19. Non è gran maraviglia, s'io l'amo e bramo e chiamo a tutte l'ore

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«Signora marchesa, entrate!» Sebastiano del Piombo fece un grande inchino allargando le braccia e facendo spazio alla sua ospite.

Vittoria entrò all'interno di quello che appariva come un caldo e accogliente studio privato, lasciò vagare lo sguardo per la stanza: nella parte più vicina alla finestra c'era un cavalletto e, di fronte, una comoda e elegante poltrona, si immaginò che fosse il posto dove Sebastiano l'avrebbe dipinta. Poco più in là una scrivania ripiena e ricolma di fogli, disegni, pennelli e tutto il necessario per scrivere e disegnare e in un angolo, impilate una sopra l'altra, molte tele già fissate nel loro sostegno di legno e altre ancora da sistemare.

«Non sono mai stata in uno studio di un artista» mormorò continuando a guardarsi intorno affascinata, «deve essere molto piacevole lavorare qui.»

«Signora, accomodatevi pure» rispose Sebastiano senza fare caso al complimento di lei, era già preso per la prospettiva dell'imminente opera che doveva fare: voleva compiacere al massimo la marchesa di Pescara, «avete bisogno che vi porti qualcosa?»

Vittoria gli rivolse un grande sorriso.

«Messer Sebastiano non preoccupatevi» lo rassicurò mentre si toglieva la giacca, aiutata da uno dei due servitori che l'avevano accompagnata fino alla bottega dell'artista, «non ho bisogno di niente, se non della possibilità di dare un'occhiata in giro: sono veramente affascinata dal vostro studio.»

«Certo, fate come desiderate» il pittore veneziano annuì.

La marchesa cominciò a camminare, avvicinandosi curiosa agli strumenti di lavoro che lei assolutamente non conosceva e che non aveva mai visto. Gli occhi di Vittoria. mentre osservava attentamente tutto ciò che le capitava sottomano, brillavano di gioia, bastavano anche le cose più banali come gli attrezzi di un pittore per emozionarla. Non aveva mai posato e desiderava ardentemente poter vedere come l'artista faceva a realizzare le sue opere, i suoi capolavori: voleva essere messa a conoscenza e vedere con i propri occhi tutti i vari passi e metodi di pittura. Dipingere doveva essere veramente un'arte meravigliosa, pensò.

«Quanti pennelli avete!» esclamò, avvicinando la mano alla cesta dove ne erano contenuti veramente una miriade.

Sebastiano del Piombo si avvicinò con un sorriso, ne prese un paio e glielo mostrò.

«Vedete» le illustrò porgendole un pennello chiaro e spesso, «questo è di setole dure, di maiale, e serve per dare una stesura piuttosto rudimentale del colore, assolutamente non precisa.»

Vittoria lo guardava interessata.

«Quest'altro invece» il pittore le porse un pennello più piccolo, di colore marrone scuro, «è di pelo di cavallo, criniera specialmente. È morbido, vedete, e, tagliato con una forma allungata, può essere usato per i dettagli.»

La marchesa fece qualche passo più avanti, i suoi occhi si posarono curiosi su delle boccette di vetro contenenti vari liquidi gialli, ognuno di sfumature diverse.

«E quelli?» domandò indicandole, «quelli a cosa servono?»

«È olio, mia signora» le rispose pazientemente Sebastiano, «ce ne sono di vari tipi, si aggiungono al colore per renderlo più brillante ma, ovviamente, ogni tipologia lo rende diverso: con alcuni si asciuga più velocemente, con altri meno e il dipinto è ritoccabile anche dopo un po' di tempo.»

Vittoria proseguì, fermandosi un attimo davanti alla scrivania sovraccarica di fogli.

«Posso?» si voltò verso Sebastiano che annuì con un veloce cenno del capo.

Vittoria cominciò a sfogliare delicatamente tutti gli schizzi, osservando in modo attento tutte le figure che erano state disegnate. Non le ci volle molto per notare una cosa che la turbò leggermente, più che scorreva quei disegni più che le figure rappresentate assomigliavano a ciò che lei aveva visto sulla volta della Cappella Sistina. Si insospettì un attimo, erano veramente uguali! Possibile che Sebastiano del Piombo disegnasse allo stesso modo di Michelangelo Buonarroti? Erano amici, quello sicuro, ma così tanto da avere una così evidente influenza l'uno sull'altro? Non era credibile: Vittoria non ci mise molto a capire che quei disegni non erano altro che lavoro del Buonarroti.

Uno dio per la sua bocca parlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora