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CAVALLO

Victoria. Victoria. Victoria.

La freccia che lancio si attorciglia sulla corda e rischia di tornarmi indietro.

La prendo con le mani e la butto a terra. Sto per schiacciarla sotto i piedi quando una voce m'interrompe.

«Da quando si pratica il tiro con l'arco?»

«Da quando devo imparare qualcos'altro durante le mie giornate» rispondo. Rilasso i muscoli tesi per il nervosismo e prendo un bel respiro. È Eiden, con la sua inconfondibile melodiosa voce. «Parlano tutti con questa cadenza, a Escados?»

«Intendi senza i vostri toni aspri?» solleva le sopracciglia per indirizzare meglio la sua frecciatina. Io scuoto la testa per evitare di ribattere e sorrido, così gli permetto di avvicinarsi. «Pensavo mi avresti infilzato» dice.

«Se ne fossi capace, forse...» Non sarebbe l'unico che infilzerei.

«Forse» riprende, «è già tanto che non sia stato avvelenato quella sera stessa».

Quella sera. Quella sera sono stata con Victoria, prima di sfilare per la corte con Eiden. Quella sera sono stata tutto il tempo con la mia dama, finché non sono sparita dietro la tomba del tempio. Basta. La voce di Vaelian continua a rimbombarmi nel cervello.

I denti splendono nel suo volto. Riesce a illuminare tutto ciò che ha intorno e in mezzo al verde fitto del giardino, lontano dal crocevia di cortigiani, sembra immerso nel suo ambiente naturale, nonostante contrasti con i vestiti cangianti. Anche il profumo che emana si allinea con l'odore d'erba. Quando inizia a compiacersi del mio sguardo, smetto di osservarlo. «Quanto sei narcisista?» decido di essere diretta.

Accoglie la mia pugnalata che, almeno, non è alle spalle. «Quanto sei arrabbiata?» ribatte.

Parlare con lui è come giocare a palla. «Ognuno ha le sue» dico, socchiudendo gli occhi sotto il sole filtrato dalle nuvole. Odio questo tempo, perché è a metà.

«E tua madre direbbe che ognuno è l'artefice dei suoi stessi mali» ridacchia, facendo qualche passo in avanti.

Io invece rido, poggiando l'arco sulla punta del piede. «Te ne sei accorto?»

«Sarà il suo mantra, probabilmente».

«Allora è cambiato con il tempo». Ricordo che me ne aveva insegnato un altro, molto prima. Quando Jeremy era morto. Chiunque tradisce chiunque. «Ma lei è rimasta sempre uguale» borbotto.

Eiden lascia cadere il discorso. «Ho visto Jeremy, poco fa. Neanche lui mi sembrava felice del suo allenamento».

«Secondo te riuscirà a sviluppare i poteri? Perché se non ci riuscisse...» non oso continuare. Nella storia di Timeeria, mai era successo che un futuro monarca non avesse le capacità. O se è successo, le voci saranno state taciute come noi sappiamo fare.

«Jeremy potrebbe fare qualunque cosa, se solo la volesse davvero» gli si forma una fossetta nella guancia. «E anche tu» aggiunge, meno pensieroso. Hanno costruito un rapporto più profondo di quanto posso immaginare, forse simile a quello con Victoria.

«Lo conosci meglio di me» dico, rialzando l'arco. Eiden rimane in silenzio, le mani dietro la schiena. A dispetto dell'immagine che dà, non è un libro aperto. «Ma noi avremo tutto il tempo del mondo, forse».

Annuisce lento. «Ho saputo cos'hai fatto, ieri. Vaelian» mi rammenta. Ora la sua voce si fa più dura.

Qualcosa mi appesantisce. «Dovevo». Non mi va di scoprire come l'abbia saputo, perché sarebbe inutile. E sarebbe inutile anche se scoprissi i miei sentimenti dato che non ne posso avere. Infatti, sento di aver ingoiato una scatola chiusa che mi si dimena dentro. Mi dispiace per Eiden, che è stato costretto a conoscere la verità. «E avevi ragione».

«Non avrei voluto, però». Rimane un attimo di silenzio, ma Eiden non lo sopporta bene. «La tua dama è molto rigida» commenta. «Come te con l'arco».

Mi volto e metto in tensione la corda, facendola scattare insieme alla freccia. Stavolta riesce a piantarsi un po' dopo la punta dei miei piedi. Sono una frana anche in questo. «Perché sei qui?» chiedo, voltandomi per ascoltare la sua risposta proprio mentre supera la mia postazione andando a raccogliere il dardo per terra.

Fa ondeggiare la freccia per poi poggiarla sulla spalla, avvicinandosi a me. «Per insegnarti a tirare, magari» tira fuori un sorriso diverso dagli altri, più reale. Triste. «Dobbiamo aiutarci».

Comprendo ciò che anche lui deve aver realizzato: siamo due nobili reietti, rifiutati dai regni per diverse ragioni. Eiden ha dovuto abbandonare tutto ciò che aveva per raggiungermi qua, per poi perdere tutto un'altra volta. Io ho dovuto troncare ciò che avevo, e lui adesso mi ha capito. Solo che non so se c'è dell'altro, dietro quegli occhi dorati.

Mi prende i fianchi e li pone di lato rispetto al bersaglio. La sua mano scivola sul mio braccio, afferrando l'arco con la sinistra e alzandolo al mio livello. «Ci deve essere simmetria» dice. Avvolge le mie dita sulla corda, la sua mano ruvida le accompagna fino a farla toccare col mento. «Deve passare sulle labbra e poggiare sul naso» sussurra. Sento l'alito caldo sul collo, e le spalle contro il suo petto. Sto fraintendendo? «Tira».

Devo tirare. Tira.

No.

Non posso. Mi scanso dalla sua presa e lascio cadere l'arco insieme a tutte le altre frecce. «Perché sei qui?» ripeto, stringendo le labbra che fino a poco fa sfioravano le sue dita.

Si riempie di aria e la butta fuori in una volta. «Perché volevo dirti la verità».

«Verità?»

«Tutto».

Gli faccio segno di continuare, ma non so se sono davvero pronta a sentire dell'altro.

Apre la bocca. «Io a-».

«Diana! Diana!» urla Victoria. La vedo correre dietro Eiden, che si sta oscurando in volto. Mi guarda, sbatte le palpebre e si allontana, la verità con lui. «Diana» finisce Victoria, prendendo fiato. Ha un bigliettino in mano.

Muovo la lingua dentro la bocca per togliermi il sapore amaro. «Vic».

Lei lancia un'occhiata saettante dietro di sé. «Se n'è andato per colpa mia?» chiede, senza un vero rimorso. So come reagisce quando si sente in colpa: l'iride scolorisce e balbetta, come la mattina dopo quella sera in cui Eiden è fuggito. Ero andata a trovarla nelle sue stanze, lo ricordo come se fosse ieri: avevo appena parlato con Mylai. E lei non era riuscita a guardarmi, ma non sapeva niente. «Stai attenta, Victoria...» ancora una volta, Vaelian mi colpisce alle tempie con il suo sussurro.

«Che cos'è?» evito di risponderle. La mia voce risulta troppo distaccata, intricata in una rete di pensieri storti e asfissianti. Si sentiva in colpa per qualcosa che non voleva dirmi.

«Un comunicato. Stasera hai una cena con Elania e Jeremy» mi spiega, accigliandosi.

Annuisco. Non è questo a darmi fastidio: immaginavo che prima o poi sarebbe accaduto. «Va bene» dico, prendendo l'arco dall'erba. Le volte le spalle costringendola ad andarsene.

Perché l'idea che mi è venuta in mente non mi piace affatto.

Sono stata con lei tutta quella sera, tutta. Soltanto lei avrebbe potuto sapere così in fretta della mia mancanza, e ci sto pensando adesso.

Ci sto pensando solo adesso perché non è possibile. Non l'avrebbe mai fatto.

Attendo pochi secondi per sopprimere quell'impulso che mi dice di guardarla andare via, di vederla ora sotto una nuove luce che mai avrei pensato di contemplare. Ma io sono così, e non riesco a evitare di far crollare le colonne portanti della mia vita: mi volto.

E lei si volta nello stesso momento.

L'istante si paralizza nella consapevolezza dei nostri sguardi, il velo della menzogna le cade e per la prima volta non riesco a leggere l'intensità dei suoi occhi.

Victoria mi ha tradito. E Vaelian lo sapeva.

DARK CROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora