48. Come non puoi non essere cosa bella

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Fu una bolla papale a privare Vittoria di quella pace che stava vivendo a Roma. Già nel 1531 il Papa aveva imposto, su tutti i territori appartenenti allo Stato della Chiesa, una tassa sul sale e già nel 1531 c'erano state delle proteste: la crisi e la carestia del 1539, però, portarono il Santo Padre, forse sconsideratamente, ad aumentare il prezzo da pagare. Non tutti si ribellarono, ma nemmeno tutti lasciarono correre: erano due i principali oppositori, la città di Perugia che aveva conservato fino a quel momento il privilegio di Papa Eugenio IV e la famiglia dei Colonna che invece si sorreggeva a quello di Papa Martino V. Non c'era scampo, Ascanio Colonna aveva mandato una lettera alla sorella dicendole che non aveva intenzione di cedere: lui non avrebbe mai pagato la tassa del sale, a costo di scatenare una nuova guerra.

***

Vittoria non riusciva a non pensarci, non riusciva a non pensare a suo fratello e soprattutto a ciò che quello scontro con il Papa avrebbe potuto causare a lei e alla sua vita. Non voleva spostarsi ancora, non voleva cambiare quel modo di vivere ancora, l'unica cosa che desiderava era poter restare a Roma perché ciò che stava vivendo in quei mesi l'aveva resa ancora più affezionata alla Città Santa.

«Signora marchesa, vi disturbo?»

Vittoria sorrise istintivamente nel sentire quella voce: ecco, quella era uno dei motivi per cui mai avrebbe voluto andarsene da Roma. Si alzò e andò velocemente ad aprire la porta.

«Michelangelo» esclamò quando lo vide, era felice che fosse venuto nonostante il suo umore, in quel momento, non fosse uno dei migliori: si era resa conto come, ogni volta che lui veniva a trovarla, si sentisse sempre felice. «Non mi disturbate affatto, non preoccupatevi.»

L'artista la guardò per qualche attimo con aria preoccupata.

«Dal vostro volto non si direbbe» disse, «c'è qualcosa che non va?»

Vittoria sospirò, gli fece cenno di entrare nella sua cella e chiuse la porta, si sedette sul piccolo letto attaccato al muro e gli indicò di sedersi al suo fianco. Esitò qualche attimo prima di parlare, tenendo gli occhi rivolti verso il pavimento, non sapeva da dove cominciare.

«C'è qualcosa che posso fare per voi, per il vostro turbamento?» domandò Michelangelo.

«Vi ringrazio, ma no» Vittoria scosse ripetutamente il capo, «è una cosa che nessuno è più in grado di gestire ormai.»

L'espressione di Michelangelo si fece più tesa.

«È qualcosa di importante?» chiese, Vittoria gli rispose annuendo dimessa.

«Sicuramente saprete di Perugia» sospirò lei rigirandosi le dita tra le mani, Michelangelo annuì e lei continuò, «ma forse non sapete che mio fratello, Ascanio Colonna, si è alleato con lei. Alla nostra famiglia è stato privato un importante privilegio, quello di Papa Martino V, che ci esentava dal pagare la tassa del sale al Papato. Paolo III lo ha rimosso e mio fratello non intende arrendersi: non so fino a che punto possa spingersi e sono preoccupata.»

«Per voi?» la voce di Michelangelo era tesa, inquieta, «o solo per il signor Ascanio?»

«Ciò che colpisce Ascanio colpisce anche a me» rispose alzando lo sguardo verso l'artista che la osservava con un'aria cupa e impensierita, «e il Papa è sempre stato il più grande pericolo dei Colonna.»

«Potreste essere in pericolo?» chiese Michelangelo allarmato, «vi prego, non rischiate, non deve succedervi niente.»

Vittoria si sentì colpita dal suo tono così enfatizzato, tutta quella preoccupazione da parte sua era un'ulteriore conferma di quanto l'amasse veramente. Gli prese la mano per rassicurarlo e gli sorrise.

Uno dio per la sua bocca parlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora