37. Tanti lumi che già questa fosca ombra

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La situazione politica dell'Italia e dell'Europa non era affatto migliorata, anzi, stava decisamente peggiorando. Dopo la sconfitta di Francesco I a Pavia nel 1525 era stata sottoscritta la pace di Madrid con l'imperatore Carlo V che obbligava il re di Francia a rinunciare ad ogni diritto sull'Italia e a restituire la Borgogna agli Asburgo. L'insoddisfazione della Francia, però, era palpabile e Papa Clemente VII aveva pensato bene di approfittarne: la potenza di Carlo V lo preoccupava, aveva il timore che, possedendo già l'Italia meridionale per eredità, volesse unificare tutta la penisola sotto il suo scettro provocando un enorme danno allo Stato Pontificio. 

Così si trovò ad agire, formò una lega, la cosiddetta Lega di Cognac, che comprendeva, oltre al re di Francia Francesco I, il ducato di Milano, la Repubblica di Venezia e quella di Genova, insieme alla Firenze medicea. Carlo V, però, non riuscendo ad ottenere il favore del Papa in modo diplomatico, fu costretto ad agire militarmente, ma non possedeva così tante milizie che gli consentissero di ottenere successo come sperava: un gran numero del suo esercito combatteva sul fronte contro l'espansione dell'Impero Ottomano, mentre l'altra contro l'avvento dei luterani. Avrebbe agito, allora, facendo sì che Roma venisse attaccata dall'interno: era lì che entravano in scena i Colonna.

***

«Ascanio!» la voce di Vittoria era un misto tra il felice e il preoccupato, «che piacere vedervi, fratello.»

Ascanio abbozzò un sorriso, Vittoria notò subito che c'era qualcosa che non andava dalla sua espressione: i suoi occhi erano ombrosi e inquieti, il suo volto troppo serio perché non fosse successo niente. Già il fatto che era venuto a trovarla in convento era strano: non gli era mai andata a genio l'idea che lei si fosse ritirata lì dentro e sicuramente non sentiva la sua mancanza ora che se ne era andata da Palazzo Colonna.

«A cosa devo la vostra visita?» gli chiese.

«C'è nessuno qui?» domandò lui, Vittoria aggrottò la fronte, «nessuno che può sentire quello che diciamo?»

La marchesa si avvicinò alla porta e si affacciò, il corridoio del convento era vuoto, neanche una suora stava passeggiando per i loggiati del cortile, non si sentiva neanche una voce. Chiuse la porta e tirò il chiavistello: erano soli, chiusi a chiave all'interno della sua cella, chi avrebbe potuto sentirli adesso? E anche se fosse stato, le suore non si intendevano di cose così importanti, non avrebbero capito niente.

«State tranquillo» lo rassicurò, «quello che direte sarà udito solo da me.»

«Bene» rispose lui, il suo tono cambiò e divenne improvvisamente autoritario, «dovete lasciare questo convento.»

Vittoria rimase qualche attimo in silenzio, guardando suo fratello con le sopracciglia aggrottate: che cosa voleva dire? Il Papa le aveva dato il permesso di stare lì, si stava opponendo di nuovo? Non capiva.

«Per quale motivo?» domandò, la sua voce si era fatta dura, «sto benissimo qui, non mi manca niente e non ho bisogno di niente: ho tutto ciò che ho sempre desiderato e non lo lascerò per niente al mondo.»

Ascanio scosse il capo e sbuffò.

«Non per questo» rispose secco, «non è per la vostra condizione, ma per la vostra sicurezza. Non mi interessa se state bene qui, se vivete la vita che avete sempre desiderato: dovete andare via e farlo il più presto possibile.»

«Che cosa significa?» esclamò lei, «non ne capisco il motivo, Ascanio.»

Il Colonna si guardò intorno, aveva ancora paura che qualcuno potesse udire le sue parole.

«Non mi sono spiegato bene» disse, «non è il convento il problema ma Roma, dovete andare via il prima possibile.»

Vittoria esitò a rispondere, perché suo fratello faceva così il misterioso?

«Perché? Che cosa c'è a Roma di così pericoloso?»

«Il cardinale Pompeo Colonna, vostro cugino» rispose Ascanio e Vittoria lo guardò con aria preoccupata.

«Che cosa intendete dire?» domandò con un soffio di voce, «che cosa ha intenzione di fare?»

Lo sapeva che prima o poi i conflitti della sua famiglia con il Papato avrebbero portato a qualcosa di molto brutto, ma non osava immaginare che cosa.

«Ottomila uomini sono pronti ad obbedire ai suoi ordini» disse Ascanio con voce irremovibile, «il suo scopo è il Vaticano, arrivare dritto a Clemente VII, e non risparmierà niente e nessuno.»

Vittoria rimase senza parole, abbassò lo sguardo. Lei non c'entrava niente, tutto ciò che sarebbe successo non era dipeso da lei, non poteva neanche provare a dissuadere suo fratello e, di conseguenza, suo cugino, nessuno l'avrebbe mai ascoltata, ma sapere che la sua famiglia stava preparando un assalto così terribile che sicuramente sarebbe costato la vita a molte persone non poteva non farla soffrire. L'unica cosa che le rimaneva da fare, in ogni caso, era pregare.

«Questo accadrà nella notte tra il 19 e il 20 settembre, molto prima di quella data dovete essere al sicuro a Marino» quello di Ascanio si presentava come un ordine, non come un consiglio, «vi prego di essere pronta a partire domani.»

***

L'assalto a Roma si fece e le tragedie non mancarono. Vittoria da Marino seppe solo quanto le bastava perché scoppiasse immediatamente in pianto e si rifugiasse nella sua amata preghiera. Pompeo Colonna aveva agito in modo abominevole, i suoi uomini non avevano avuto rispetto di niente e di nessuno: aveva occupato la Porta di San Giovanni in Laterano e Trastevere e si era spinto fino a Borgo Vecchio arrivando quasi fino al Vaticano. Clemente VII, spaventato e inerme, si era rifugiato tra le possenti e sicure mura di Castel Sant'Angelo, lasciando che i Colonna saccheggiassero tutto ciò che potevano. Con lui aveva agito anche un altro parente di Vittoria, Vespasiano Colonna e egli, insieme ad Ascanio e agli altri esponenti maschili della famiglia, era stato scomunicato dal Papa che, sicuramente, non avrebbe facilmente perdonato quel loro atto. La situazione, adesso, non poteva far altro che peggiorare.

Nessun Colonna era più al sicuro.

Presto arrivò una lettera di Ascanio, il messaggero si curò di recapitarla proprio nelle mani di Vittoria e l'avvertì: «Fate i bagagli, signora, e andate via di qui il prima possibile. Per la vostra vita.»
La marchesa lesse, con le lacrime agli occhi, che il Papa si accingeva ad attaccare tutti i feudi della famiglia: Marino era il più vicino a Roma e il primo che era entrato nel suo mirino.

«Dove andrete, signora?» le domandarono, ma Vittoria non aveva alcun dubbio.

«Ischia» rispose.

Uno dio per la sua bocca parlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora