Non tutti quelli che vagano sono persi.
-J.R.R. TolkienIl Magizoologo non sapeva che quella sera le prove non si sarebbero tenute. Nel momento in cui arrivò al tendone constatò soddisfatto che era persino in anticipo, fece per entrare, ma proprio in quel momento Owen comparve dietro di lui con la sua sedia, come se lo stesse aspettando.
— Ah, sei tornato! — disse l'anziano, sorridendo benevolo. — No, ragazzo, io non avrei fretta se fossi in te... stasera le prove non ci saranno. Stavo giusto per andare a dirlo anche agli altri
— Perché non ci saranno? È successo qualcosa?
— No... ma sta per succedere. Aspetta e vedrai!
Newt non aveva tuttavia corso invano: qualcosa stava davvero per accadere, qualcosa che nessuno, a parte Owen, avrebbe mai potuto immaginare, e forse le sorti di questa storia sarebbero cambiate di molto se Newt non fosse arrivato in tempo.Saoirse non aveva paura dei ragni. Ne aveva visti parecchi in vita sua, soprattutto quando era piccola, e nessuno le aveva mai fatto alcun male. Non erano più pericolosi degli umani, anzi, quelli che entravano dalla finestra della sua stanza nella Casa del Silenzio erano persino di compagnia, molto più di quanto non lo fosse sua sorella. Il ragno che incrociò sul suo sentiero durante quella disperata fuga fu però molto diverso dai ragni che conosceva: era più grande del palmo della sua mano ed era dotato di piccole pinze. Decisamente notevole, doveva ammetterlo. Si fermò proprio davanti a lei, ed ebbe l'impressione che la stesse studiando. Per attaccarla, forse? Eppure non appariva affatto minaccioso. Si mise in ginocchio e ricambiò lo sguardo dell'animale, incuriosita. Neppure un istante dopo credeva già che il senno l'abbandonasse: aveva sentito il ragno emettere versi simili a voce umana. Sembrava volesse parlare, senza tuttavia sapere come articolare i suoni.
— Ssssch, — sembrava dire, — Ssssseguuushhh... Sssseguuiiii m-meeee...
— Devo... devo seguirti? — chiese la ragazza mentre, incredula, spalancava gli occhi.
Il ragno prese a camminare lungo il sentiero. Saoirse pensò che, se quello era un sogno, era senz'altro uno dei più strani che avesse mai fatto, eppure si alzò e prese a seguire il ragno.
Spero che non vi sia mai capitato di ritrovarvi da un momento all'altro senza una casa dove andare, ma chiunque sia mai stato solo in un mondo ostile, in fuga e senza protezione, sa quanto possa contare anche la speranza più assurda. Saoirse si era improvvisamente accorta di quanto fosse grande il mondo, e di quanto lei fosse piccola e senza amici. Chi l'avrebbe aiutata? Come desiderava un pasto caldo! No, non si sarebbe mai pentita di aver lasciato quel luogo orribile che le stava risucchiando la vita, ma non poteva nemmeno negare la paura che provava. Nella nebbia impenetrabile che vedeva intorno a sé, di colpo quel ragno le offriva una speranza. Una speranza improbabile e quasi certamente illusoria, ma pur sempre una speranza. Fu per questo che, senza sapere dove la stesse portando, Saoirse seguì quel ragno parlante. Forse, se mai vi foste ritrovati senza una casa dove andare, come mi auguro che mai e poi mai accada, lo avreste fatto anche voi. Saoirse non sapeva dove stesse andando, non sapeva se al suo arrivo sarebbe stata accolta o uccisa, ma stava andando da qualche parte, e ai suoi occhi questo assumeva già un enorme valore. Camminò a lungo, per giorni, si nutrì di bacche e si riscaldò con il mantello cremisi, tutto ciò che le rimaneva e che le ricordava in ogni momento da cosa stava scappando. Aveva freddo, e il fatto di avere una scarpa sola non la aiutava; avrebbe dovuto recuperare l'altra prima di andarsene, ma nella frenesia del momento non ci aveva neppure provato. Le sembrava di proseguire a vuoto; fino a quel momento non aveva visto neppure una città, neanche un villaggio, solo alberi e campagne incontaminate, e all'improvviso le cose le parvero peggiorare ulteriormente: gradualmente anche gli alberi cominciarono a farsi sempre meno fitti, per poi scomparire del tutto, lasciandola in una landa desolata. La ragazza non ebbe il tempo di disperare: guardò lontano, più che poteva, e le sembrò di vedere uno sfavillio all'orizzonte. Avvicinandosi, iniziò a distinguere deboli luci colorate che adornavano il cielo scuro. La attraevano irresistibilmente, la chiamavano e lei doveva rispondere: povera ragazza, aveva dimenticato cosa fossero i colori! Aveva conservato dentro di sé la certezza di amarli, ma non ricordava cosa questo significasse. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva ammirato il giallo, il blu, il rosa... gli ultimi anni della sua vita assumevano nella sua memoria solo due colori: il bianco e il cremisi. Lentamente, quelle luci assunsero una forma: era un enorme tendone, il più grande che avesse mai visto. Rimase a fissarlo a bocca aperta, mentre nella sua mente si affollavano ricordi di quando era piccola e ogni anno, a Natale, la sua bella Dublino ospitava il circo, e lei e Maeve andavano a curiosare. Rivedere nella memoria sua sorella ridere, libera e felice di passare del tempo con lei le fece male, perché nel profondo del cuore sapeva che quella Maeve non sarebbe mai più tornata, eppure non pianse. Tornò ad avanzare con rinnovata decisione, senza perdere di vista il ragno che la portava proprio verso quelle luci.— Le prove? No, non possono saltare! Manca poco al primo spettacolo! — protestò Martha. Si fidava di Owen e sapeva che avrebbe avuto ragione anche questa volta, proprio per questo sprofondò in un senso di visibile inquietudine: nulla per lei era più importante del circo e, per estensione, della riuscita degli spettacoli. Anche tutti gli altri sembrarono preoccupati. Chase Puglio lanciò un grido e inscenò un drammatico svenimento, secondo i suoi soliti modi plateali.
— Owen, ne sei proprio sicuro? — chiese Marion, appoggiando una mano sulla spalla di Martha per tranquillizzarla.
Prima che Owen potesse rispondere, dall'esterno del padiglione giunse la voce di una ragazza: — C'è nessuno?
I circensi si scambiarono sguardi pieni di significato e Credence si alzò per andare a dire alla loro ospite che quella sera non ci sarebbero stati spettacoli. Non ce ne sarebbe stato bisogno: quella ragazza non era lì semplicemente per godersi lo spettacolo. Appena Credence ebbe sciolto il nodo che teneva legati i due lembi di stoffa che costituivano l'entrata del tendone, un ragno zampettò all'interno. Tutti a parte Newt si ritrassero e trattennero il fiato, ma nessuno urlò: ricordavano ciò che era accaduto l'ultima volta che avevano infastidito un ragno e questa volta preferirono affidarsi totalmente alla mano esperta di Newt.
— Aragog! — esclamò il Magizoologo, riconoscendolo mentre si avvicinava. Prese con gentilezza la piccola Acromantula tra le mani e si accertò che stesse bene. — Ti ho cercato ovunque, dov'eri?
— Ssnwww... Newshht... Newt... — disse il ragno, riuscendo a pronunciare il nome del Magizoologo dopo numerosi tentativi. Newt quasi si commosse fino alle lacrime: aveva parlato, il piccolo Aragog aveva imparato a parlare... ed era il suo nome che aveva pronunciato!
— Cosa? Quel ragno parlante appartiene a voi? — la ragazza, incredula, entrò nel tendone.
Un coro di commenti ed esclamazioni sorprese si levò alla vista della ragazza: portava quel mantello cremisi con le "T" ricamate che tutti loro ben conoscevano, e associavano a ricordi di morte e paura. La ragazza se ne accorse e capì immediatamente.
— Buonasera anche a voi. — disse sospirando. — Mi chiamo Saoirse, ho viaggiato a piedi senza una scarpa seguendo un ragno per giorni e sto morendo di freddo e di fame, quindi vi prego di non cacciarmi via, vi spiegherò ogni cosa —.

STAI LEGGENDO
Unitevi a me... o morite
Fiksi PenggemarSequel di "Tu cerca di non farti investigare" Un misterioso assassino di Creature magiche si aggira indisturbato per il Mondo Magico, scivolando silenzioso nel nero della notte, e l'unico indizio è la sua firma, una "T". Nel frattempo, la ricerca di...