Would you fall in love with me again
If you knew all I've done?
(Jorge Rivera-Herrans, Would you fall in love with me again)— Basta così — Gellert Grindelwald si materializzò sul campo di battaglia e ogni movimento si arrestò di colpo, come se in un battito di ciglia ogni essere vivente fosse stato sostituito da una statua di ghiaccio. John Pall smise di urlare, ma l'espressione di dolore rimase cristallizzata sul suo volto. — Thunder vince la battaglia ed è ammessa alla seconda fase. Vada a prepararsi, per favore.
Thunder, impassibile, abbassò la bacchetta e si allontanò. Ebbe solo la vaga sensazione che Emily la stesse fissando con quei suoi occhi di spettro.
Poi non sentì più nulla.Aprire gli occhi le costò uno sforzo immenso. Tutti i suoi muscoli erano paralizzati, persino respirare le provocava un dolore lancinante. Si costrinse a guardarsi intorno. La sua vista offuscata si posò su pareti di pietra, libri e tantissimi altri oggetti che non riuscì subito a identificare. Troppi colori le ferivano la vista, come se per decenni i suoi occhi non avessero guardato che nell'oscurità più totale. Tentò senza successo di rimettere insieme i cocci della sua memoria. La sua mente fu attraversata solo da impressioni fulminee: corpi pallidi e insanguinati, eserciti, spari e lampi di incantesimi, il duello. Il duello! Se l'era perso? Che ora era? Cosa era successo?
Il suo campo visivo fu invaso da un volto pallido. Emily, suggerì un angolo remoto della sua mente.
— Bevi questo.
Non ebbe la forza di protestare, riuscì a malapena a dischiudere leggermente le labbra. Si ritrovò a costringersi a ingoiare un liquido amaro e bollente, sicura che la sua lingua ustionata avrebbe impiegato settimane a riprendere sensibilità. Non fu così, al contrario, immediatamente fu invasa da una sensazione di sollievo e, sebbene i muscoli le dolessero ancora, riuscì persino a mettersi seduta. Emily faceva sul serio quando diceva di avere accesso a pozioni curative potenti. La sua mente si schiarì e riuscì a ricollegare il luogo in cui si trovava al rifugio tra gli scogli in cui aveva chiesto a Emily di aiutarla a guadagnare il posto di Prima Incantatrice. E dunque? Lo era diventata? Non ebbe bisogno di formulare la domanda a voce alta, Emily le stava già rispondendo:
— Mi dispiace... so quanto ci tenevi.
Calò il silenzio.
Dunque non ce l'ho fatta.
E adesso?
No no no no.
Cosa ho sbagliato?
Raccolse le poche forze che la pozione le aveva restituito per mormorare la domanda che più la opprimeva: — Cosa è successo?
— Quanto ricordi?
— Non lo so, io... — i ricordi continuavano a sfuggirle, ma si sforzò di trattenerne il più possibile. — abbiamo combattuto contro John Pall. Era bravo, più bravo del previsto. Gli ho detto delle cose... cosa gli ho detto? Quella cosa dello Sparaschiocco...
— Sono abbastanza sicura che fosse: "Schiocco? Ah, certo! Intende il suono che faranno le sue ossa quando le calpesterò".
— No, non l'ho detto davvero. — Emily rimase in silenzio e lei si sentì avvampare per l'imbarazzo. Avrebbe voluto sfasciare tutti gli oggetti della stanza. — quando l'ho pensata non suonava... così.
— Che altro ricordi?
— Non lo so, abbiamo attuato il piano, sei arrivata tu con il resto dell'esercito e abbiamo vinto.
— Davvero questa è l'ultima cosa che ricordi?
L'ultima? Certo, cos'altro dovrei ricordare? E poi senza preavviso risentì l'urlo agghiacciante di John Pall, rivide il suo volto contratto da un dolore impossibile da sopportare e fu invasa da tutto l'orrore della consapevolezza che era stata lei a provocare quel dolore. — Ho usato la maledizione Cruciatus. Di nuovo. E questa volta nessuno mi ha costretta a farlo. — rimase immobile a fissare le sue mani, quasi aspettandosi di vederle coperte di sangue. — Non volevo...
