36. Scrivo sol per sfogar l'interna doglia

122 19 13
                                    

I giorni che seguirono l'incontro con il Papa furono carichi di tristezza per Vittoria. Ascanio, saputo che Clemente VII le aveva categoricamente vietato di ritirarsi nel convento, cercava in ogni modo di riportarla alla sua vita abitudinaria, tentando, ancora più di prima, di persuaderla a lasciare la reclusione della propria stanza per partecipare alle feste e ai salotti che dava praticamente ogni giorno a Palazzo Colonna. Ma Vittoria era irremovibile, anzi, la sua condizione, dopo quel rifiuto, era drasticamente peggiorata, Giovanna l'aveva notato con grandissimo dispiacere e faceva di tutto per fare compagnia, per più tempo possibile, alla marchesa.

«Signora marchesa, una lettera da sua Santità!»

Giovanna entrò di corsa nella stanza, Vittoria, che sedeva al suo scrittoio, posò la penna di lato e la guardò con gli occhi che brillavano speranzosi.

«Appena ho visto il sigillo sapevo che dovevo correre a portarvela» proseguì Giovanna porgendogliela immediatamente.

Appena Vittoria l'afferrò e vide il sigillo papale e la frase di convenienza "Dilecte in Christo filie nobili mulieri Victorie Marchionissae Piscarie", non riuscì a trattenere un sorriso: per quale motivo il Papa le aveva scritto? Che avesse riflettuto sul loro colloquio e, magari, avesse cambiato idea?

La aprì, appena i suoi occhi cominciarono a leggere le prime righe si riempirono di lacrime di gioia, Giovanna, accanto a lei, la guardava altrettanto emozionata.

«Che dice?» le domandò vedendo che più Vittoria proseguiva più i suoi occhi brillavano di felicità.

La marchesa le rivolse un sorriso pieno di commozione, avrebbe voluto abbracciarla da quanto era sprizzante di gioia.

«Sua Santità ha dato ascolto alla mia ultima preghiera» le spiegò, «non potrò farmi suora ma poco importa: potrò stare nel monastero di San Silvestro in Capite e vivere come tale.»

«Quindi non ha acconsentito a farvi prendere i voti?» domandò Giovanna sollevata dalla felicità della marchesa ma comunque dispiaciuta perché non poteva adempiere completamente il suo desiderio.

«No» Vittoria scosse il capo, rileggendo le ultime righe della missiva, «Sua Santità ha ripetuto ciò che mi aveva già detto a voce, che la mia è una decisione troppo influenzata dagli ultimi eventi e che potrei pentirmene in futuro. Ha anche deliberato che non tollererà che io prenda i voti in segreto» il tono di Vittoria mutò e divenne un po' più sommesso, «ha esplicitamente fatto intendere che, se dovessimo venire scoperte, non solo io ma anche tutte le sorelle del convento saranno punite con una scomunica.»

Giovanna la guardò con un'espressione preoccupata, non aveva intenzione di farlo vero? Come ad intendere la sua domanda Vittoria scosse il capo e tornò a sorridere.

«Ma non ho alcun motivo di preoccuparmi» disse, «non ho ottenuto tutto ma una buona parte di quello che desideravo: non esporrò le sorelle del convento ad un tale rischio, vivrò come una suora ma senza voti.»

«Sono contenta per voi» la ragazza le sorrise, «adesso vi aspetta una nuova vita, Vittoria, diversa da tutto ciò a cui eravate abituata.»

***

Nei giorni che seguirono Vittoria preparò tutto per poter finalmente abbandonare Palazzo Colonna e rifugiarsi nella pace e tranquillità del convento di San Silvestro in Capite, Giovanna era sempre con lei e la aiutava a scegliere che cosa portarsi dietro e, invece, che cosa avrebbe dovuto lasciare lì.

Appena una delle domestiche le portò i nuovi abiti, Vittoria per poco non scoppiò a piangere per l'emozione. Aveva chiesto che le venissero confezionati i vestiti adatti per la sua permanenza al convento: impedendole di prendere i voti, Clemente VII le aveva anche impedito di vestirsi effettivamente come una suora e un po' le dispiaceva, ma non avrebbe comunque continuato a vivere nello sfarzo e questo era l'importante.

Uno dio per la sua bocca parlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora