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La scuola non mi è mai piaciuta particolarmente, o meglio, non l'ho mai sopportata.
Questa cosa può essere attribuita a molti fattori, tra cui i miei genitori.
Sono cresciuta con l'ideale che la scuola è fondamentale perché ti aiuta a trovare il tuo posto nel mondo, e per trovarlo bisogna fare anche tanti sacrifici, tra cui sprecare metà della tua vita sui libri cercando di dare sempre il meglio di te, non importa quanto difficile sia la sfida che devi affrontare.

Mi hanno abituata sin da piccola a uno stile di vita molto rigido.
Ogni volta che tornavo a casa da scuola e pranzavo, subito dopo dovevo rinchiudermi in camera per fare i compiti e non uscire di lì finché non li avevo svolti tutti.
La mamma controllava sempre se avevo completato tutto ciò che avevo da fare, perché se facevo la furba mi metteva in punizione.

Forse esagero, ma questo mi ha procurato un vero e proprio trauma.

Per colpa loro odio la scuola con tutta me stessa, non che prima mi piacesse, ma l'odio nei suoi confronti è aumentato a dismisura.
Lo stesso sta succedendo con la voglia di fregarmene di tutto e mandare all'aria i progetti che hanno creato per me.
Ho una così forte esigenza di infrangere le regole che mi è quasi impossibile reprimerla, ma lo faccio comunque al solo scopo di non deluderli.

Per quanto non sia d'accordo con i piani che hanno organizzato per me, deluderli sarebbe forse la cosa peggiore che potrei fare.

Quindi eccomi qui, zitta e buona al mio posto mentre contemplo il test di storia per cui non avevo studiato bene.
L'ansia di prendere un brutto voto mi sovrasta per alcuni secondi, ma va subito via quando mi accorgo che le domande non sono così difficili come mi aspettavo.
Infatti sono una delle prime a consegnarlo e a uscire dalla classe qualche minuto prima che la campanella suoni.

Pensavo peggio.

"Me lo aspettavo più difficile" dice Kimberly accanto a me.

"Sì anch'io, invece è andata meglio del previsto"

"Spero che il prof ci metta un bel voto a questo punto, altrimenti avrò sprecato un pomeriggio della mia vita a studiare per niente" sbuffa facendomi ridacchiare.

Kimberly e io ci siamo conosciute all'inizio del liceo, lei è stata la mia prima amica in assoluto.
Sin da quando ero bambina fare amicizia non è mai stato il mio forte, e di conseguenza non ho mai avuto chissà quanti amici nel corso della mia infanzia, se non nessuno.
Con Kimberly, però, è stato diverso, fin dall'inizio siamo diventate inseparabili.

"Che cosa fai dopo scuola Belle?" mi chiede mentre ci dirigiamo in mensa.

"Credo che andrò alla pista" rispondo.

"Va bene, allora vengo con te" dice, annuisco contenta.

Una cosa che abbiamo in comune io e Kimberly è lo skate e l'amore per esso.
Forse starà stato proprio quello a farci diventare come pappa e ciccia.

Quando arriviamo in mensa c'è un affollamento di persone assurdo, tant'è che siamo costrette a sgomitare per superare la fila e andare alla ricerca di un tavolo.
Di solito abbiamo un posto fisso dove sederci, ma ogni tanto cambiamo perché c'è sempre qualcuno che lo occupa prima di noi.
Per fortuna ne troviamo un altro dopo un po', infondo alla mensa, e con nostra felicità vediamo che seduto in uno di quei posti c'è Tyler, assorto nella musica che fuoriesce dalle sue cuffie.

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