O forse sì?
— I No-Mag? Sono stati liberati?
— I Babbani? — Emily abbassò lo sguardo. — Non ne sono sopravvissuti molti.
— Cosa? Ci sono stati dei caduti?
Emily annuì e Thunder sentì un senso di vuoto allo stomaco, come se qualcuno all'improvviso l'avesse spinta giù dalla scogliera.
— Ma avevamo detto... — Non riuscì a completare la frase. Frammenti di ricordi si fondevano e si disgregavano continuamente nella sua mente, sentiva frasi che non riusciva a collocare nel tempo. Sentì se stessa mentre ordinava di uccidere. Cercò di trovare una motivazione per giustificare quelle parole ma non ci riuscì. Era tutta colpa sua. Voleva che non morisse nessuno e invece... era tutta colpa sua. Vedeva un'assassina che aveva il suo volto e non era lei. Come si tornava indietro da una cosa del genere? Come si ripuliva tutto quel sangue di innocenti? Ebbe la sgradevole impressione che quella non fosse l'ultima delle atrocità che aveva commesso e fu tentata di interrompere la conversazione, ma immediatamente dopo si costrinse a tornare in sé: doveva sapere.
Perché mi importa ancora? Questi pensieri non possono appartenere a me. Non più.
— Grindelwald ha annunciato di aver obliviato gli altri e di averli lasciati andare, — stava continuando Emily nel frattempo, — ma c'è chi sostiene che non sia vero. Che abbia cancellato soltanto i ricordi legati alla nostra posizione e all'organizzazione dell'esercito.
— Lasciando intatto il ricordo della magia, scommetto. Come abbiamo fatto a non pensarci? Ecco perché i No-Mag! Il piano è sempre stato quello di rompere il Codice Internazionale di Segretezza Magica e scatenare una crisi nel Mondo Magico.
Che idiota, come ho fatto a non pensarci?
— Che mi dici della seconda fase? C'è già stata?
— Sì. Hai duellato con Umbra.
— Perché non me ne ricordo?
Emily sospirò e si chiuse in un silenzio assorto, come se stesse cercando il modo giusto per rivelarle una verità complicata. All'improvviso il fischio di una teiera riempì il silenzio ed Emily sembrò accogliere con enorme sollievo quella distrazione. Versò il tè in due tazze e ne porse una a Thunder. Per un attimo le attraversò la mente il pensiero che potesse essere avvelenata ma dentro di sé sentiva un vuoto così profondo che la morte non le sembrava una prospettiva tanto diversa da quella che stava già vivendo, in più era tremendamente assetata.
— Io non so come dirtelo, — cominciò Emily, — ma so perché sei qui. So che ti sei unita a lui per combatterlo.
Le andò di traverso il tè.
Ecco, mi ha decisamente avvelenata, pensò tra i colpi di tosse.
— Chi te l'ha detto?
— Tu. Ti ho dovuto cancellare il ricordo perché il collare era diventato troppo stretto.
— Io cosa? Buon Lewis, è per questo che non mi ricordo del duello?
— Sì. Cioè, no. In un certo senso.
— Emily, te lo chiederò per l'ultima volta. Cosa è successo? — alzò la voce e istintivamente la sua mano corse alla bacchetta, ma non la trovò. Emily doveva averla presa. Pensò di essere caduta in una trappola e si maledisse per essersi fidata di quel maledetto spettro. Avrebbe voluto... avrebbe voluto...
— Va bene, va bene — Emily si ritrasse impercettibilmente. — sono stata io a cancellare anche i ricordi del duello dalla tua mente. Avevi usato davvero troppa magia oscura tutta insieme, la tua anima... ne stava risentendo. Pesantemente. La magia oscura ha delle conseguenze, Thunder, conseguenze terribili non solo per chi la subisce ma anche, forse soprattutto, per chi la pratica. La rabbia che senti in questo momento è amplificata dai rimasugli di oscurità che sono ancora dentro di te ma credimi, è solo un assaggio di quello che ti stava per succedere. Hai quasi superato il limite, c'è mancato davvero poco, e ho i miei motivi per credere che... — spalancò la bocca in cerca di aria ma continuò a parlare, anche se con un filo di voce: — che loro volessero che accadesse. Non è mai stata una competizione equa. Scommetto tutto quello che vuoi che Umbra era già d'accordo con Grindelwald. Quello del precedente Primo Incantatore non era un funerale, era...
Emily non riuscì a pronunciare l'ultima parola perché il collare si era fatto troppo stretto, ma non ce ne fu bisogno: Thunder aveva già capito. — Era un'esecuzione.
Emily cadde a terra, più pallida del solito. Con la mano che tremava si puntò la bacchetta alla tempia e ne estrasse un minuscolo filamento argentato. Si prese qualche istante per tornare a respirare. Dunque era così che si disattivavano i collari? Alterando i ricordi? E lei come faceva a saperlo?
— Vuoi davvero sapere cosa è successo durante il duello? — le chiese Emily mentre si massaggiava il collo ancora dolorante.
Thunder avrebbe preferito morire, invece si forzò ad annuire.
— Umbra era incredibilmente potente. Non riposava un attimo, i suoi incantesimi erano precisi e violenti, forse molti erano di sua invenzione perché nessuno è riuscito a identificarli. Hai rimediato così tante ferite che ci abbiamo messo due giorni a medicarle tutte.
— Ho dormito per due giorni? — stava perdendo tempo. Umbra era Primo Incantatore già da due giorni e lei se ne stava lì a sorseggiare una tazza di tè mentre piangeva la sua povera anima come se non le avesse già detto addio da tempo. Ecco dove portava la compassione.
— Sì. Umbra era forte... ma tu eri spietata. Non sembravi in te. Eri pallidissima, con gli occhi spalancati e iniettati di sangue che non sembravano vedere davvero, ti muovevi a una velocità che non poteva essere umana. — Emily esitò, ma Thunder le fece segno di continuare. — all'inizio colpivi per ferire, poi per uccidere. Lanciavi maledizioni come se fossero Wingardium Leviosa, e più ne lanciavi, più diventavi aggressiva. Di Umbra non si vedeva il volto, ma ero sicura che persino lui fosse sorpreso. Solo a quel punto ha iniziato a indietreggiare. Stavi vincendo, ma sembravi sempre più una morta. Avevi la pelle tesa sulle ossa e completamente bianca a parte dei cerchi nerissimi intorno agli occhi... per la barba di Merlino, non farmelo descrivere. Avresti vinto, ma la tua anima si sarebbe spezzata per sempre se non... se non...
— Se non cosa?
— Se Umbra non avesse contrattaccato — tagliò corto Emily.
Thunder ebbe la sensazione che le stesse nascondendo qualcosa. C'era qualcosa nella sua mente, come il ricordo di un sogno. Mani callose e graffiate, un volto lentigginoso troppo, troppo familiare.
— Ha contrattaccato come, esattamente?
— Lo sai.
Si concentrò sul ricordo di quel volto. Prendeva sempre più forma nella sua mente e lei aveva sempre più la certezza che fosse lui. Più si concentrava sull'immagine, più questa perdeva l'indefinitezza del sogno e iniziava ad acquisire i contorni del reale. Sì, ricordava: ricordava Umbra che si abbassava il cappuccio del mantello per rivelare l'ultimo volto che si sarebbe mai aspettata di vedere su quella maledetta scogliera: il volto di Newt. Ricordava i pensieri che avevano attraversato la sua mente, troppi e troppo umani per permetterle di continuare a combattere. Ricordava di aver abbassato la bacchetta per un istante, un istante che doveva essere bastato. Ma in quel momento non le importava più nemmeno di aver perso: come aveva fatto Newt ad arrivare lì? Lo aveva ferito?
