Sfera di cristallo

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Everything in life is like a dance with strangers
Right from the start your heart is waiting
(Fleurie, Out Of The Blue)

La tenda di Owen non era particolarmente grande, ma i veli che danzavano al vento le davano un aspetto mistico. Sembrava quasi l'ingresso di un altro mondo, un pianeta ignoto e misterioso, difficile da comprendere e per questo affascinante. Se l'intento era quello di non attirare l'attenzione, allora c'era da dire che quell'Owen aveva fatto un pessimo lavoro, perché appena si posava lo sguardo sul tessuto leggero si rimaneva ipnotizzati ed era difficile resistere all'impulso di entrare. L'interno era un po' soffocante, ovunque erano accatastate cianfrusaglie di ogni sorta e pile immense di libri dall'aspetto antico. A Queenie quasi venne il mal di testa e si ritrovò a chiedersi se fosse proprio necessario tenere tutte quelle attrezzature strambe in un posto così piccolo. Al centro della tenda, tra i bagliori rossi della luce del sole che filtrava attraverso i veli colorati, c'era un basso tavolino su cui era appoggiata una sfera di cristallo grande più o meno quanto un'arancia. Era molto semplice e di certo non particolarmente scenografica, ed era appoggiata su un piedistallo di legno inciso con strani simboli.
— Avvicinatevi! — li invitò una voce improvvisa, che li fece sobbalzare.
Queenie, Jacob e Newt si guardarono intorno, cercando di capire chi avesse parlato, e in quel momento un uomo sembrò apparire dal nulla. Non era esattamente quello che si sarebbe potuto definire un giovanotto: aveva il volto coperto da una ragnatela di rughe e i suoi capelli erano ormai completamente grigi. Portava una barba argentata che arrivava appena a sfiorare il nodo della sua coloratissima cravatta, e sul suo naso leggermente appuntito erano appoggiati degli occhiali rotondi che gli davano un'aria intelligente. Dietro le spesse lenti, degli occhi vivaci del colore del cielo notturno osservavano gli ospiti, mentre un sorriso enigmatico lasciava intendere che quell'uomo sapesse più di quanto dava a vedere. Era seduto su una sedia a dondolo tanto vecchia quanto elegante, finemente intagliata in un legno che aveva tutta l'aria di essere pregiato. La sedia era evidentemente incantata, dal momento che si muoveva da sola sospesa a qualche centimetro da terra, e sosteneva il peso dell'anziano signore senza il minimo cigolio.
— Vi chiedo scusa se non vi sono venuto incontro — disse, allungando la mano destra. — Sono Owen. Le mie gambe non sono in grado di portarmi ormai da anni e questa sedia può essere decisamente ingombrante
— Non si preoccupi, signore — Queenie fu la prima a farsi avanti, e con un sorriso smagliante strinse la mano ossuta di Owen.
— Queenie Goldstein, dico bene? Mi dispiace per tua sorella
— Sì, sono io, — rispose la strega, ignorando accuratamente l'osservazione su Tina — e loro sono...
— Newt Scamander e Jacob Kowalski, sì. Molto piacere!
— Il piacere è nostro, ma... ci conosciamo? Come ha fatto a indovinare i nostri nomi? — chiese Jacob, confuso
— Vi ho visti arrivare — Owen sfiorò la sfera di cristallo che tintinnò sotto il suo tocco. — è per questo che ho chiesto agli altri di fermarsi qui. Avevate bisogno di un passaggio
— Apprezziamo molto il suo gesto — lo ringraziò Newt, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
— Mi è piaciuto il tuo libro, figliolo — Le sue labbra si incurvarono in un sorriso. — l'hai scritto con amore, e questo traspare da ogni singola parola
— Grazie, signore — Newt aveva cominciato a mordersi il labbro nervosamente, e mentre parlava sentì le sue guance andare in fiamme.
— A volte la vita è come un tricheco arrabbiato, non trovate? — aggiunse poi l'indovino con una tranquillità disarmante. I tre si guardarono interrogativi, ma nessuno di loro sembrava in grado di interpretare quella massima. Cosa poteva mai fare un tricheco arrabbiato, perché potesse essere paragonato alla vita? Nemmeno Newt, che sapeva tutto su qualsiasi tipo di animale, riusciva a trovare un collegamento logico, ma decise che avrebbe citato Owen e la sua originale visione dei trichechi nel suo nuovo libro. Quell'eccentrico vecchietto già gli piaceva, ed era raro che avesse una buona impressione di una persona a prima vista.
— Quindi lei sa... vedere il futuro? — dopo un imbarazzante istante di silenzio, Jacob si affrettò a cambiare argomento.
— Diciamo che so interpretare le situazioni per trarne un auspicio con la massima probabilità veritiero... in altre parole sì, sono un veggente — il tono di Owen non aveva niente a che vedere con quello teatrale e pomposo che normalmente si collegherebbe a quello di un indovino. Era perfettamente pacato, sembrava considerasse la sua abilità come niente di speciale o particolarmente entusiasmante.
— Può prevedere qualcosa per noi? — chiese Queenie con garbo. Era impossibile dire se fosse veramente interessata al suo futuro o lo stesse chiedendo solo per chissà quale regola del galateo.
— Ne siete sicuri? — l'espressione di Owen si fece accigliata. — Perché non potrete cambiare quello che vi dirò, vi toccherà accettarlo e basta
— Sicurissimi — insistette Queenie, non dando troppo peso all'eventualità di scoprire qualcosa di terribile.
— D'accordo, allora. Sto per dirvi qualcosa che cambierà le sorti del vostro viaggio... — disse, e puntò lo sguardo sulla sfera di cristallo davanti a sé, che lentamente si riempiva di un fumo dall'aspetto lattiginoso. Il suo sguardo si fece distante, come se il suo spirito non si trovasse più su quella terra, e la sfera divenne di colpo scura, così nera che nulla si rifletteva sulla sua superficie. Owen rimase a fissarla per un tempo che parve interminabile, poi sbatté le palpebre e parlò:
— Ho fame —.
— Scusi tanto, non avrebbe dovuto dirci qualcosa di vitale importanza? — puntualizzò Jacob, che non riusciva proprio a capire. — senza offesa — aggiunse poi, tornando ad abbassare la voce.
— Sì, ed è esattamente quello che ho fatto — rispose Owen con un sorriso. — Ho proprio  voglia di biscotti, vi dispiacerebbe portarmene qualcuno?

Il futuro è qualcosa di molto strano. Nessuno sa davvero cosa sia, eppure tutti lo immaginano, molto spesso sbagliando. Di frequente la vita ci porta a prendere strade che non avremmo mai pensato di percorrere, esattamente come un Babbano aveva scoperto che proprio sotto il suo naso c'era un mondo completamente nuovo, un'Auror dall'animo coraggioso aveva finito per indossare il collare dei seguaci di Grindelwald, un timido Magizoologo si era unito al circo e la più dolce delle Legilimens aveva chiuso sua sorella fuori dal suo cuore. Se il destino fosse una persona, sarebbe probabilmente un bambino che ama giocare, o forse uno scrittore, che è praticamente la stessa cosa. Ciò che è certo è che questa persona sarebbe sfuggente come un fiume in piena e pochi avrebbero il privilegio di conoscerla. Se avete mai avuto la fortuna - o la sfortuna - di incontrare qualcuno in grado di scrutare oltre la sottile nebbia del presente per spiare il futuro, saprete di certo che ogni indovino che si rispetti ha una sorta di strana allergia alla specificità, e Owen, ahimè, non faceva eccezione. Ciò che ci sarebbe da dire, tuttavia, è che quella richiesta all'apparenza così strana, quei biscotti appena sfornati in quella gioiosa mattinata, avrebbero davvero cambiato il futuro di molti.

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