Nothing's fair in love and war
(Fleurie, Love and War)— Non riesco a credere che si siano rifiutati. Insomma, in questo posto sono minimamente consapevoli dell'esistenza di un Mago Oscuro a piede libero che potrebbe spazzarci via tutti con una parola? — borbottava Newt, camminando a passo veloce lungo un ampio corridoio del Ministero della Magia, sulle cui pareti si succedevano innumerevoli porte di uffici. Cercò di non pensare che prima di diventare un autore a tutti gli effetti uno di quegli uffici apparteneva a lui.
Theseus sospirò e fece segno al fratello di abbassare la voce. — Non saresti così preoccupato se lì non ci fosse anche la tua amica, — disse.
Newt abbassò lo sguardo, rosso in volto e incapace di controbattere.
— Cerca di capire, — continuò Theseus, — hai presentato a una squadra di Auror già oberata di lavoro una specie di indizio di una caccia al tesoro di cui nemmeno si conosce precisamente l'obiettivo.
— L'obiettivo era trovare Grindelwald. E Tina. È ancora lì, viva, probabilmente in pericolo e tutto quello che i tuoi Auror sono stati in grado di dirmi è stato: "le tue prove non sono valide"! — Newt sembrava sul punto di piangere.
— Diamine, non è così semplice! Non puoi dichiarare guerra a un esercito come quello di Grindelwald sulla base di un pezzo di stoffa appartenuto a quella che tutti credono una traditrice e che rimanda a un messaggio in codice scritto su un cartello stradale che potrebbe condurci tutti in una bella trappola.
— Sì, ma... e se invece la mia intuizione fosse giusta? Se lei stesse davvero cercando di aiutare noi dall'interno? Se non fosse affatto una traditrice? Tutte le informazioni sul suo tradimento sono notizie di seconda mano. E se...
— Continuerò a provare — lo interruppe Theseus.
Newt sospirò e la sua espressione tornò alla solita tranquillità. — Perché lo stai facendo?
— Ti ho detto cose così brutte che sono in debito sia con te che con lei.
Newt ebbe la netta impressione che Theseus ancora non si fidasse di Tina, ma non riusciva a non essergli grato per quello che stava facendo per lui. Aprì la bocca per ringraziarlo ad alta voce, ma in quell'istante dei passi si avvicinarono. Newt sollevò lo sguardo e impiegò qualche istante a riconoscere Ercole Stallworthy. Sul volto di suo fratello vide apparire un sorriso, ma dal suo incedere incerto, quasi spaventato, percepì che l'Auror non portava buone notizie.
— Ercole! Grazie per aver preso il caso mentre ero via.
— Sì, è stato fantastico, ma...
— Ho notato alcuni dettagli interessanti che...
— Theseus.
— Sì?
Seguì un istante di silenzio.
— Muriel. Lei... è scomparsa. Le autorità Babbane sono sulle sue tracce ma non ci sono notizie.
Theseus rimase folgorato da quella notizia e Newt lo vide impietrire, ogni singolo muscolo in tensione, la mascella serrata. Sapeva benissimo cosa stava provando in quel momento, conosceva quella voglia di piangere, di credere che l'altra persona si sbagliasse, che tutto il mondo si sbagliasse, che quello fosse soltanto un enorme equivoco. E conosceva la consapevolezza, pesante sul fondo del cuore, che il peggio era realmente accaduto. Si sentì vicino al fratello, più di quanto non avrebbe mai creduto di poter essere, e a dispetto di tutti i loro trascorsi provò pietà e desiderò essere a conoscenza di un modo per aiutarlo.
Ercole lanciò un'occhiata significativa a Newt, che capì di dover dire qualcosa. Fu assalito dal panico, perché improvvisamente tutte le parole gli sembrarono sbagliate e fuori luogo, così disse solo: — Andiamo a mangiare un panino.
Ercole la trovò un'ottima idea e si offrì di coprire Theseus mentre era via. Lui avrebbe voluto protestare e ribattere che poteva benissimo tornare al lavoro, ma riuscì solo ad annuire.
Seduto a un instabile tavolino, davanti al suo panino al bacon, Theseus pianse. Sembrava impossibile, Theseus non piangeva, non lo faceva mai, lui era quello perfetto, quello razionale... Newt gli aveva visto fare troppe cose che non erano da lui in troppo poco tempo. Gli sembrava di non riconoscere più suo fratello e allo stesso tempo sentiva di poterlo finalmente, dopo un'intera vita, vedere davvero. Cosa gli stava succedendo? Cosa stava succedendo a entrambi? E soprattutto, perché ogni volta che si vedevano arrivavano notizie di persone morte o scomparse?
— Non mi scriveva più... nemmeno una lettera, capisci? Mentre ero a casa malato.
Newt rimase in silenzio ad ascoltare. Cosa stava succedendo? Davvero suo fratello si stava aprendo con lui e si stava mostrando vulnerabile di sua spontanea volontà?
— Pensavo... pensavo avesse solo bisogno di un po' di tempo per sé. Può capitare, no? A te capitava sempre. Pensavo che rispettando il suo silenzio sarebbe tornata da sola e tutto sarebbe tornato alla normalità. Se solo... è colpa mia, sarei dovuto intervenire subito.
— Non devi fartene una colpa, non potevi saperlo. — Newt cercò di consolarlo, ma si chiese quanto potessero essere credibili quelle parole dette da lui.
Theseus sembrò comunque apprezzarlo, infatti addentò il panino che non aveva ancora toccato.
— Spero che i rapitori Babbani siano più stupidi e meno pericolosi di quelli magici, — disse con la bocca piena.
A quel punto Newt sentì un'idea farsi strada nella sua mente e diventare sempre più definita. Nient'altro che una sensazione, ma per qualche motivo gli sembrò corretta, l'unica strada possibile senza tuttavia sapere perché, come se fosse stato qualcun altro a suggerirgliela.
— Forse so da dove potremmo iniziare a cercarla. — usò intenzionalmente il "noi". Theseus lo aiutava a cercare Tina, gli sembrò giusto aiutarlo a cercare Muriel. Di solito non era il primo a proporre il gioco di squadra, e soprattutto non con suo fratello, ma doveva ammettere che in quel preciso momento, seduti uno di fronte all'altro a mangiare panini, sembravano destinati a collaborare. — Ma ho bisogno che tu mi faccia un altro favore.Forza Newt, è arrivato il momento di mettere in moto le celluline grigie
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La mattina era ventilata e per questo motivo i lembi della stoffa a righe del tendone si agitavano producendo un rumore persistente al quale nessuno sembrava fare molto caso. Queenie e Jacob erano poco distanti, sedevano insieme e parlavano dello spettacolo della sera prima. Si ritrovarono a scherzare su quanto fosse improbabile per due pasticcieri di New York indossare vestiti luccicanti ed esibirsi in un circo itinerante, e risero dell'assurdità della loro vita. Inevitabilmente, la conversazione virò su Amélie e Sebastian, sul loro matrimonio imminente. Non riuscirono ad affrontare l'argomento senza che il pensiero della loro situazione attraversasse la mente di entrambi, e si guardarono in silenzio.
Jacob prese la mano di Queenie e mormorò: — Anche noi abbiamo una promessa di matrimonio in sospeso, per la cronaca. Ora sarebbe legale...
— Jacob... — disse Queenie a bassa voce, liberando la mano dalla sua stretta. — so che sei impaziente, ma non sono certa che questo sia il momento giusto.
Jacob non la prese bene. Non si aspettava una risposta del genere, non da lei. In quel momento si sentì come se lei non stesse dando al loro fidanzamento la stessa importanza che lui era sempre stato disposto a dare, e ne fu offeso.
— Pensavo lo volessi anche tu — disse, con una voce che nella sua mente era suonata molto meno dura.
Il volto di lei si indurì a sua volta: — Non ho detto che non voglio, ho detto che adesso non voglio.
— Aspetti il momento giusto? Il momento in cui le nostre vite saranno normali? Perché io non credo che lo saranno mai. Aspetti che tua sorella torni per farci da testimone?
— Avrei dovuto immaginarlo. Ti stai comportando proprio come Jim. Anche lui pretendeva da me cose che non potevo dargli.
— Non ti permettere di paragonarmi a quel...
— Oh, mi permetto eccome invece! — Queenie sentì le dita formicolarle per la rabbia. Sentì i pensieri di Jacob, capì di averlo ferito, ma non riuscì a fermarsi. Di certo non avrebbe chiesto scusa per le sue emozioni. — Perché non riesci a comprendere i miei bisogni?
— Sei tu che non comprendi me! Altrimenti ti renderesti conto che se voglio sposarti è solo perché ti amo.
— Mia sorella potrebbe morire da un momento all'altro!
— Cosa stai dicendo?
— Se ti sposassi il mio abito sarebbe nero come il mio cuore in questo momento.
E con queste parole, Queenie se ne andò. Quel pomeriggio entrambi piansero, come spesso accade dopo una discussione tra due persone che si amano profondamente. Ma come ancora più sovente accade, ciascuno di loro pensava che all'altro non importasse granché di quello che era successo, convinto di essere l'unico a soffrire. Se gli esseri umani non fossero così portati a considerare il proprio dolore di tanto superiore a quello di chiunque altro, probabilmente le persone che si amano profondamente non litigherebbero e non passerebbero interi pomeriggi in lacrime. Queenie si costrinse ad asciugare le sue lacrime solo quando iniziò a prepararsi per lo spettacolo di quella sera.
— Cosa devo fare? — domandò a bassa voce, sfiorando con le dita il suo ventre che, pensò tra sé, segretamente ospitava un piccolo prodigio: la vita.Sì, avete letto bene. No, non è un'esercitazione.
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Unitevi a me... o morite
Hayran KurguSequel di "Tu cerca di non farti investigare" Un misterioso assassino di Creature magiche si aggira indisturbato per il Mondo Magico, scivolando silenzioso nel nero della notte, e l'unico indizio è la sua firma, una "T". Nel frattempo, la ricerca di...