Mele Caramellate

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I'm not scared to be seen
I make no apologies, this is me
(This is Me, The Greatest Showman)

Era consuetudine tra i circensi fermarsi ogni mattina, abbandonare qualunque attività e radunarsi per fare colazione e trascorrere qualche ora nella più completa spensieratezza. Si raccontavano storie, scherzavano, ballavano e cantavano tutti insieme prima di riprendere il loro viaggio, e nessuna giornata poteva cominciare senza quel piccolo rito. Quella mattina i nostri protagonisti si unirono al colorato gruppo di artisti in quel momento di festa, e furono accolti con una naturalezza disarmante, come se si fossero conosciuti da sempre; erano abituati ad accettare le diversità di ognuno e ad apprezzare le persone per quello che erano, senza giudicarle. Tra loro la paura del diverso e il disprezzo per chi era troppo strambo erano impensabili, chiunque poteva entrare nel loro cuore, senza distinzioni o inutili pregiudizi. Mai e poi mai avrebbero negato a qualcuno di unirsi alla loro famiglia, che fosse per un giorno o per sempre. E poi Queenie aveva preparato la colazione, e se c'era una cosa che i circensi amavano, quella era il cibo.
Tutti si dimostrarono curiosi nei loro confronti e facevano a gara per presentarsi, sembravano non vedere l'ora di conoscerli, e questo mise non poco a disagio Newt, che non era abituato a ricevere tante attenzioni e sembrava non sapere bene cosa dire e cosa fare del suo corpo.
Nel giro di qualche minuto avevano già conosciuto Marion, una strega minuta e graziosa che portava i capelli raccolti in un elegante nodo al centro della testa ed emanava un intenso profumo di lavanda, Greefoz, un uomo sulla quarantina dall'espressione innaturalmente ingenua e il sorriso all'apparenza un po' tonto, Ophélie, che aveva una lunga treccia di lucidi capelli azzurri e degli occhi chiari e magnetici che spiccavano sulla sua pelle color cioccolato, e Chase Puglio, un ragazzino dai capelli folti incredibilmente somiglianti a un cespuglio che appena li vide si lanciò nell'interpretazione di un lungo monologo che nessuno di loro riconobbe; come Martha spiegò successivamente, Chase sognava di diventare un attore, ma i suoi genitori non erano mai stati abbastanza ricchi, per questo motivo aveva deciso di optare per la soluzione più simile, ovvero il circo.
Newt non aveva mai conosciuto tante persone così diverse tra loro nella sua intera vita, e vederle radunate tutte insieme a discutere amichevolmente gli fece uno strano effetto. Credence e Martha avevano ascoltato pazientemente la loro storia ed erano stati tanto gentili a offrirsi di accompagnarli, e dopo settimane di cammino non avevano potuto assolutamente rifiutare, così Newt si ritrovò a chiedersi come sarebbe stato viaggiare con il circo fino a Londra, e decise che in effetti non poteva essere così male. Se non altro, nessuno avrebbe potuto vederli lì e c'erano meno possibilità che Grindelwald si accorgesse del loro arrivo. Perché il piano era quello, in fondo: fare meno rumore possibile.
— Newt... — il Magizoologo si voltò, emergendo di colpo dai suoi pensieri.
A chiamarlo era stata Queenie, che si era già data da fare e stava portando in giro un vassoio di mele caramellate dall'aspetto squisito. Newt sentì il suo stomaco brontolare a quella vista e ne prese una, ringraziando la strega.
— Non sarai capace di fare il tè, ma con queste ti sei superata! — disse, addentando la sua mela.
Queenie fece una smorfia nella sua direzione e andò via ridendo. Newt scosse il capo non riuscendo a trattenere un sorriso. Queenie sarebbe stata in grado di far sorridere chiunque, era uno dei suoi tanti doni. Il mago si arrampicò su una roccia, proprio di fronte al potente getto d'acqua della cascata, solo con la sua mela caramellata, e chiuse gli occhi, perdendosi nel rumore dell'acqua. Gli piaceva quel suono scrosciante, sembrava sussurrare parole in una lingua che non conosceva, e aveva un che di misterioso e musicale.
Rimase in silenzio per un po', osservando da lontano le risate e i canti del resto del gruppo. Gli avrebbe fatto piacere unirsi a loro, come di certo avevano fatto Queenie e Jacob, ma non sapeva come muoversi in quel mondo così diverso da quello solitario e silenzioso a cui era abituato. Avrebbe solo finito per fare la figura dell'idiota e chiunque avesse provato a intraprendere una conversazione con lui non avrebbe ricevuto che monosillabi in risposta. Mentre dava un altro morso alla sua mela caramellata e il sapore dolce gli riempiva la bocca, Jacob si avvicinò a lui e si sedette al suo fianco. Stava mangiando un dolce al cioccolato, e a giudicare dallo stato in cui versavano i suoi baffi, non doveva essere il primo.
— Hai di nuovo dimenticato di riordinare i tuoi calzini — disse con la bocca piena.
— Scusami. So di essere un pessimo compagno di stanza — rispose Newt, imbarazzato perché non era la prima volta che lasciava le sue cose in giro.
— Un pessimo compagno di stanza? — ripeté Jacob, quasi ridendo. — Dio, Newt, hai idea di cosa sia un pessimo compagno di stanza? Perché ci vuole ben altro per diventarlo
— Non so, l'ultimo che ho avuto è stato quando andavo ancora a scuola, e non è stato male — si giustificò il mago.
— Vi siete mai parlati? — chiese l'amico, aspettandosi già la risposta.
— Certo, ogni tanto ci scambiavamo due parole... — affermò sorprendentemente Newt.
— Davvero? Del tipo? — lo incalzò Jacob, il cui sguardo si era illuminato.
— Buongiorno e buonanotte — rispose lui.
— Già, c'era da aspettarselo... — Jacob scrollò le spalle, trattenendo un sorriso divertito. — c'è un motivo per cui non riesci a capire il funzionamento della socializzazione oppure è così e basta?
— Mi sono sempre bastate le mie Creature
— Capisco... allora devo ritenermi fortunato, dato che mi rivolgi la parola
— Sì, ma non andarlo a dire in giro... rovineresti la mia reputazione da super timido!
— Ah, siamo anche spiritosi, oggi — Newt distolse lo sguardo ed entrambi risero.
— Sai, non sono venuto qui per un corso avanzato di eremitaggio — disse Jacob dopo un po', finendo di mangiare il suo dolce. — pare che un certo Owen voglia conoscerci, non ho idea di chi sia, ma Martha ha detto che dovremmo andare a parlargli.
Newt annuì, non particolarmente entusiasta all'idea di conoscere un altro essere umano, per quanto gli piacesse la mentalità aperta dei circensi.
— Andiamo a conoscere Owen, allora!
Con queste parole, i due si alzarono e Jacob fece strada verso la tenda che gli era stata indicata, chiedendosi per quale motivo quell'uomo ci tenesse tanto a vederli.
Queenie era già lì ad attenderli. Aveva l'aria stanca, probabilmente aveva lavorato molto, ma a Jacob parve comunque meravigliosa. Lei sorrise, avendo evidentemente sentito il suo pensiero, e aspettò che i due la raggiungessero prima di parlare: — Dove eravate finiti? Non importa, Owen ci sta aspettando, andiamo! — disse, poi trascinò entrambi all'interno dell'appariscente tenda di leggeri teli rossi che ondeggiavano al vento.

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