Combattere e morire

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ALFIERE

Credo di essere svenuto.

Apro le palpebre, tossisco e le costole fanno male.

Pochi sono i rumori rimasti nella sala del trono, o forse sono diventato sordo io dopo tutti i boati. Rinvenendo dal nero, l'ultima cosa che ricordo è Diana crollare a terra, il viso contro la polvere.

L'aria è grigia, pestilenziale. Il puzzo di morte, paura e distruzione aleggiano sopra di noi e riempiono i polmoni di chi respira ancora.

Drizzo il collo per vedere se anche Diana sia tra questi. Ma accanto a lei c'è qualcuno. Troppo vicino. E non lo conosco. Guardo da tutte le parti, di Mykah nemmeno l'ombra.

Keyos.

Lì vicino c'è Eiden steso a terra, lo riconosco per i capelli e mi sento meglio quando vedo il braccio muoversi. Mi devo alzare. Faccio forza sulla schiena percossa da dolori lancinanti, quindi mi tengo ai gradini per sostenermi. «Eiden» mormoro, la voce spezzata dalla polvere secca e dal fumo. Quell'altro mi sente e guarda Diana accanto a lui, Eiden riesce solo a muovere la testa dalla mia parte. Tossisco ancora, e quando porto la mano alla bocca, per ripulirmi, mi sporco di sangue. «Fermo» sussurro. La mia richiesta ha l'effetto opposto, e l'adepto muove il primo passo verso la principessa.

Lo faccio anche io, strascinandomi. Vuole mettere fine a tutto, così.

Faccio appello alle mie forze fisiche per andare avanti senza incespicare. «La uccidi senza onore» pronuncio, vedendo Diana stesa a terra. Il mio sguardo vaga fulmineo verso Elania. È successo. Sta succedendo.

«Non m'importa». Arriva accanto a lei, la pungola con il piede metallico dell'armatura e le braccia che erano posate sullo stomaco, cadono di fianco, pesanti.

Muovo dei passi più veloci, le ossa mi scricchiolano controvoglia, ma lui è più veloce di me e posa quel piede sulla gola di Diana.

«Devo farlo» si giustifica verso nessuno. O forse verso se stesso. Comincia a pressare, lei emette un mugolio infastidito ma non riesce a muoversi: ha perso i sensi. Devo mantenere il sangue freddo per non crollare anche io, per non fare qualcosa di stupido.

Il piede schiaccia più a fondo.

Eiden si mantiene sui gomiti, gli occhi semichiusi. «Aiutala» biascica.

Richiamo il mio potere, e un flebile soffio verde scaturisce dai solchi dei miei palmi. Si propaga lento verso l'adepto, lui non se ne rende conto, e glielo inserisco all'interno dell'armatura.

Non fa effetto. È troppo debole.

Poi il metallo comincia a piegarsi. Non sono io.

Con la coda dell'occhio vedo Eiden, un'aura di calore che lo avvolge. La manda a ondate anche a lui, se focalizzo la superficie dell'armatura vedo uno strato dorato tremolante che credo sia il potere.

La coscia libera si raggrinzisce, l'armatura sembra accartocciarsi sopra la pelle e stavolta l'adepto se ne rende conto. Trattiene il piede sulla carotide, ma emette un lamento prolungato.

Allora ne approfitto e provo a far risalire la mia morte dentro di lui.

Eiden scioglie le spalle, la schiena, fino al piede attaccato a terra, e lui è costretto a piegarsi togliendo la pressa da Diana. Mi avvicino, stringo i pugni e mando la nube nelle sue narici. Comincio a sentirmi rinvigorire.

Urla di dolore mentre Eiden lo ustiona dall'interno, lo fa ribollire nella sua stessa corazza e non riesce a respirare per colpa mia.

Non ci vuole molto finché le urla diminuiscono in dei lamenti straziati, poi nel silenzio.

Sotto le ginocchia c'è uno specchio metallico ribollente, e quando cade di faccia ci affonda dentro. L'odore di carne bruciata mi pizzica il naso, ma riesco a sopportarlo vedendo ciò che ho davanti.

«Grazie» dico a Eiden. Lui annuisce e striscia verso Diana, poggiandosi la testa sulla sua spalla.

Mi dirigo oltre loro due, da Elania. Non ho mai provato né dispiacere né sentimenti per la morte di qualcuno, e non so cosa sia questo calore stretto al cuore che scende per lo stomaco e riesce ad appesantirmi la fronte. Mi inginocchio accanto al suo corpo, toccandole i capelli. Mi dispiace.

Elania ha sofferto più di qualsiasi altra persona.

Passo la mano sulla striscia di sangue che le macchia il viso.

La lancia si muove.

La stretta salta e sussulto, accorgendomi delle lacrime agli occhi. «Elania?» Premo due dita sull'arteria del collo, dopo qualche secondo questa pulsa.

È ancora viva. «È viva!» grido, rauco. L'urlo si perde nel silenzio devastante della sala del trono, e io non posso sopportarlo. Dove sono i cortigiani? «Guaritori. Mi servono guaritori!»

Le mani mi tremano quando mi alzo con il bisogno di fare qualcosa. Esco fuori dalle porte, nei corridoi. «La regina è viva! Aiutatemi!»

Il brusio nel corridoio cessa, ma solo in pochi sono rimasti. Rientro dentro, un viso smunto sbuca fuori dalla porta che collega il passaggio. «Conte? Stavo visionando il re Jere...»

«Sei un guaritore?» ringhio. Devo salvarla. Lei deve morire, ma non posso permetterlo.

Non posso permettere che muoia un'altra volta.

No. Elania non è lei.

Elania non è mia sorella. La testa mi turbina.

Lui annuisce.

Lo prendo dal risvolto della giacca e lo tiro verso la regina, ripiegata in fin di vita. Morirà presto. «Fai qualcosa».

Le sue mani cominciano a tremare. «Non c'è molto...»

«Adesso!»

Si china su di lei, posando le mani sullo stomaco. Elania ansima più forte, il viso si contrae in una smorfia di dolore. «Posso farle circolare il sangue senza farlo uscire» fa lui, a se stesso.

Quello che voglio fare sta andando contro ogni principio che mi sono sempre imposto, contro la natura del destino. Adesso basta.

Posso provare a salvare l'insalvabile, se lo desidero.


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