— Non era lui — spiegò Emily, e a Thunder quelle parole sembrarono le più belle che avesse mai sentito in vita sua. Eppure una parte di lei era quasi (possibile?) delusa. — Non ho cancellato quel ricordo perché ho capito che era l'unica cosa in grado di salvarti.
— Perché volevi salvarmi? Sono una nemica, dovresti volermi morta.
— Non sono una tua nemica.
— Hai paura di me?
— No.
Perché, perché non aveva esitato nemmeno un momento prima di rispondere? Aveva ucciso, torturato, usato la magia in modi che per definizione erano imperdonabili. E soprattutto, era una traditrice. Si meritava di essere odiata, voleva essere odiata da tutti così non sarebbe più stata vulnerabile. Se non era diventata Prima Incantatrice era stato solo perché non era stata in grado di lasciarsi la sua vecchia vita alle spalle, ma quella storia doveva finire. Non avrebbe permesso a un'altra persona di legarsi a lei, e se Emily non aveva paura del mostro che era diventata, significava solo che doveva essere ancora più cattiva. Distrusse la tazza che aveva ancora in mano scagliandola contro la parete alle sue spalle e, sorprendendosi della sua stessa velocità, si fiondò su uno dei cocci il più appuntito, lo raccolse e glielo puntò contro.
Emily trattenne il respiro ma non indietreggiò. — Mettilo giù.
Di nuovo quella sensazione: la vista sfocata, la furia, i sensi in allerta, il vuoto dentro di sé che chiedeva di essere colmato con la violenza. Era lei, Thunder, l'assassina, la traditrice, la torturatrice, e voleva solo continuare a versare sangue finché il suo cuore non avesse smesso di fare male.
Emily aveva sguainato la bacchetta: — Mettilo giù, ho detto.
— Hai paura adesso?
— Smettila. Non vedi che è la magia oscura a parlare al posto tuo?
Sì, lo vedeva bene. Ma non le importava più.
— Tina, ti prego!
— Quello non è il mio nome!
Lanciò il frammento di ceramica mirando alla testa, ma Emily fu veloce: agitò la bacchetta e la punta si fermò a un soffio dal suo occhio, sfrecciò di nuovo verso Thunder a velocità raddoppiata, si conficcò nel suo mantello e poi in una frattura nella parete di roccia, impedendole di muoversi. Thunder tentò di divincolarsi ma una stanchezza tremenda si impossessò di tutte le sue membra, che ora sembravano molto più pesanti. Emily si avvicinò. Questa volta, pensò, l'avrebbe uccisa davvero.
E invece fece di peggio: rinfoderò la bacchetta e la abbracciò.
— Tina, mi devi ascoltare — le disse con un tono incredibilmente calmo.
— Non ce la faccio.
— Ascoltami. — la strinse più forte e abbassò la voce. — Ho cancellato i tuoi ricordi, ma non posso cancellare quello che la magia oscura ha generato dentro di te. Ti sta offuscando la mente, ha creato un vuoto che forse ti porterai dietro forse per tutta la vita. Ma la violenza non lo colmerà, aumenterà soltanto la tua fame. Credimi, ci sono passata. Sei ancora molto vicina al punto di non ritorno, stai per oltrepassare quella linea, ma non l'hai ancora fatto. C'è ancora speranza per te. Puoi scegliere.
Thunder non riuscì più a resistere: pianse, e questa volta le lacrime erano vere. Aveva freddo, e sapeva che quel genere di freddo non poteva essere scaldato da una tazza di tè. Avrebbe voluto che Queenie fosse lì: lei avrebbe capito al volo cosa stava provando, avrebbe saputo immediatamente cosa dire. Ma chi voleva prendere in giro? Se anche fosse stata lì, Queenie non le avrebbe detto un bel niente perché non l'avrebbe mai perdonata. — Come faccio? Come posso semplicemente scegliere di tornare indietro dopo tutto quello che ho fatto? Come posso anche solo pensare di perdonarmi?
Emily le asciugò le lacrime, la liberò e la fece sedere.
— Parlami di qualcosa di bello. Dimmi della tua famiglia — le disse, continuando a tenerle le mani. — Dimmi tutto quello che ti passa per la testa, ti prometto che se vorrai dopo cancellerò i miei ricordi così sarà come se non avessi detto niente a nessuno.
La sua famiglia. Cosa avrebbe dovuto dirle?
Ripensò al suo ultimo ricordo di Newt, che forse non avrebbe più rivisto. L'ultimo saluto che gli aveva rivolto era stato fugace, ma era ancora stampato nella sua memoria. Riusciva ancora a vedere i suoi occhi chiusi, il suo volto rilassato. Forse sarebbe stato meglio per lui non svegliarsi affatto. Chissà che cosa stava sognando. Aveva mai sognato lei? Si era mai svegliato con il cuscino bagnato di lacrime? A lei era successo davvero troppe volte. Quante cose non si erano mai detti, quante cose non avrebbero mai più potuto dirsi.
Ripensò a Jacob, il povero Jacob che aveva dovuto rinunciare alla sua tranquilla e pacifica vita da No-Mag solo perché si era imbattuto nelle persone sbagliate e per giunta aveva avuto la disgrazia di innamorarsi. Quante volte aveva avuto la possibilità di scappare e lasciarsi il loro assurdo mondo alle spalle e invece aveva scelto di restare? Il cuore di Jacob era gentile e coraggioso, a differenza del suo. Era lui la persona che Queenie meritava. Sapeva che era egoista da parte sua, ma sperava non si dimenticasse di lei troppo in fretta: gli aveva mostrato quel cartello stradale per un motivo, ora tutto era nelle sue mani. Forse al momento giusto sarebbe stato in grado di decifrare il messaggio. Povero Jacob, non era nemmeno riuscita a salutarlo.
Ripensò a sua sorella Queenie e fu sul punto di scoppiare di nuovo in lacrime. L'aveva tradita. Le aveva fatto credere di conoscere la verità e invece le aveva nascosto gran parte del suo piano. Non l'aveva mai chiusa fuori dalla sua mente in quel modo, non c'erano mai stati segreti tra loro. Anche quando aveva ceduto, le aveva mostrato soltanto che sarebbe andata da Grindelwald da sola, ma era stato spaventosamente facile nasconderle cosa avrebbe fatto una volta arrivata. Immaginò il suo bel viso sconvolto e ferito: sua sorella, la sua Teenie, si era unita a Grindelwald. Perché aveva mentito anche a lei?
Era inutile nasconderlo, sapeva benissimo il perché.
Perché non sarebbe tornata.
Perché lei avrebbe sofferto meno se a morire non fosse stata Tina, ma una strega crudele che le somigliava solo vagamente. Tutti loro avrebbero sofferto meno.
Si chiedeva se avrebbero conservato almeno un ricordo bello di lei, qualcosa che potesse sopravvivere a quello che aveva fatto. Vane fantasie: quale ricordo è più forte della delusione?
— Tina, parlami. Fidati di me. — la voce di Emily per un attimo le sembrò quella di Queenie.
— Vengo da una famiglia ebraica di New York — disse, aspettandosi un qualsiasi segno di disprezzo per le sue origini. Emily non disse nulla, si limitò ad ascoltare. — I miei genitori morirono di vaiolo di drago quando ero piccola, ma mi è rimasta mia sorella Queenie, che è... era la personificazione della dolcezza. E poi c'è il suo futuro marito Jacob.
— E tu sei qui perché vuoi che tua sorella possa costruire la sua famiglia in un mondo più libero. Ma c'è qualcun altro, vero? L'uomo in cui Umbra si è trasformato. Lo scrittore.
— Lo conosci?
Emily sorrise. Le lasciò le mani e si diresse verso una delle tante pile di libri addossate alle pareti della stanza. A colpo sicuro prese un piccolo volume con la copertina rossa e glielo porse: Animali Fantastici e dove trovarli. Tina ritrasse le mani come se si fosse scottata: Newt aveva davvero trovato il modo di seguirla anche dentro a quell'inferno. Sarebbe mai riuscita a liberarsi di quel ricordo? Inspirò a fondo e da qualche parte dentro di sé trovò il coraggio per aprire il libro.
A Tina Goldstein, lesse. Le fece così male ricordare quanto era stata felice di ricevere da Newt la sua copia che dovette richiudere immediatamente il libro.
— Newt...
— Tuo marito?
— No, — disse a voce bassissima, — lui è... lui era il mio migliore amico.
— Non ti credono mai quando dici questa cosa, vero?
— No infatti, io non ci credo.
— Audrey! — Emily si voltò verso l'entrata della grotta e il suo volto parve illuminarsi. In quel momento la grossa pietra che costituiva la porta d'ingresso si stava aprendo. Entrò una strega bionda e dalla corporatura estremamente esile: poteva sembrare appena una ragazzina, finché non la si guardava in quegli occhi velati dalla profonda sofferenza di chi ha conosciuto la vita fin nei suoi anfratti più oscuri e tenta inutilmente di nasconderlo.
— Sono Audrey, — tese la mano a Thunder. — quella che si è trasformata in Emily l'altroieri. Allora? Perché ti costa tanto ammettere che sei innamorata di lui?
Dunque quella era la famosa Audrey. Emily gliene aveva parlato: un portento con le pozioni, era stata in grado di preparare una Polisucco in tempi record e senza farsi scoprire. Durante la battaglia contro John Pall aveva assunto le sembianze di Emily e aveva assistito dagli spalti, per far credere a tutti che la comandante in seconda non sarebbe scesa in campo. Era a lei che dovevano la riuscita del piano e Thunder rimase piuttosto colpita: non si sarebbe mai immaginata che la potentissima pozionista Audrey fosse in realtà una ragazzina che a quanto pareva amava il gossip persino più di Queenie.
— Devi scusarla, — disse Emily, che sembrava fare un'enorme fatica per trattenersi dal sorridere. — non devi rispondere se non vuoi.
— No, io... non fa niente — Thunder fece silenzio, ci pensò su: era una domanda sensata, in effetti. Perché era così terrorizzata all'idea di riconoscere quello che provava davvero? Nessuno interruppe il filo dei suoi pensieri fino a quando non parlò: — perché mi sento vulnerabile. Lui mi rende vulnerabile. C'era una parte di Tina che sarebbe stata disposta a morire senza battere ciglio per lui, ma io non posso dipendere da nessuno. È pericoloso e non voglio farlo.
Fortunatamente nessuno sottolineò l'evidenza: era già lì per morire per lui.
— Tina... — cominciò Emily.
— Thunder. Ti prego.
— Come vuoi. Thunder, quanti di noi pensi siano qui semplicemente perché credono che Grindelwald abbia un buon piano per salvare il mondo? — Emily iniziò ad annaspare in cerca di aria, ma Audrey fu rapida a sfilare quel pensiero dalla sua testa e gettarlo via. — Siamo tutti vulnerabili. La nostra vita non ci appartiene davvero. Ma se non hai qualcosa o qualcuno per cui morire, allora che senso ha combattere?
— La me di un tempo avrebbe preferito morire per un ideale, invece mi ritrovo a morire per delle persone.
— È poi così diverso?
— Non lo so. Ma vi prego, non cancellate i vostri ricordi. So che non ho alcun diritto di chiedervelo, ma... — si morse il labbro. Le costava tremendamente ammetterlo: — ho paura. Mi parlerete della mia famiglia quando l'oscurità prenderà il sopravvento?
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Unitevi a me... o morite
FanfictionSequel di "Tu cerca di non farti investigare" Un misterioso assassino di Creature magiche si aggira indisturbato per il Mondo Magico, scivolando silenzioso nel nero della notte, e l'unico indizio è la sua firma, una "T". Nel frattempo, la ricerca di...