CAVALLO
L'aria nella sala del trono è gelida, il ticchettio delle unghie feline sulla sedia del potere rende nervosa la servitù, e lei ne è fiera. Quella poca luce argentea che penetra dalla finestra dove è inciso lo stemma Reale, in alto alle spalle di Elania, le dona una fredda bellezza. Il sorriso fa paura, ma non a me. Non mi impaurisce nulla di mia madre, neanche il grande serpente metallico appeso al soffitto. È stato costruito apposta per lei. Lo sguardo degli invitati viene attratto da quella macchina mortale incastonata in alto, sopra la sua testa. Sembrerebbe lo stemma - il serpente che ingoia la propria coda - ma Elania riesce a muoverlo con i poteri, fino anche a farlo strisciare sulle mura. Una volta è bastato inclinare il dito, le fauci si sono spalancate tranciando una persona ai piedi del trono.
La regina alza di scatto una mano. «Sto aspettando da ore, e l'orologio ha scoccato» il rimbombo sulle mura aumenta il tono della voce fino a trasformarlo in un urlo cupo.
Le porte si aprono ed entra l'ambasciatore. «Sua maestà» annuncia. «Lui sta ritardando».
L'impaziente ticchettio cessa. «Vorrà dire che inizieremo senza di lui. Non sto alle dipendenze di un ragazzino viziato» mi lancia uno sguardo d'intesa che scanso. Sono a pochi passi da lei e vorrei saltarle addosso e strapparle quella corona dalla testa. Insieme alla testa.
Non ho idea di chi stia aspettando e nemmeno perché ha voluto convocare tutta la corte. Funziona così, qui. Se Elania ha qualcosa in mente, non lo dice. Non deve rispondere più a nessuno, avendo eliminato la rosa dei consiglieri Timeeriani e usurpato il trono.
È per questa ragione che non mi spiego Vaelian.
«Che potrebbe dichiarare guerra solo chiedendolo al padre» dice l'uomo. Quando si rende conto di aver ribattuto sulla regina, guarda a terra e deglutisce.
Mi chiedo come faccia mia madre a sopportare la tensione che mette ai sudditi.
La osservo: si passa la mano sui fluenti capelli neri, che tiene sciolti. Non credo di averla mai vista con stravaganti acconciature, ed è strano per una regina.
«E io sono la sovrana di Timeeria» risponde atona. «Quindi? In caso di guerra manderò dei fiori...»
«Nessuno potrà mai batterci» l'ambasciatore ride forzato, mi fa pena. Si prostra in un inchino, ma sarebbe meglio che non lo facesse. Affaticato, grugnisce come un maiale.
Mia madre disprezza le oscenità. Ecco perché il suo indice disegna un lieve arco in direzione dell'uomo, increspando l'aria attorno alla sua schiena che ritorna dritta con qualche scricchiolio.
«Non farlo mai più, m'innervosisci».
«Madre, credo sia ora di andare nella sala da ballo» miagolo, oscillando sui piedi. «È scortese far aspettare la corte che hai chiamato» sottolineo.
Ora come ora, non importa più ciò che lei pensa di me. Ci odiamo a vicenda e credo che se potesse mi ucciderebbe per conservare il suo trono. Mi ha insegnato una cosa che non scorderò mai, da bambina: l'uomo è veleno per l'uomo.
Perché non dovrebbe valere per lei, che lo usa come mantra a ogni respiro?
Rivolge la sua attenzione verso di me, come se prima non mi avesse neanche notato. «Dov'è Victoria, cara? Qualche volta mi farebbe piacere vederla insieme a te».
È raro che io mi faccia vedere con qualcuno da lei, dopo tutto quello che mi ha fatto. «L'ho lasciata alle sue faccende, la vedrai a breve».
Chiude le palpebre, sembra contemplare qualcosa. Nel suo caso, immagino stia assaporando il terrore che vedrà negli occhi della sua corte. «Bene» sussurra. Si alza serpentina dal trono e scende le tre scale del piedistallo, le guardie battono le loro lance a terra e s'irrigidiscono sull'attenti. «Lasciamo che la fame si dilegui, allora».
«Non quella del popolo, immagino» mormoro senza che mi senta. Lasciamo che tutto il raccolto venga portato nei nostri banchetti, per poi gettarlo nelle fogne insieme al vomito dei ricchi.
Quando è già scesa, lo strascico di seta nera sta scivolando ancora sull'ultimo gradino, gonfiandosi quando l'aria passa da sotto. Quel turbinio di tessuto la fa apparire come un angelo caduto in disgrazia, ed è proprio questo che lei è per me. «Oh, Diana» dice mielosa, quando la raggiungo. «Stammi dietro».
«Certamente» sibilo a denti stretti.
***
Da dietro ho più possibilità di vedere l'intera scena che mi diverte.
Lungo i corridoi la servitù rimane con le ginocchia flesse e il fiato sospeso, mentre Elania si accarezza l'orecchino con sufficienza. È abituata a quell'atteggiamento, si percepisce.
Sono passati undici anni dove le conseguenze di un solo giorno hanno tessuto una rete soffocante dalla quale mia madre non è più uscita, restandoci intrappolata. Una trappola costruita da se stessa perché ha distrutto una famiglia per un'altra.
Da allora, nessuno ha capito perché l'abbia fatto e per questo hanno paura di lei. Ha trasformato la paura indossandola come pelle, usandola a suo piacimento.
C'è una cosa che si è dimenticata: il terrore insito si trasformerà in rabbia, che li renderà mostri.
Perché noi abbiamo rubato i loro poteri, e sono convinta che sia solo questione di tempo affinché lo ricordino. È un gioco durato generazioni.
Allora si rivolteranno contro di me, se mia madre non sarà già morta.
Quando per i corridoi non vedo più facce intimorite ma squali, la scena non mi diverte più.
Comincio a sentirmi soffocare.
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DARK CROWN
FantasyDiana Wyllin è destinata ad assassinare la propria madre e regina Elania per salire al trono di Timeeria. Un regno oppresso dai Reali che hanno rubato la magia al popolo ormai al limite della sopportazione. Diventare regina, però, non è il suo voler...