Milano, 1525
All'interno della stanza stava cominciando a farsi più freddo, la luce pareva calare, ma Ferdinando non capiva se erano i suoi occhi o il sole che era stato coperto dalle nuvole. Respirare, in ogni caso, si era fatto più difficile, affannoso, faticoso. Era peggiorato, ma non tutto d'un colpo: dall'ultima volta che si era sentito male Ferdinando credeva di essersi ripreso, forse aveva sottovalutato il suo male ma gli sembrava così strano che, nel giro di così poco tempo, si fosse ritrovato a letto, morente. Era qualcosa che aveva mangiato, qualcosa che aveva bevuto, ad avergli provocato questa reazione così strana? Stava male e quello che era stato poco gli interessava in quel momento. Sentiva di avere un blocco alla gola, non sapeva se aveva abbastanza forze per parlare.
«Alfonso» chiamò con un rantolo, la sua voce uscì spezzettata, riprovò ma il secondo tentativo fu ancora peggiore, «Alfonso.»
Chiuse gli occhi e cercò di respirare con calma, ma fu sopraffatto da emozioni che credeva di non possedere. Il freddo si faceva sempre più intenso, cominciò a tremare in un modo anomalo. Gli venne da piangere, non seppe neanche lui come fosse potuto succedere: non si aspettava di scoprire in sé stesso un lato così debole, eppure i suoi occhi si gonfiarono di lacrime e non oppose resistenza nel farle scendere liberamente sulle sue guance, sul suo volto solcato dalle cicatrici della guerra.
«Alfonso» chiamò, se solo avesse potuto avrebbe gridato il suo nome con tutte le sue forze.
«Sono qui, mio signore» il giovane marchese del Vasto gli si avvicinò correndo, lo guardava con un'espressione terrorizzata, gli occhi ricolmi di preoccupazione.
«Alfonso» Ferdinando cominciò a singhiozzare, «dammi la mano, Alfonso.»
Il ragazzo gliela porse, ma la sua mente era completamente focalizzata su altro, il suo tono era agitato e i suoi occhi cominciavano a farsi lucidi.
«Devo chiamare il medico» esclamò, «torno subito, non preoccupatevi, sarò qui tra un attimo con il dottore.»
«No, fermo» lo implorò Ferdinando con la sua voce spezzata che fece immobilizzare il giovane già in procinto di uscire a cercare il medico, «aspetta, ti prego.»
Alfonso ritornò velocemente al suo capezzale, gli prese la mano come gli aveva chiesto prima e lo guardò qualche attimo negli occhi.
«Non è normale che abbiate avuto questa ricaduta» continuò con la voce pervasa di paura, la sua espressione, seppur meno terrorizzata, era ricolma d'ansia, «il dottore saprà aiutarvi non dubitate.»
«Alfonso» Ferdinando prese fiato, sapeva che non si sarebbe ripreso: sapeva riconoscere la paura che lo aveva attanagliato tanto da farlo cominciare a piangere, non per il dolore ma per il terrore, l'aveva vista in tanti uomini prima di morire, adesso era il suo turno. La sua coscienza aveva preso improvvisamente il sopravvento, aveva cominciato a sentire un peso sul cuore, tutte le azioni sbagliate che aveva compiuto nella sua vita gli si stavano accumulando nella mente causandogli un rimorso e un senso di colpa che lo aveva portato a sfogarsi con il pianto. Era stato improvvisamente assalito dalla consapevolezza di aver agito male – non sempre, ma molte volte nella sua vita – di aver sempre desiderato più di quanto già avesse e di non aver avuto alcun rimorso. Non si riferiva solo al tradimento, ma a tutto: era sempre stato così avido di potere che, pur di ottenerlo, avrebbe fatto di tutto e, volendo tradire l'imperatore Carlo V, l'aveva ben dimostrato.
«Calmatevi, vi prego» gli sussurrò Alfonso apparendo lui stesso più tranquillo, doveva aver notato il panico e il vuoto negli occhi di Ferdinando, «andrà tutto bene, statene certo.»
«No, Alfonso» Ferdinando scosse appena il capo, con quelle poche forze che gli rimanevano, «Alfonso, sto morendo.»
Appena ebbe pronunciate quelle parole sentì che il peso sotto cui si sentiva schiacciato era diminuito: anche la sola consapevolezza, il solo ammettere che non era invincibile come voleva far credere, non era imperturbabile ma come tutti gli uomini, anche nell'ora della sua prossima morte, lo faceva stare meglio.
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Uno dio per la sua bocca parla
Ficção HistóricaVittoria è figlia di un Colonna, appartiene ad una delle famiglie più influenti di Roma ma la vita nello sfarzo non la preserva da delusioni, amarezze e sofferenza. È una fanciulla innamorata, in perenne adorazione del bellissimo marchese di Pescara...