14. Un punto sol m'ha acceso né più vi vidi c'una volta sola

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Il 30 ottobre di quell'anno Michelangelo Buonarroti aveva dato l'ultima pennellata alla sua volta e il 31 era stata smontata l'impalcatura che lui stesso avevo progettato all'inizio dei lavori.

Ora stava lì, in piedi, senza dire una parola, ad ammirare dal basso quel lavoro che era stato costretto ad accettare controvoglia e che gli aveva portato sofferenze inimmaginabili. Ne era uscito provato, emotivamente e fisicamente, aveva patito le pene dell'inferno, ma, forse, ne era valsa la pena. Più che la osservava, però, più gli pareva imperfetta e piena di difetti.

Tanto era concentrato nel prendere in esame la sua stessa pittura che non si era accorto dell'arrivo del Papa e dei suoi funzionari. Giulio II gli si avvicinò, tenendo gli occhi perennemente alzati.

«Non potevi fare lavoro migliore, figlio mio» gli disse sinceramente colpito. Giulio II non era mai stato un Papa facile, tra lui e Michelangelo c'erano state non poche dispute e minacce anche piuttosto gravi, avevano lo stesso carattere focoso e orgoglioso, ma adesso si erano riappacificati e il Papa aveva avuto l'affresco più maestoso di tutta Roma.

«Vi ringrazio, Santità» rispose l'artista in modo piuttosto secco.

Il Papa osservò la volta ancora per qualche secondo, poi rivolse lo sguardo a Michelangelo.

«Non ti pare un po' semplice?» gli domandò, Michelangelo credette di sentirsi male.

«Semplice?» ripeté guardando il Papa con gli occhi sgranati.

«Intendo dire» rispose Giulio II ritornando con gli occhi fissi alla volta, «servirebbe un po' di oro per arricchire ancora di più la volta, per impreziosirla.»

Michelangelo temette seriamente che le gambe non lo reggessero. Oro? E lo diceva adesso che aveva smontato con grande fatica il ponteggio? Mai e poi mai sarebbe salito di nuovo lassù, ormai questo capitolo della sua vita si era concluso, non voleva avere più niente a che fare con quegli affreschi.

«Stonerebbe, Santo Padre» disse semplicemente, doveva trovare una scusa, una valida argomentazione che convincesse il Papa a desistere da questa sua nuova idea.

«No, anzi» ribatté Giulio II, «la renderebbe ancora più magnificente di quanto è adesso.»

«Ne dubito, Santo padre» rispose ancora l'artista, «quelli rappresentati sono uomini che sono vissuti molti anni fa, non erano soliti indossare tuniche dorati e gioielli scintillanti: erano persone umili e semplici, anche piuttosto grezze.»

Giulio II ci ragionò su per qualche attimo, poi annuì con un cenno della testa. Michelangelo fece un sospiro, sollevato.

«Bene» annunciò il Papa, «allora è pronta per la cerimonia di domani.»

L'artista non rispose, la festa di inaugurazione non era cosa che gli interessava, anzi, desiderava esserne totalmente estraneo. Odiava qualsiasi tipo di cerimonia, odiava gli elogi e soprattutto le critiche di persone che di arte non ci capivano niente. Sapeva che sarebbero venuti tutti i più grandi e potenti esponenti della nobiltà romana e se c'era una cosa che ancora di più mal sopportava era proprio l'avere a che fare con gente altezzosa, tutta imbellettata e ingioiellata, che per darsi importanza metteva in mostra tutte le loro qualità critiche. Per non parlare delle donne che, con i loro gridolini scomposti e fastidiosi, avrebbero commentato la bellezza e il fascino degli uomini nudi che aveva rappresentato, coprendosi la bocca con il ventaglio oppure usandolo per nascondere i bisbigli con le amiche. Aveva già deciso da tempo che avrebbe evitato qualsiasi festa.

«Tutti vedranno il tuo talento, figliolo» riprese il Papa, «e che cosa è in grado di fare la mia committenza» rise, «tutti ti copriranno di elogi, domani.»

Uno dio per la sua bocca parlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora