30. Contra la mia salute anch'io m'affanno

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Più lo guardava più vedeva quanto era diventato bello. Non riusciva a non sentirsi orgogliosa di lui quando lo osservava cavalcare durante le cacce, allenarsi nel piazzale del castello o anche solo quando lo sentiva parlare, ormai non più come un bambino: Alfonso era cresciuto, aveva raggiunto i diciotto anni e si era fatto il ragazzo più affascinante di tutta Napoli. Più lo guardava più le sembrava di vedere Ferdinando, se all'inizio era stata solo un'impressione, adesso che era diventato adulto doveva ammettere che era uguale al cugino: nella sua testa non esistevano altro che battaglie, donne e la sua bellezza. Un po' le dispiaceva che non fosse diventato un amante delle lettere, lei aveva fatto di tutto pur di indirizzarlo allo studio ma la sua indole guerriera era stata troppo forte: le uniche volte che sapeva si dedicasse alla poesia era quando ricorreva ad essa per conquistare qualche giovane fanciulla.

«Dovete portare anche lui» Vittoria si rivolse verso suo marito che scrutava il mare con aria pensierosa: Ferdinando doveva partire di nuovo per la guerra, «sarebbe felicissimo di potervi accompagnare, non vedete quanto è ardente il suo desiderio di combattere?»

L'imperatore Massimiliano era morto, nel 1519, e la pace che aveva caratterizzato, bene o male, gli ultimi anni non era destinata a durare. Le pretese per la sua eredità erano molte, inevitabilmente era nata una lotta tra Carlo d'Asburgo, re di Spagna e di Borgogna e Francesco I, re di Francia.

«Non credo sia il caso» Ferdinando scosse il capo, «è ancora troppo giovane e non ha esperienza.»

«In qualche modo dovrà farsela, allora, non vi pare?» insisté Vittoria, «anche voi siete partito giovane, perché non volete che Alfonso venga con voi? È un marchese anche lui, proprio come lo siete voi, adesso che ha ereditato il titolo.»

Ad Alfonso, infatti, spettava la nomea di marchese del Vasto e, da quando aveva raggiunto l'età adatta, aveva ereditato completamente, senza più nessun potere da parte di Costanza d'Avalos, le terre di suo padre: era diventato pari a Ferdinando.

«Chi meglio di voi, mio signore, potrebbe avviarlo alla guerra?» continuò Vittoria imperterrita, voleva che Alfonso andasse perché sapeva che combattere era il suo più grande obiettivo, sapeva che lui voleva diventare un guerriero famoso e acclamato proprio come lo era suo cugino, «se è questo il vostro problema, Alfonso non vi sarà di alcun impedimento: farà tutto ciò che voi gli comanderete e sottosterà ad ogni vostro ordine, è così che è stato educato.»

Ferdinando le sorrise appena, non sembrava ancora convinto ma le parole di Vittoria un po' lo stavano scalfendo.

«Prima o poi dovrete introdurlo alla guerra, lo sapete» il tono di Vittoria era pacato, non voleva obbligare suo marito in nessun modo, solamente fargli capire che dandole ragione avrebbe fatto una buona scelta, «e quale momento è migliore di adesso?»

Ferdinando sospirò, si volse di nuovo verso la moglie e la guardò con un'espressione di rassegnazione.

«Va bene» concluse, «Alfonso verrà.»

Entro poco Ferdinando dovette ricredersi, Alfonso si mostrò un bravissimo combattente, molto gentile e obbediente faceva tutto ciò che gli veniva comandato senza contestare. L'unica cosa che dava un po' fastidio a Ferdinando e, a dire la verità, a tutti coloro che gli stavano intorno, era il profumo che emanava anche nel mezzo del campo di battaglia: la vanità di Alfonso non solo non gli permetteva di non vestirsi in modo elegante in qualsiasi occasione, ma neanche di evitare di coprire il suo corpo di balsami e profumi, così tanto che anche la sella del suo cavallo aveva preso a profumare quanto lui.

La campagna, però, durò poco: l'esercito non era partito che da qualche mese che una notizia sconvolse ogni azione militare.

«È morto Leone X.»

Uno dio per la sua bocca parlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora