Giù

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CAVALLO

Vago per le stanze, ogni tanto mi aggrappo alle tende e mi lascio oscillare, scivolando per sedermi a terra e ricominciare tutto per l'ennesima volta.

Vai nelle tue stanze e restaci, mi ha detto Elania quando siamo rientrati a palazzo. Da sola. E sono sola, circondata da tutta questa bellezza alla quale non presto mai tanta attenzione quando sono con Victoria. Adesso sono le statue in bassorilievo nelle mura, abbellite da colate in oro, i fiori e le colonnine a distrarmi dalla realtà: mio fratello Jeremy è rinchiuso nelle segrete del tempio insieme a Eiden e l'altra ragazza. E mentre io sono qui ad ammuffire, le cose stanno cominciando a cambiare già dalla stanza di Elania, dove Vaelian starà preparando una strategia politica per coprire tutto. Lo stanno facendo senza di me, come se non fossi abbastanza importante. Come se la mia opinione non contasse.

Mi alzo da terra e seguo con l'indice i ghirigori delle mura che si intrecciano con i quadri. Se non conto io, figuriamoci Jeremy e la sorte che gli stanno costruendo.

Il principe di Timeeria mai stato nella corte che inghiotte tutte le persone plasmate, spogliandole fino ad arrivare al nucleo che le spinge a vivere: approvazione o gloria. Io, però, non sono stata plasmata dalla corte, ma da mia madre.

E devo fare in modo che non succeda a lui. Devo battermi, non gingillare nella mia stanza seguendo degli ordini che non ho mai seguito. È Jeremy, non Mylai, la persona su cui devo contare per battermi e batterci contro la stessa ingiustizia che l'ha portato in una cella.

Prima di stancarmi.

Non mi farò soffocare dalla bellezza che Elania mi ha innalzato attorno, e ora più che mai non starò ferma ad aspettare il verdetto. Lei si è soffocata con oggetti inutili solo per non vedere il passato.

E io me lo riprenderò.

Attraverso il piccolo corridoio che separa la mia camera con il salottino e abbasso la maniglia della porta. Che non si apre. «Mi ha serrata».

Volto le spalle. Elania non mi conosce davvero, perché adesso ho bisogno di trovare un modo per fuggire dalla mia cella.

La finestra mi si spalanca davanti, lasciandomi scorrere lo sguardo su Oswyn in lontananza. La finestra. Stento a credermi.

Deglutisco la saliva che si produce sotto la lingua e mi avvicino alla vetrata. Poggio le mani sul davanzale e mi sporgo, alzandomi sulle dita dei piedi per vedere giù.

Il lago.

Il petto si riempie di chiodi pesanti.

Non devo pensare. «Lo faccio».

Mi tolgo gli orecchini e li lancio dietro di me. Scavalco prima con una gamba, salendo sullo stretto e freddo davanzale, dopo tiro su anche l'altra. Il peso mi sbilancia da una parte e sbatto la schiena sul legno che tiene il vetro, ammaccandolo. Se si spaccasse, cadrei nel giardino di schiena.

Mi esce un urlo soffocato. Non posso attirare l'attenzione. Mi calmo, stabilizzandomi. Allungo i palmi alle imposte laterali, gli spigoli si imprimono sulla pelle e sento il vento soffiarmi addosso mentre la città si staglia al di sotto.

Respiro. Mi sfilo le scarpe e le lascio cadere sul prato, sperando di non beccare qualcuno.

Il lago non è fatto di mattoni, solo acqua innocua, quindi mi costringo a porre il piede oltre il davanzale. Bene. Primo piede libero sospeso nel vuoto che sento quasi pizzicare dall'aria.

Sposto il peso sotto il ginocchio per spingermi e...

Salto.

L'aria mi scivola addosso entrandomi tempestiva nella bocca e nel naso, i polmoni si svuotano all'istante bloccandomi il petto e mi sembra di non poter respirare, la testa esplode ovattata e schiacciata contro tonnellate di materiale.

DARK CROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora