«Signora marchesa, c'è una lettera per voi.»
Vittoria guardò un attimo la domestica e poi le rispose con un sorriso.
«Aspetta un attimo» disse in modo piuttosto brusco, al suo posto, il Molza.
Aiutò la marchesa a spogliarsi del giaccone di pelliccia e si offrì di accompagnarla nelle sue stanze. Lui e Vittoria, accompagnati dai servitori, erano appena tornati da una piacevolissima gita tra le rovine romane della città: mentre camminavano uno affianco all'altra, il Molza le spiegava che cosa quelle rovine dovevano essere state nell'antichità, le illustrava i fori imperiali, il mercato Traiano e l'omonima colonna e da queste cose, con gli occhi pieni di arte e bellezza, cominciavano a discorrere di mitologia e di storia. Vittoria era tornata pienamente appagata dallo splendore di Roma ed era contentissima di aver potuto passare del tempo con quello che era stato il suo maestro da bambina. Il Molza, per lei, era stata un'importantissima figura di riferimento: era stato lui ad iniziarla alla scrittura e a trasmetterle l'amore per la letteratura e lei gliene era infinitamente grata.
«Che cos'è? È molto importante?» domandò Vittoria alla donna enfatizzando il tono gentile, come ad ammonire il Molza della sua eccessiva durezza.
«È da parte di Sua Santità, signora» rispose la donna porgendogliela.
Vittoria osservò per qualche secondo il sigillo papale, poi rivolse uno sguardo confuso al maestro che, al suo fianco, non sapeva che cosa dire.
«Che cosa vorrà Sua Santità da me?» domandò sottovoce, ma il Molza la prese dolcemente sottobraccio e le fece cenno di andare.
«Immagino siate stanca» le disse, «prima rilassatevi e poi leggete la lettera.»
Vittoria scosse la testa e aprì la busta chiusa dal sigillo papale, cercò di non mostrare la mano leggermente tremante: non sapeva nemmeno lei perché una lettera del Papa la emozionasse tanto, aveva forse paura? Certamente non poteva essere niente di negativo, che cosa aveva mai fatto? Dopotutto era a Roma da neanche una settimana.
«Almeno mettetevi a sedere» insisté il Molza ma poi si rassegnò a non essere ascoltato.
Appena lette le prime righe il viso di Vittoria si illuminò, alzò gli occhi e guardò la domestica che, nel mentre, era rimasta lì in attesa di un qualche ordine da parte della sua padrona.
«Dov'è mio marito?» le chiese, il suo tono emozionato metteva in agitazione tutti. Il Molza cominciò a desiderare di sapere che cosa ci fosse scritto.
«Il marchese, mio signore, dovrebbe trovarsi nel suo studio, madonna» rispose quella.
Vittoria non attese neanche che la risposta si fosse conclusa, corse su per le scale con un'euforia che lei stessa si era dimenticata di poter provare e bussò forse troppo forte alla porta dello studio di Ferdinando.
«Chi è?»
Vittoria aprì senza rispondere, si trovò Ferdinando che, alzati gli occhi dalle carte, la stava guardando con un'espressione confusa e anche un po' infastidita. Vedendo, però, l'euforia della moglie, il suo atteggiamento cambiò e diventò più interessato: si tirò su e la squadrò con un mezzo sorriso.
«Che cosa è successo, Vittoria?»
La marchesa gli mostrò entusiasta la lettera che stringeva tra le mani e che ancora non aveva completamente finito di leggere.
«Sua Santità» esclamò, «Papa Leone X ci invita al suo ricevimento domani!»
Sul volto di Ferdinando spuntò un sorriso, gli occhi di Vittoria brillavano così tanto che non potevano non trasmettergli un po' di quell'entusiasmo.
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Uno dio per la sua bocca parla
Historical FictionVittoria è figlia di un Colonna, appartiene ad una delle famiglie più influenti di Roma ma la vita nello sfarzo non la preserva da delusioni, amarezze e sofferenza. È una fanciulla innamorata, in perenne adorazione del bellissimo marchese di Pescara...