I mesi che seguirono non furono molto rosei per Vittoria. La mancanza di compagnia non le aveva per niente fatto bene, aveva bisogno di qualcuno, come Michelangelo, con cui poter parlare, a cui scrivere e con cui passare un po' di tempo in tranquillità. Come se non bastasse, poi, la questione con Gian Pietro Carafa si faceva sempre più pericolosa e Vittoria ne risentiva, aveva paura e era perennemente preoccupata nonostante la sua ferma fede in Dio le dicesse che stava seguendo la strada giusta, che stava combattendo per la vera Chiesa e non doveva arrendersi. La vita in monastero era diventata sempre più pesante, Vittoria aveva completamente smesso di mangiare, era dimagrita così tanto da far seriamente preoccupare il cardinal Pole.
«Più che far del bene, offendete Dio a sottoporre il vostro corpo a così duri stenti» cercava di convincerla a desistere da quella vita inopportuna in cui si era rinchiusa, ma, nonostante Vittoria vedesse negli occhi del cardinale tutta la sua apprensione, non riusciva a cambiare.
La malattia, inevitabilmente, riapparve, prendendo forza dalla debolezza del suo corpo. La marchesa di Pescara fu costretta, a malincuore, a ritirarsi a letto, ma non bastarono né una né due settimane per guarire da quello che lei si ostinava a chiamare uno dei suoi tanti mali passeggeri. La febbre era altissima, Vittoria riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti da quanto sentiva scoppiarle la testa e più che i giorni passavano più che delle strane perdite di sangue si facevano sempre più frequenti. Il medico veniva a visitarla ogni sera e, quando usciva dalla sua stanza, scuoteva ripetutamente il capo.
«Non c'è nulla da fare per la signora marchesa» riferiva con voce dimessa.
Era una mattina di marzo quando il cardinal Pole entrò silenziosamente nella stanza di Vittoria, era abituato ormai a farlo, la osservava dormire per qualche attimo e poi cominciava a recitare il rosario nella speranza che la preghiera potesse fare ciò che le medicine non erano in grado. Sgranò gli occhi quando vide la marchesa a sedere, con la testa sostenuta dai cuscini: i suoi occhi, seppur stanchi e circondati da profonde occhiaie, non erano accecati dalla febbre, il suo volto denutrito e ossuto aveva ripreso, per quanto era possibile, un po' di colore e le sue labbra, che erano diventate di un viola livido, avevano recuperato gran parte del loro originario colore roseo.
«Le vostre preghiere hanno avuto effetto, monsignore» gli sorrise, sentire il suono così distinto della sua voce gli illuminò il viso, «e anche quelle delle sorelle.»
Stette ancora qualche attimo a guardarla, con gli occhi pieni di lacrime di gioia.
«Sia lodato il Signore!» esclamò, prima di correre a chiamare le altre monache.
***
Per quanto, nonostante, a dispetto di tutti i medici che erano ormai sicuri della sua morte, la marchesa di Pescara si fosse ripresa, il suo aspetto non era cambiato quasi per niente. Vittoria, adesso, era tornata in grado di camminare, di muoversi, sempre evitando movimenti repentini, e di ritornare a vivere una vita dignitosa.
Fu una decisione comune quella di farla tornare a Roma, nel convento di Sant'Anna de' Funari: il convento di Santa Caterina era troppo duro per una donna debole come la marchesa, Vittoria doveva tornare a condurre una vita modesta, agiata quanto bastava perché la sua salute non ci rimettesse e Roma era l'unico luogo adatto per lei.
Fu Roma, infatti, la destinazione per cui partì al più presto, arrivò al monastero di Santa Caterina e tornò ad occupare la sua solita cella, sistemata in modo più agiato di quanto fosse stata prima. Nonostante fosse più vicina a Carafa non aveva paura, non temeva l'Inquisizione e non temeva di finire nelle loro mani, la fede era sempre ciò che le dava coraggio in qualsiasi situazione. Aveva assunto una ragazza, chiamata Prudenzia, a cui si era subito molto affezionata e che la aiutava in tutto ciò di cui aveva bisogno, la accudiva come una madre e lei la trattava come una figlia.
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Uno dio per la sua bocca parla
Fiction HistoriqueVittoria è figlia di un Colonna, appartiene ad una delle famiglie più influenti di Roma ma la vita nello sfarzo non la preserva da delusioni, amarezze e sofferenza. È una fanciulla innamorata, in perenne adorazione del bellissimo marchese di Pescara...