Insegnami

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PEDONE

Ormai il sole è stato assorbito dall'orizzonte, lasciando sprazzi rosati verso le montagne pronte a essere ridipinte dal blu notte.

«A volte mi sembra di essere un estraneo dentro un dipinto» le parole mi escono nel momento in cui le penso, non presto loro molta attenzione, tutta concentrata al di fuori della finestra.

Sento il materasso di Eiden muoversi, immagino di averlo strappato via dai suoi pensieri e ora tenta di mettere a fuoco la mia presenza. Abbiamo condiviso il silenzio per un po', troppo stanchi per andare avanti. «Messo lì per riempire i vuoti?»

Ridacchio senza far rumore, le spalle convulse sono l'unico indizio per lui che mi guarda da dietro. «Scusa» dico. «L'ho trovato divertente» mi volto, interrompendo la mia nuotata nell'aria verso il tramonto.

«No, no. Dovrei aprire un circo per intrattenere la gilda, ho capito» fa sommesso. «Magari tutti e tre saremmo un'ottima compagnia».

«Tu e Clara, sì» indico me e scuoto la testa. «Qui dentro non c'è niente che fa ridere, fallirei prima di cominciare, è un dato di fatto» faccio spallucce e spazzo via ogni tentativo di risposta. Anche se sotto sotto vorrei che continuasse a parlarmi così, senza troppi filtri, e non so perché. Il suo silenzio ora mi imbarazza, quindi aggiungo un sussurrato: «credo».

Mi fissa, si scrocchia le dita. «Tu saresti il capo della compagnia, altroché» dice infine, distogliendo lo sguardo e scattando in piedi con una fossetta scavata nella guancia. «E tu combattevi al Sole Nero?» chiede.

Se combattevo al Sole Nero. Mi tasto le tasche in cerca di qualcosa da buttare per non rimanere impalato, non trovo nulla, le dita formicolano sul mento e mi gratto metà viso. Non combattevo al Sole Nero perché non avevo, non ho i poteri. E lui non lo sa. «Passeggiavo» sputo fuori, girandomi dall'altro lato e afferrando il cambio di questa gilda. «Puoi voltarti?»

«Oh, certo» fa lui. «Quindi preferivi stare in mezzo al bosco, da solo, la notte, piuttosto che fare a botte» sottolinea un po' perplesso e divertito, noto pure una nota di presa in giro.

Mi sfilo i pantaloni e sbottono la maglia, ficcandomi più velocemente che posso la divisa di Althea con i terrificanti bottoni arancioni. «Ti ho detto che non c'è niente di divertente».

«Allora ti devo dare ragione» ammette con voce calma, accondiscendente.

Ruoto la testa per vederlo con la coda dell'occhio ancora di spalle, il che mi fa piacere. «Ce l'ho sempre».

«Anche io, pensa tu».

«Ti contraddici».

Sento le scarpe muoversi sul pavimento e so che si è voltato. Io ho finito, ma sto ancora guardando il muro sopra il letto. «Più di te?»

«Da cosa lo deduci?» piego la maglia che ho tolto solo per fare qualcosa, stirandola con le mani.

«Può essere che un giorno lo saprai» sentenzia, dubbioso. «Non dico mai le mie deduzioni. Regola di un principe, forse dovresti imparare».

Non so nulla della corte, è vero. Mi accorgo solo adesso che se dovessi entrare a Hosgrave non avrei nessuna lezione sulla loro vita all'apparenza perfetta che vengono impartite sin da piccoli. Non so i loro meccanismi, né il loro modo di approcciarmi.

Mi volto, mi basta guardare Eiden Pyros per darmi un esempio. Insidioso e amichevole, osservatore acuto, tentatore.

Una mente forgiata dalla corte.

«Insegnami».

***

Althea non si presenta alla cena. Nessun ingresso plateale, nessuna colonna portante per Mykah, messo lì in fondo alla sala seduto con Pykre.

DARK CROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora