L'alba

44 6 5
                                    

Il sacrificio della patria nostra è consumato.
(Ugo Foscolo, Ultime Lettere di Jacopo Ortis)

Quella notte, Thunder aveva ucciso un uomo.
No, peggio: aveva ucciso un innocente.
Era quel genere di cose che Thunder faceva, adesso.
Non riusciva a spiegarsi il tremolio incontrollabile delle sue mani, non sapeva perché al solo pensiero i conati di vomito minacciassero di sfuggire al suo controllo: era scontato che prima o poi sarebbe accaduto, e lei era convinta di essere preparata ormai, quindi perché agitarsi così? Forse semplicemente non si aspettava che sarebbe accaduto così presto, così all'improvviso.
Era stato così veloce che l'enormità di quel gesto non le era stata subito chiara, anzi, forse quello che ora più la spaventava era proprio la facilità con cui lo aveva fatto.
Cercò di aggrapparsi al momento presente, a ciò che vedeva intorno a lei: si trovava in una cripta circolare immensa, che però riusciva comunque a risultare angusta, visto il gran numero di Grindelwaldiani ammantati di nero che la affollava, ostruendo la sua visuale. Il luogo era immerso in un'oscurità quasi completa, ma i pilastri che sostenevano la struttura erano coperti di specchi e riflettevano la debolissima luce proveniente da un'unica candela posta su un blocco di marmo simile a un altare che campeggiava al centro della stanza. Tutto quello che sentiva era un crogiolo di basse voci che si fondevano l'una con l'altra fino a farsi indistinguibili, ma persino i mormorii le sembrarono fin troppo simili alle grida della guerra a cui aveva appena assistito. Non importava quanto tentasse di pensare ad altro, alla fine la sua mente continuava a tornare sul campo di battaglia, continuava a riproporle l'immagine di quel momento: era solo un No-Mag, un ragazzo che aveva tentato inutilmente di ribellarsi per evitare che lei e i suoi compagni radessero al suolo la sua città e distruggessero la sua vita e quella di tutti i suoi concittadini, punendoli per la fatale colpa di non possedere sangue magico. Non è forse quello che avrebbe fatto anche lei al suo posto? Pensò che forse non avrebbe avuto tanto coraggio. Stava iniziando a capire che se Tina poteva aspirare al coraggio, Thunder poteva ambire solo all'obbedienza, un'obbedienza totale e incondizionata che avrebbe fatto meglio a raggiungere al più presto.
È temporaneo, si disse. Trova quel maledetto aggeggio per Silente e potrai tornare a casa.
Ci credeva un po' meno ogni giorno che passava, e dopo quella notte quel pensiero era diventato soltanto una rassicurante favola svuotata di senso. Ma nonostante questo non riusciva a pentirsi di essere lì.
Lo sentì, prima di vederlo: all'improvviso tutto intorno a lei si fece silenzioso. Non fu un graduale estinguersi delle voci ma un taglio netto, come se tutti i suoni provenissero da una radio invisibile che qualcuno aveva spento. Lui era presente in quel silenzio prima ancora di mostrarsi, era nelle frasi lasciate a metà, nelle espressioni eccitate e vagamente timorose che si dipinsero ovunque intorno a lei. Lo percepì nell'aria: era come attendere Dio in persona, un dio lontano da quello in cui le era stato insegnato a credere sin da bambina, oscuro e malvagio, implacabile, eppure carico di un inquietante fascino.
Grindelwald entrò scortato da due dei suoi seguaci più fedeli, uno dei quali teneva in mano uno specchio.
— Grazie. Unitevi pure ai vostri compagni. Meritate di riposare a dovere, è stata una lunga giornata.
Thunder notò che usava un tono basso ma modulato ad arte perché fosse comunque udibile da tutti. Il Mago Oscuro avanzò lentamente verso il centro della sala e si fermò davanti all'altare, attirando gli occhi di tutti su di sé. Era come se la sua stessa esistenza esercitasse su ogni sguardo un'irresistibile forza d'attrazione. Proprio in quel momento le prime luci del giorno accarezzarono incerte le vetrate colorate, come se persino il sole esitasse a entrare per il timore di interrompere quel momento. Solo una debole luce rosata, riflessa in decine di specchi, osò rischiarare la penombra. Gli occhi chiarissimi di Grindelwald sembrarono trasparenti quando si fermò e osservò le persone intorno a lui, soffermandosi a guardarle negli occhi una per una. Quando arrivò il suo turno Thunder ebbe la netta impressione che indugiasse più a lungo, e le tornò con prepotenza in mente il ricordo di quando, nella sua vita precedente, Tina aveva rischiato la vita duellando contro di lui. Si concentrò sulla sensazione della seta nera sotto le dita mentre si tormentava le maniche del lungo abito, aspettando che Grindelwald smettesse di guardarla, ma lui iniziò a parlare senza staccarle gli occhi di dosso: — Questa folle notte è infine trascorsa e il giorno si apre sulla gloria dei maghi. Eroi ed eroine di questo mondo, festeggiate il trionfo perché voi ne siete gli artefici. Ammirate questo mondo malato che frammento dopo frammento torna a vivere grazie alla vostra forza e al sacrificio dei nostri caduti. La ribellione dei Babbani di Ashford è stata un atto valoroso, ma destinato al fallimento, perché noi abbiamo finito di lasciarci schiacciare e non lasceremo che ci privino di nuovo della libertà di essere noi stessi. Il popolo magico, di cui voi siete il fiore più bello e la radice più salda, è finalmente consapevole e pronto a combattere contro i soprusi di esseri violenti e tirannici verso i loro simili prima ancora che nei nostri confronti, capaci di guerre ben peggiori di questa e di atrocità inaudite.
— Per alcuni di voi questa è stata la prima battaglia. Non abbiate paura di mostrare le vostre ansie, fare la storia rende sgomenti tutti i più grandi. Ma lasciate che vi rassicuri su questo: avete votato la vostra vita alla causa più nobile di tutte e il mondo vi ringrazierà e vi adorerà come meritate. La guerra è una barbarie, ma è l'unico mezzo che abbiamo per arrivare alla pace, una pace finalmente duratura e giusta. Dobbiamo farlo per un bene superiore a tutti noi, e se siete qui è perché amate questo mondo quanto me e vedete che da ogni vita che prendiamo si genererà nuova vita. Brindiamo al mondo che sogniamo e che siamo di un passo più vicini a ottenere.
A Grindelwald bastò agitare la bacchetta: Thunder si trovò tra le mani un calice talmente sottile e pulito da sembrare quasi trasparente, aveva l'impressione che avrebbe potuto romperlo anche solo guardandolo troppo a lungo. In pochi istanti ognuno aveva tra le mani il proprio calice, ma a parte le reclute più recenti nessuno sembrava particolarmente sorpreso, perciò Thunder capì che doveva trattarsi di una tradizione. Elfi domestici sembrarono saltare fuori dal nulla per servirli, e riempirono ogni bicchiere con un liquido rosso scuro. Thunder non aveva idea di cosa fosse, non era nemmeno sicura di volerlo sapere; l'unica sua certezza era il senso di nausea che provò. Brindò con gli altri, poi si bagnò appena le labbra, ma non ci provò nemmeno ad andare oltre, un po' per quello che la strana bevanda le ricordava, un po' perché non le piaceva l'idea di bere ciò che le offrivano le stesse persone che le avevano fatto indossare un collare che avrebbe potuto ucciderla da un momento all'altro, così le sembrò una ragionevole soluzione momentanea cedere il suo calice al Grindelwaldiano più vicino, che aveva già finito di bere dal proprio.  
Fece del suo meglio per apparire rilassata e allegra quanto gli altri per tutto il tempo, cercando con tutta se stessa di scacciare dalla sua mente le immagini della notte appena trascorsa: un padre ucciso nell'atto di piangere il figlioletto, un grazioso cottage in fiamme, il fumo che si levava verso la luna, lampi di luce verde, grida di libertà sovrastate da grida di morte. Il ragazzo a cui lei stessa aveva tolto la vita. Ma più provava a reprimerli, più quei pensieri la tormentavano.

Fu un sollievo quando i festeggiamenti terminarono e tutti si diressero verso l'esterno. Si lasciarono alle spalle il castello, sotto il quale era situata la loro base, e subito furono investiti da violente raffiche di vento. Il cielo era ancora tinto di una sbiadita tonalità di arancione che si rifletteva e si distorceva tra le onde del mare agitato. Thunder sfregò le mani tra di loro nel tentativo di tenersi al caldo, ma le dita avevano già perso sensibilità, e il suo mantello si agitava così tanto che temette che da un momento all'altro potesse strapparsi.
— Tutto bene? — chiese una giovane donna dall'accento inglese alla sua sinistra. — Thunder, giusto?
Thunder si voltò, e notò che la donna aveva un aspetto insolito: i capelli castani le ricadevano su una spalla, sciolti, increspati dal vento, così lunghi che si chiese come facesse a resistere alla tentazione di raccoglierli o tagliarli. Insieme al colorito pallido e al verde spento degli occhi, le davano un aspetto quasi spettrale. Nonostante il freddo, come se fosse immune alle basse temperature, aveva tolto il mantello e lo portava piegato su un braccio, senza curarsi del fatto che urtasse a terra.
— Vedo che la mia fama mi precede. Dove stiamo andando?
— Alla scogliera, naturalmente.
Thunder la guardò senza capire.
— Per il funerale dei caduti. Non vedremo molto, ma d'altronde ciò che più importa è la vicinanza spirituale.
— Non mancherò di rivolgere un pensiero a tutti loro.
— Magari funzionerà e bruceranno tutti all'inferno.
Thunder si sentì pietrificata, e non riusciva a decidere se fosse per il freddo o per la risposta inattesa. — Lei non sa di cosa parla, — disse, e fece del suo meglio per allontanarsi, pur non ottenendo risultati eccellenti.
Mentre cercava di farsi avanti tra la folla, ebbe l'impressione di sentire la Grindelwaldiana replicare a bassa voce: — oh, non potrei saperlo meglio.
Non ebbe nemmeno il tempo di riflettere su quello scambio, perché un attimo dopo giunsero alla scogliera e si fermarono. Tutti caddero in ginocchio, e Thunder si sentì obbligata a fare lo stesso. Cercò di sporgersi per osservare quello che succedeva davanti a sé; riuscì soltanto a intravedere i corpi e Grindelwald in piedi accanto a loro, dopodiché si ritrovò alle spalle la ragazza-spettro con cui aveva parlato poco prima, che le suggerì di abbassare la testa. Non avrebbe voluto obbedire, ma pensò che sarebbe stato meglio mantenere un basso profilo, e siccome tutti quanti sembravano essersi improvvisamente interessati all'erba sotto le loro ginocchia, decise di fare lo stesso.
Il vento le fischiava nelle orecchie, ma sentì comunque molto chiaramente la voce di Grindelwald che chiamava per nome tutti i caduti, in una lista che parve interminabile e che si concluse con una formula: — Che la morte di questi valorosi combattenti possa essere d'ispirazione per tutti noi.
— La loro morte non sarà vana, — risposero i Grindelwaldiani.
Per qualche minuto fu impossibile dire cosa stesse accadendo, né Thunder si azzardò a sollevare lo sguardo per scoprirlo.  Finché non si sentì una serie di tonfi raccapriccianti. Quando Thunder sollevò di nuovo lo sguardo, i cadaveri non c'erano più.

Unitevi a me... o moriteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora