Miraggi

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PEDONE

Faccio fatica a capire se sia un miraggio o se lei sia reale. Quando le prendo le mani, e conto le dieci dita, so che non può essere ancora un sogno. Sto toccando le mani di mia sorella Diana.

«Le assomigli molto» dico, dopo qualche minuto di silenzio. È ovvio che entrambi non sapremmo da dove cominciare a parlare sul serio, e mi sembra strano solo pronunciarle qualche parola. È come nascondersi sotto una coperta, il mondo si chiude attorno a noi due. Non vedo nient'altro, non penso a nient'altro.

«Non caratterialmente» è attenta a precisare. Nessuno dei due smette di guardare dritto negli occhi l'altro, come se potessero spiegare tutto al posto nostro. In effetti, lei per me è un'estranea e viceversa, ma nella realtà siamo sempre stati legati. «Tu hai lo stesso colore di capelli, siamo dei piccoli corvi» sorride, socchiudendo gli occhi quando le guance salgono.

«Ma non ho i vostri occhi» annuisco, prevedendo i suoi pensieri. Stavolta sono io a sottolineare l'assenza di due diversi colori, perché adesso non m'importa più.

Non sono difettoso, avevo solo bisogno di tempo.

«Mai visto nessuno, sei strano» inclina il collo e mi sento squadrato, però non mi vergogno. «Mi piace» afferma. «Sì, decisamente».

Incrocio le gambe a terra. «Credevo che non potessi avere magia, per questi» li indico. «A Resterea è stato...» difficile. Ma sicuramente la vita qui, per lei, dev'essere stata molto più dura. Trattengo le parole successive tra i denti, mordicchiandomi il labbro interno.

«Lo faccio anche io» dice lei, il sorriso timido. «Il tuo potere è-»

«Spaventoso».

«Meraviglioso» il viso le si apre. Pensavo di non averne, invece sono odiato da dio per questo motivo. Magari era lui, a bloccarmi, finché non mi sono ribellato. O forse ci ho creduto, in quel momento. Sento che qualcosa brucia dentro di me, eppure è flebile: se lo usassi adesso, so che non si presenterebbe. «Undici anni, e quando ci incontriamo si spacca il mondo in due e nostra madre ci isola. Ricordi molto di quando eravamo bambini?» Ecco l'inizio della domanda sospesa in aria. La ripresa del passato dove io sono rimasto incastrato e, dopo tutto questo tempo, ha deciso di prendere forma fuori dalla mia testa.

E tutto si sovrappone. Il mio passato è anche il mio presente.

«Se lo avessi avuto prima, avrei cambiato molte cose» mormoro. Le ossa mi fanno male, quando appoggio le spalle alle sbarre fredde. «Ci vorrebbe molto tempo per raccontare tutto quello che invece è successo» le rispondo. «Ma voglio farlo, perché neanche io ricordo nulla. Eravamo troppo piccoli».

«E lei ci ha separati per il suo potere» rimarca con rancore, alzandosi la manica dalla quale esce qualche goccia. «Ma guarda dove siamo adesso».

In effetti osservo meglio dove siamo, noto la lucentezza sul suo vestito stropicciato. «Sei bagnata?»

Lei ride. «Sono impulsiva, il più delle volte» risponde, grattando la nuca. «Mi sono gettata dalla finestra per venire qui» dice con un pizzico di orgoglio e imbarazzo.

È quasi divertente pensare che sarebbe potuta morire per venire da me, dopo tutto ciò che è successo. «Io per venire qui sono quasi stato ucciso».

Annuisce. Restiamo in silenzio.

«Mi dispiace» sussurra senza guardarmi. Alza le ginocchia quasi fino al petto e le tiene con le braccia. «Quello che è successo è ingiusto, vorrei dirti che andrà tutto bene, ma mentirei. Non ho idea di cosa deciderà la regina. Lei non è la madre che ricordi, spero che tu l'abbia capito».

Allargo le braccia. «Freya è morta, adesso c'è Elania, e lei è la regina, non più la moglie di Jonas. L'ho capito man mano che ci siamo avvicinati a Hosgrave».

Ma non ho capito se me ne sono fatto una ragione. Non credo.

Mi dà l'impressione che stia frenando la lingua quando gira i pollici sognante e poi arrotola una ciocca di capelli sul dito. «Come vi siete incontrati?» chiede, facendo un cenno alle altre celle. Prima di svegliarmi ho sentito Eiden e Diana parlare, so che sta bene. Perlomeno è vivo. Riesco quasi a sentire la sua mano posarmisi in cima al cuore, calmandomi.

Ma la realtà è questa. Rinchiuso nelle segrete del palazzo di mia madre in attesa del suo giudizio. Con dei poteri non voluti dal loro dio. Innamorato dello sposo di mia sorella.

«Vaelian, il tuo conte...» comincio.

«No, Jeremy». La voce di Eiden mi blocca. «Ne parleremo quando saremo fuori di qui» dice. Il suo tono sembra voler sottolineare qualcosa che non mi arriva. «Le guardie potrebbero arrivare da un momento all'altro». Non è l'unica ragione. Lo capisco, perché a Palazzo tutti potremmo puntarci le armi addosso. Forse gli vuole dire qualcosa che non so.

Quindi provo in un altro modo, un po' a disagio. «Ci siamo incontrati a Escados, dopo che siete fuggiti dal palazzo la sera prima» rispondo. «Devi stare attenta al conte» sussurro, piano, per non farmi sentire da Eiden. Potrà volergli dire qualcos'altro, ma io non posso far restare Diana allo scuro di tutto. «Non è chi credi che sia».

«Lui...» la vedo entrare in confusione. «Eiden sa chi ha fatto la spia, quella sera?»

Scuoto la testa.

Arriccia il naso, raccogliendo la gonna per alzarsi. «Mi sono stancata».

«Di cosa?»

«Di vedervi qua» dice, posando le mani sulla serratura. «Di questo».

Scatto in piedi anche io. «No. Non lo fare, non liberarci». Le afferro le mani, interrompendo il suo obiettivo. «Peggioreremmo le cose». Diana si ferma a soppesare la scelta. Sotto le mie, sento le sue mani rigide pronte a disgregare la prigione. «Non essere impulsiva, adesso».

Mi guarda, l'occhio striato di grigio è un pozzo di desideri oscuri. Rilassa le dita, così la libero, prendendo un sospiro di umidità.

«Victoria avrebbe detto la stessa cosa, quindi forse è la scelta giusta» dice. «Almeno non siamo simili in questo» fa, sorridendo tristemente. «Meglio che vada».

«Perché?»

«Non dovrei essere qui. Ci rifaremo quando sarai effettivamente un principe. Ti suona strano?» fa, appoggiando una mano sulla sbarra. Dà un colpetto e si avvia. «Vi farò uscire».

La voce sulle mura fredde, mentre esce. «Aspetterò».

I passi che salgono sugli scalini sfocano.

Sarò uno di loro, corona in testa e poteri che devo ancora imparare ad usare. Sono tutto ciò che il Sole Nero ha odiato, che tutto il popolo odia. E l'odio spezza o rivoluziona.

Tic. Tic. Tic.

È rimasto questo a riempire il silenzio, lasciandomi il vuoto delle domande non fatte. Come fumo tra le dita, inafferrabile.

Mi sembra di vivere dentro il fumo.

«Si sistemerà tutto, vedrai» dice Clara, assopendosi.


DARK CROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora