Non sai niente

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PEDONE

Ascolto i passi di Althea sbiadire nell'aria pesante mentre scende giù, lasciandomi solo in quest'ala delle torture. Rimane il mio respiro lento a occupare i timpani prima sotto il suo monopolio, e realizzo che è il primo momento che passo da solo: un macigno di consapevolezze vuole bussare alle mie spalle. Sento il bisogno di rimanere immobile per ancora un po' di tempo, i muscoli privati della loro volontà di tendersi per camminare, e guardare il nuovo carico che mi è stato dato.

Ma qui c'è Clara.

Chiudo gli occhi. Li riapro. Sono tutti vivi.

Attraverso a grandi passi il corridoio con nuvole di polvere che mi accarezzano la faccia e arrivo alla porta aperta della stanza immersa in una semi oscurità senza finestre. Entro strizzando gli occhi per vederci meglio finché non distinguo le due sagome al centro grazie alla poca luce che viene da fuori.

«Clara?» chiamo, avvicinandomi. Nessuna risposta.

Tossisco grattandomi la gola. Tutta la muffa che c'è potrebbe farmi smettere di respirare da un momento all'altro, quindi penso velocemente.

Afferro le estremità della sedia, inclinandola per trascinarla fuori sui due piedi di legno e spero non si spezzi. Clara emette un mugolio come se stesse per svegliarsi e il cuore comincia ad accelerarmi, forse un po' dalla felicità. Sposto la sedia fino all'uscita, tenendo in tensione tutto il corpo ancora dolorante in una parte remota che adesso mi viene difficile notare. Voglio solo liberare Clara e il principe.

«Clara? Clara?» le faccio, dandole dei colpetti sulla guancia. Le tolgo il bavaglio che le avevano ficcato in bocca con una sorta di silenziosa furia sottopelle. Scommetto che ha la bocca impastata. «Come stai?»

Gli occhi si muovono lentamente sotto le palpebre, le ciglia tremolanti. Averla qui davanti sembra confermare che ciò che sta succedendo è vero, non lo sto immaginando. Lei è qui e anche io, dopo ieri l'incidente di ieri sera. Noto che non le è rimasto nessun segno sulla pelle, come me.

«Arrivo» le dico piano anche se non mi sente. Entro di nuovo nella stanza procedendo a tentoni finché non tocco la spalla del principe. Istintivamente chiudo la mano a pugno, ritraendola. È il principe di Escados. Toccare un reale nel regno non è possibile, nessuno del popolo potrebbe mai, il che mi fa sentire quasi un fuorilegge. Riapro le mano poggiandola all'estremità e la inclino, ma questa è molto più pesante. Sembra quasi che i tendini comincino a bruciare mentre faccio forza per non lasciarlo cadere, e mi ritrovo a ridere solo al pensiero di far cadere il futuro re a terra. Stringo i denti e trattengo il respiro facendo dei passi più lunghi, la sedia strofina sul pavimento emettendo degli scricchiolii.

Arrivo al corridoio stremato e con il volto in fiamme dalla rabbia. È disumano.

***

Dopo qualche minuto il lamento di Clara forma delle parole. «Jeremy» biascica.

Scatto in piedi. «Sei sveglia». Le scosto i capelli dalla fronte e mi viene da sorridere. Un accenno di lacrima mi punge sulle palpebre, siamo qui. Siamo salvi. «Come ti senti?»

«Rotta» tossicchia, alzando il collo per scrocchiare le ossa. «Ma non così... rotta. Non sono una pappamolle come te» sussurra, aprendo gli occhi solo per pochi secondi. È stata tenuta qui per tutta la notte, a respirare muffa e polvere senza aria fresca, legata a una sedia. Deglutisco un nodo immenso fatto di ingiustizia.

«Ho pensato non fossi tu, per un secondo» le sto dietro. «Clara non può rompersi». Almeno, non come sto cedendo io; eppure quella legata a una sedia è lei. «Devo liberarvi» faccio, guardandomi in giro senza trovare niente di affilato per tagliare le corde.

«Chi è?» osserva il corpo esanime di Eiden sulla sedia mentre vado dietro di lei a toccare il nodo.

«Non sono sicuro se vuoi saperlo davvero» rispondo distratto. Sento scalpitare davanti a me e riconosco la sua impazienza. «Il principe Pyros». Un principe come me. Principe Wyllin. Apro la bocca per prendere un respiro prima di parlare, ma lei mi sovrasta.

«Cosa?» la sua voce si alza più di un bofonchio. «Jeremy, dove siamo?»

Allento il nodo tirando la corda tanto forte da farmi bruciare i polpastrelli. Se avessi avuto delle unghie come Clara, sicuramente si sarebbero spezzate. Ma a me non crescono da troppi anni a furia di mangiucchiarle. Mi lascio cadere per terra, seduto. «Alla Gilda dei Veli. Althea dice di avervi provato, mettendovi qui dentro».

«Provato? E tu perché sei fuori?» dice, roteando il collo per guardarmi con la coda dell'occhio.

Mi muovo a disagio spostando il peso da un palmo all'altro. «Forse» comincio. «Forse la mia prova è questa. Io...» tento di mettermi in bocca quelle parole che ha pronunciato Althea, ma la mia lingua si rifiuta di tradurre in realtà tutto ciò. Lo stomaco si blocca. «Io non ho mai avuto i poteri, voi sì. Credo volesse farvi provare l'impotenza» argomento, trovando una scusa qualsiasi alla quale aggrapparmi per non dire la verità. Do uno strattone alla corda tirando anche il polso di Clara.

«Merda!» esclama, muovendo le dita. «Fai più piano» scuote la testa per poi riguardare il principe. «Non sento nulla. Forse anche lui».

«Dici per i poteri?»

Da dietro, vedo i capelli ondulare in un sì. «Manca qualcosa. Magari è quello che provi anche tu. Senti un vuoto?»

Smetto di smanettare la corda e non trovo le parole. Sento un vuoto da così tanto tempo che ormai quel vuoto è diventato qualcosa. Cosa sarei senza? È la mia vita, il mio passato fatto di una nebbia illusoria a essere una mancanza. «Sì» mi limito a dire, riprendendo il nodo.

Restiamo in silenzio per qualche minuto, ascoltando solo la vita sotto di noi e i nostri respiri mischiarsi all'aria pesante. «Ma abbiamo fatto un incidente o l'ho sognato?» chiede Clara riempiendo il nulla.

«Ci hanno curato prima del confine». Infilo il dito in un buco in mezzo al nodo e lo smuovo, facendolo allargare. «Prova a tirare».

Clara stringe la mano e spinge da entrambi i lati facendo scorrere la corda dentro una fessura del nodo e slacciandolo. Cade a terra come uno di quei serpenti di Althea e io mi allontano di scatto. È solo la corda.

«Grazie» dice, allungandomi il braccio. Ci sfioriamo le dita e le sorrido.

Non sai niente.

***

Liberiamo anche il principe tra un sorrisetto e l'altro di Clara. «Potremmo chiedere un riscatto» scherza, quando lo solleviamo per scendere le scale.

DARK CROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora