Andrà a peggiorare

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PEDONE

«Romperti una mano non mi sembra la scelta migliore» Mykah si avvicina con passi lenti nel corridoio, «in una gilda». I suoi occhi guizzano dalla porta dietro di me alle macchie di sangue.

«Mi hai seguito?» Resto con la nuca appoggiata allo stipite, seduto a terra come uno di quei poveri che qui odieranno.

«Io ho seguito il rumore. Forse avresti dovuto evitarlo» alza le spalle noncurante, lasciando la colpa del pedinamento a me. Mi sembra un pezzo d'arredamento, messo lì con i suoi vestiti larghi che riprendono i veli. Anche lui è un prolungamento di Althea. Si scosta i sottili ricci arrotolati sulla fronte, un lampo di disagio sugli occhi scuri. «Ti aiuto ad alzarti».

«E se non volessi?»

Sfarfalla interdetto per un istante. Mi chiedo se mai nessuno gli si è opposto. «Non puoi starci» replica più duro. Ordini camuffati da gentilezze.

Sbuffo una risata per la farsa e credo che punga Mykah nel profondo. È probabile che non gli piaccia sentirsi ridicolizzato dal nuovo arrivato. Appoggio i palmi a terra, un dolore risale fino al gomito ma non voglio che se ne accorga. «Mi alzo da solo» dico, facendo forza sui muscoli e rimettendomi in piedi.

«Fa' come vuoi» ribatte senza smettere di fissarmi. Credo mi voglia studiare, analizzare e capire le mie intenzioni, la mia persona, ma non voglio lasciarglielo fare e per questo devo essere un muro emotivo. Qualsiasi breccia diventerebbe l'occasione adatta per sguazzare dentro di me e non è possibile: Mykah riferirebbe tutto ad Althea, e lei non sembra una donna scrupolosa. «Ti fa male?» mi chiede, indicando la mano.

Reprimo l'impulso di nascondere il braccio dietro la schiena stringendo il pugno, il che peggiora il dolore allargando la ferita sulle nocche. Soffio aria in mezzo ai denti e ridistendo le dita.

«Direi di sì» accenna lui, ironico. Si avvicina al velo svolazzante della finestra, ne afferra un lembo e lo strappa. Il suono delle fila scucite si sente chiaro nel corridoio vuoto ma lui non sembra interessato. «Sono veli di Althea, li farà ricrescere quando se ne accorge» spiega, facendo spallucce. «Allunga la mano».

«Che vuoi?»

Mykah sbuffa, le narici allargate. «Le persone ferite sono inutili. È il tuo primo giorno. Vuoi essere già sbattuto fuori o ci tieni a incontrare tua sorella?»

La saliva diventa più amara sulla lingua, deglutisco. «Se un adepto viene ferito durante un incarico, lo ammazzate?» raggiro l'argomento sulla mia famiglia con una domanda stupida, ma non voglio davvero dargli questa soddisfazione di parlarne.

Lui scuote la testa ed evita di rispondere. Siamo due muri, quindi. Mi prende il braccio con la forza e tiene ferma la mano, avvolgendo il tessuto sulle nocche giusto per non lasciarle scoperte. «Perfetto».

Mi tasto la fasciatura con disinteresse. Niente Grazie.

Niente Prego. «Non te ne dovresti mai andare dalla sala» si volta indietro. «Soprattutto mentre Althea parla...» si appoggia al marmo della finestra. «Comunque, ti dovrei portare in un posto».

«Mi dovresti?» ricalco con una punta di fastidio nella voce. Non mi piace chi si prende confidenza già da subito.

«Sì. Nella stanza più famosa della gilda, non la conosci?» domanda quasi retorico. «Quella con la statua di Keyos».

«Siete molto religiosi».

Attende un istante. «Dovremmo esserlo tutti».

È veleno distillato in preghiere. Un'oppressione al quale nessuno ha il coraggio di dire no. Antico, radicato. Radicato così tanto che in profondità le radici si fanno fumose. Inesistenti, per me.

DARK CROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora