16. Qui fece il mio bel sole a noi ritorno

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Vittoria sembrava completamente rinata, la notizia della liberazione di Ferdinando l'aveva cambiata. Era tornata finalmente ad avere più cura del suo corpo e del suo vestiario, aveva ricominciato a studiare e a scrivere e adesso i suoi pomeriggi erano pieni di allegria e non più di insaziabili pianti. Passava le sue giornate principalmente con sua cugina Costanza e con il piccolo Alfonso, cercando di insegnargli, contro il suo carattere ribelle, le lettere e l'arte della poesia. Il ragazzino aveva fatto progressi e lei ne era molto felice.

Quel pomeriggio Alfonso era andato alle sue quotidiane lezioni di scherma, il momento della giornata che più preferiva, e Vittoria sedeva con Costanza nella silenziosa biblioteca. Osservava il cielo tingersi dei colori del tramonto e il mare diventare sempre più calmo. Entrava nella stanza una leggera brezza che dava sollievo dal caldo torrido della giornata.

Costanza la guardava alzando gli occhi dal libro che stava leggendo, vedeva che era immersa nei suoi pensieri mentre osservava, appoggiata al parapetto, la grande distesa del mare. Notò con estremo piacere che era tornata la Vittoria di sempre: i suoi occhi non erano più perennemente rossi e gonfi, il suo viso aveva ripreso il suo colore naturale e le sue labbra erano tornate rosee come prima. Sembrava aver completamente ripreso la vita.

Vittoria si voltò, aveva sentito degli strani e veloci rumori di passi. Non fece in tempo a dire qualcosa a Costanza che un paggio era entrato senza bussare nella biblioteca, spalancando la porta senza curarsi del rumore.

«Mia signora, è qui» esclamò.

Vittoria era rimasta immobile, avrebbe voluto domandare chi fosse ma il suo cuore le aveva già dato una risposta. Cominciò improvvisamente a tremare, i suoi occhi si riempirono di lacrime: questa volta però erano lacrime di gioia.

«Vostro marito, mia signora» continuò il servo, «vostro marito è qui, è tornato!»

Vittoria temette di non sentirsi bene. Il cuore pareva esploderle nel petto, il respiro mozzarlesi in gola. Riuscì a stento a trattenere un singhiozzo. Era tornato? Ferdinando era finalmente qui? Oh, da quanto ci aveva sperato, da quanto aveva desiderato questo momento! Ed era arrivato, era arrivato proprio quando meno se lo aspettava.

Costanza si era alzata e le si era avvicinata, vedendo l'uragano di emozioni che aveva assalito la cugina.

«Dov'è?» domandò.

«Sua Signoria, madonna Costanza, l'ha appena ricevuto all'ingresso...»

Il paggio non ebbe tempo di finire la frase che Costanza aveva preso per mano Vittoria e era uscita di corsa dalla stanza.

«Cerca di mantenere la calma» le sussurrò Costanza quando erano quasi arrivate all'entrata del castello aragonese, «non lasciarti andare, comportati in modo degno di una signora del tuo rango: le intimità devi lasciarle a quando sarete soli.»

Vittoria lo sapeva, sapeva che avrebbe dovuto mantenere il decoro di una donna del suo livello, ma non era certa di potercela fare.

Si avvicinò a passo lento, cercando di frenare l'emozione e di rimandare indietro le lacrime che minacciavano di bagnarle le guance. Il suo cuore perdé un battito quando lo vide, i suoi occhi non si posarono su nessun altro. Era lui, era Ferdinando, ma allo stesso tempo era un'altra persona. La vista della lunga cicatrice che gli scolava tutto il volto fu come una pugnalata in pieno cuore. Lo vide provato, tremendamente stanco ma ancora tremendamente bello. Le ferite riportate in battaglia non cambiavano la sua fisionomia, la sua bellezza non era per niente immutata, anzi, quella cicatrice lo faceva sembrare un uomo più maturo di quanto fosse realmente. Vittoria si ritrovò a guardarlo fissa, con gli occhi che minacciavano un pianto imminente, riempiendosi della sua immagine, ammirando la sua bellezza come se fosse stata la prima volta che lo vedeva. E lo sguardo di lui, allo stesso modo, era su di lei.

Uno dio per la sua bocca parlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora