenza, continuano comunque ad insultarsi.

«Stavano litigando a pochi metri da dei bambini di sette anni che festeggiavano un compleanno. Ho detto loro di sparire, ma hanno iniziato ad insultare me e il mio lavoro.» spiega il poliziotto.

Bambini di sette anni?

Immagino quei bambini che devono essersi spaventati, per non parlare dei loro genitori. Devono essere stati loro a chiamare la polizia.

Papà mi guarda, come se in mia presenza non sapesse che cosa fare. Il fatto che i suoi colleghi non siano presenti in questo momento forse lo aiuta, ma la mia presenza non gli permette di trattarli come tratterebbe chiunque altro in questo caso.

«Ci penso io, grazie.» dice mio padre al poliziotto, che se ne va: «Litigare davanti a dei bambini? Sul serio?»

«Parlavamo in spagnolo, nemmeno ci capivano.» dice uno degli amici di Jesús, venendo fulminato con lo sguardo da tutti.

«Motivo del litigio?» chiede mio padre appoggiandosi alla scrivania e incrociando le braccia al petto.

Jesús ha gli occhi fissi su di me, forse sta ricordando quello che è successo e che stava per succedere ieri sera dietro quel chiosco, anche io non faccio altro che pensarci.

Tutti stanno in silenzio e non rispondono alla domanda che ha appena fatto mio padre, quindi lui sbuffa e tira fuori un mazzo di chiavi, fa per darmele e le prendo, ma sto seduta dove sono, perché non capisco che cos'abbia in mente.

«Togli le manette a tutti, io mi sono stancato di farlo tutti i giorni... alle stesse persone.» mi dice.

Mi alzo subito e vado diretta da Miguel, poi da Enrique, Cesar, Hector e gli altri. Poi vado da Jesús, seppur senta i ragazzi dietro di me borbottare qualcosa di incomprensibile, sicuramente perché avrebbero preferito che non mi avvicinassi a loro... dopo aver tolto le manette anche a Jesús le tolgo ai suoi amici, che, diversamente dai membri della mia famiglia, a partire dal ragazzo che ieri sera mi ha quasi baciata, mi ringraziano tutti.

«Miguel?» lo chiama mio padre, quindi mi volto anche io a guardarlo: «Perché non portate Olivia a comprare alcune cose per la scuola?»

«Certo, la portiamo a casa dopo cena.» gli risponde il maggiore dei miei fratelli, mio padre quindi annuisce e io corro a prendere il mio zaino.

Prima di andarmene gli stampo un dolce bacio sulla guancia e torno dai ragazzi, più felice che mai. Cesar mi prende lo zaino e se lo mette in spalla, è davvero tanto gentile con me. Mio padre fa a tutti l'ultima raccomandazione, prima che tutti usciamo dagli uffici. Saliamo in ascensore, alla fine non siamo nemmeno troppo stretti, visto che questo ascensore può contenere, al massimo, sedici persone. Le porte si chiudono, mi volto subito a guardare Jesús, che però non mi sta guardando.

«Immagino che dobbiamo ringraziare te se ci hanno fatto andare via così in fretta.» dice uno degli amici di Jesús proprio a me, ma non lascia il tempo a nessuno di rispondere, che continua: «I tuoi amici qui sono stati intelligenti... portarsi a letto la figlia di un poliziotto... grazie a lei non vi arresterà mai.»

Mi giro di colpo a guardare Jesús, che si volta anche lui a guardare me: e se anche lui avesse avuto la stessa idea? Mi ha vista lì, ci ha provato, ha pensato che potessi aiutarlo ogni volta che sarebbe finito qui. Lo vedo scuotere la testa, come se sapesse quello a cui sto pensando.

Vedo i miei fratelli e i loro amici stringere le mani in due pugni, credo si stiano trattenendo solo perché siamo ancora all'interno del dipartimento.

«Se ti mollano, vieni a cercare me. Di sicuro ti farei divertire più di quanto facciano loro tutti insieme.» credo che la sua frase abbia un doppio senso, perché Cesar scatta contro di lui spingendolo contro la parete.

Gli altri istintivamente scattano verso di lui, ma Miguel e gli altri li fermano. In questo momento sono davvero spaventata. Jesús, però, è l'unico che non si è messo a litigare, infatti mi prende la mano e mi attira a sé, mettendosi davanti a me così che, nel caso, non mi accada niente. Stringo forte la sua mano, nessuno se ne rende conto, visto che sono troppo impegnati a litigare. L'ascensore si ferma, e prima che le porte si aprano, tutti si allontanano. Escono uno alla volta, Jesús esce prima di me, che sono l'ultima, ed è costretto a lasciare la mia mano. Si volta a guardarmi, facendomi un cenno verso il basso. Mi abbasso a prendere un bigliettino ed esco anche io dall'ascensore affiancando la mia famiglia. Lo guardo per l'ultima volta, più avanti di qualche passo da me, prima che prendiamo strade diverse.

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