It's David and Goliath, do or die
The fight is on
(Newsies, Watch What Happens)Il coraggio si nutre dell'idea almeno quanto la fiamma dell'ossigeno. È facile, immaginando per sé un destino glorioso, pensare di sfidare l'universo a mani nude; eppure quando ci si ritrova sul campo di battaglia, al cospetto di un nemico troppo grande, arriva il freddo, il cuore batte impetuoso, i dubbi si insinuano e le forze scemano. È ormai tardi per tornare indietro. La speranza vacilla, il silenzio sa di morte, e anche il cuore più valoroso freme di fronte alle seduzioni dell'autoconservazione.
Come restare fedeli fino in fondo ai propri ideali quando questi esigono un prezzo così alto?
Cosa resta quando la Paura, spietata serva dell'Oscurità, ottenebra la mente?
Un corteo di mantelli cremisi sfilava lungo la valle, come una scia di sangue che macchiasse il desolato paesaggio. Davanti a loro la Casa del Silenzio svettava minacciosa, bianca contro il grigio del cielo, più pallida della luna che ancora tardava a tramontare.
Il cuore di Jacob era immune al silenzio, la gioia vi si era infatti insediata e aveva qualcosa a cui aggrapparsi: non aveva mai davvero considerato a fondo l'idea di diventare padre, di diventarlo davvero, e ora il solo pensiero gli illuminava il cuore a tal punto che la paura nemmeno osava avvicinarglisi.
— Come l'hai scoperto? — chiese a Queenie, tenendole stretta la mano.
La vide cercare lo sguardo di Ophélie, come per chiederle il permesso di rivelare un segreto, ma fu la circense stessa ad assumersi il compito di parlare: — Gliel'ho detto io, so come capirlo. — sospirò, lisciandosi le pieghe del mantello. — Sono stata una madre, un tempo. Per appena due minuti e mezzo, i più bei due minuti e mezzo della mia vita. Poi la mia bambina è... non ce l'ha fatta. E ho rischiato tanto anch'io... lei, la mia Marguerite, era una guerriera, ha lottato dal primo all'ultimo dei suoi respiri. Oggi lo sarò anch'io, e spero che ne sarà fiera.
Calò il silenzio. Chi conosceva già la storia aveva lo sguardo basso, gli altri non sapevano cosa dire. Jacob guardò bene il volto di Ophélie, lontano dal circo, dai lustrini e dalle sue misteriose acrobazie con l'acqua, e si accorse di quanto la sua età apparisse ora molto più avanzata. Improvvisamente quella visione destò in lui il timore di perdere la sua amata e la fragile creatura che portava in grembo, e iniziò a pensare che non voleva che lei fosse lì, a rischiare la vita.
Queenie colse al volo quei pensieri e capì che in cuor suo se li era prefigurati nel momento stesso in cui gli aveva rivelato la notizia che aveva reso lei per prima tanto lieta. Forse era quello il motivo per cui aveva rimandato tanto a lungo. Non disse nulla, ma dentro di sé rivendicava il suo diritto di essere presente in quel momento. Si accarezzò il ventre: non è vero, amore, che combatteremo con tutte le nostre forze? Lì dentro dovranno proprio temerci. Pensò, immaginando che il bambino, o la bambina, potesse sentire i suoi pensieri come lei aveva sentito per tutta la vita quelli degli altri.— È ora, — annunciò Saoirse.
E l'attacco alla Casa del Silenzio ebbe inizio.Come programmato, furono Newt e Marion i primi a entrare in azione. Le finestre erano l'unico accesso possibile dall'esterno, ma le pareti della Casa del Silenzio erano così lisce da rendere impossibile arrampicarsi. Non per Marion, per lei nulla era impossibile.
— Me lo aspettavo molto più difficile — disse, ma nemmeno la sua voce solitamente così leggera e spontanea riusciva a spezzare la tensione.
Newt sfoderò la bacchetta, cercando con tutto se stesso di evitare il pensiero di quello che poteva andare storto. Così a lungo aveva pianificato quel momento insieme a Marion e ne aveva vissute così tante versioni diverse nella sua mente, che gli sembrava strano viverlo nella realtà. Lanciò un incantesimo di disillusione sulla ragazza e la guardò sbiadire davanti ai suoi occhi fino a diventare totalmente invisibile. — Tutto a posto? — le chiese. Non era certo che fosse la cosa più giusta da dire in quel momento.
Lei gli rispose sfiorandogli la manica del cappotto, e quel contatto fu così improvviso che il mago si ritrasse ben più bruscamente di quanto avrebbe voluto.
— Scusa, ti ho spaventato — disse la voce della strega, che sembrava provenire dal vento stesso.
— Nessun problema. Non per metterti ansia, ma ricorda che...
— Certo, certo, una pressione di troppo nel punto sbagliato e scatta l'allarme. — Se la cosa la rendeva nervosa, di certo non lo dava a vedere. — Sta' a vedere, dolcezza.
— Un po' difficile, ora che sei invisibile — provò a ribattere Newt, ma non sentì più la sua voce e intuì che doveva essere già andata. Era incredibilmente silenziosa. Un momento dopo, il Magizoologo vide atterrare sul terreno incolto davanti ai suoi piedi una sfera da giocoliere rossa, che avrebbe potuto facilmente essere scambiata per una mela se quello fosse stato un luogo adatto a far crescere alcun tipo di vegetazione. Era il segnale che avevano concordato; Marion era anche incredibilmente veloce.
Mise la sfera in tasca e applicò l'incantesimo di disillusione anche su se stesso.
Sapeva cosa doveva fare a quel punto, ma nella sua mente prese forma il pensiero che, se Marion non fosse riuscita ad afferrarlo al momento giusto, il che era reso particolarmente probabile dal fatto che erano entrambi invisibili, il piano sarebbe fallito o lui si sarebbe abbattuto al suolo e ridotto in poltiglia, e non riusciva a decidere quale dei due fosse lo scenario peggiore. Strinse il manico della valigetta che portava in mano e percepì pienamente quanto poco quel cuoio gli appartenesse, una sensazione che gli fece rimpiangere il familiare peso della valigia che usava di solito e che ormai si era adattata perfettamente alla sua mano. Sollevò la bacchetta e nella sua mente urlò la formula: Ascendio!
Una forza lo tirò verso l'alto, l'attrito del vento era quasi doloroso, ma non si lasciò distrarre: continuò a salire.
Arrivò all'altezza della finestra.
Continuò a salire.
Il pensiero che Marion non lo afferrasse, che lo avesse tradito, lo fece vacillare. Per quanto se ne vergognasse, in fondo al suo cuore sentiva di non fidarsi del tutto di lei. Riprese immediatamente il controllo dell'incantesimo, ma intuì che non sarebbe durato a lungo. Credeva ormai di essere troppo lontano e fuori dalla portata di qualunque essere umano, quando un'invisibile mano si serrò intorno alla sua caviglia e lo tirò verso il basso. In effetti, più che una semplice umana, Marion era un leggiadro uccello. Sentì il sollievo invaderlo mentre interrompeva gradualmente l'incantesimo e atterrava sul davanzale di una finestra.
— Sei davvero riuscita a salire fino a qui senza far scattare l'allarme... — osservò appena fu in grado di rimanere in piedi in un fragile equilibrio. — Ricordami di non averti mai come nemica
— Newt Scamander è troppo gentile per avere dei nemici — rispose lei, ancora invisibile.
— Rimarresti sorpresa di quante persone possano odiarti anche se cerchi solo di vivere la tua vita in pace.
Attraverso i vetri della finestra, parzialmente oscurati, era possibile intravedere quella che doveva essere la stanza di Saoirse. A un occhio attento non sarebbero sfuggiti piccoli segni di ribellione: il letto non rifatto perfettamente, un libro dalla copertina multicolore abbandonato sul comodino, seminascosto dietro la lampada, dei puntini disegnati su un foglio che avevano tutta l'aria di essere note musicali, persino una specie di rudimentale chitarra creata con degli elastici e la suola di una vecchia scarpa. Non c'era possibilità di errore: era la stanza giusta. Newt osservò la serratura, cercando di riportare alla mente tutti i passaggi per aprirla. Gli ingressi della Casa del Silenzio combinavano meccanismi Babbani e magici, il che rese estenuante il processo dal momento che occorreva combinare manualità e incantesimi, ma Newt sapeva come muoversi: aveva appreso dagli Asticelli anche più di quanto credesse sulle serrature. A un certo punto il Magizoologo udì uno scatto. Puntò la bacchetta verso la serratura e sussurrò: — Alohomora.
Dapprima non accadde nulla, poi, come previsto, la finestra si aprì, e i due si affrettarono a entrare.
— Ricordami di non averti mai come nemico — disse Marion, mentre si richiudevano la finestra alle spalle.
L'ambiente si fece più buio, i vetri scuri permettevano a stento il passaggio dei già pallidi raggi di sole e facevano apparire il desolato paesaggio del Devil's Dyke all'esterno ancora più cupo e distorto, rendendo assolutamente inequivocabile la leggenda che fosse stato il demonio stesso a creare quei luoghi.
Sui loro cuori gravava la pesante consapevolezza che quello era davvero il punto di non ritorno.
STAI LEGGENDO
Unitevi a me... o morite
FanficSequel di "Tu cerca di non farti investigare" Un misterioso assassino di Creature magiche si aggira indisturbato per il Mondo Magico, scivolando silenzioso nel nero della notte, e l'unico indizio è la sua firma, una "T". Nel frattempo, la ricerca di...