Crollare

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CAVALLO

È una cosa che ho imparato a fare: dissociarmi.

Un modo per sopravvivere, difendermi.

Ed è come se vedessi con occhi estranei, ritrovandomi nel corpo di una principessa che non sento di essere, guardando persone che nemmeno conosco scansarsi e inginocchiarsi quando io e mia madre passiamo per andare a sedere sui nostri troni nella sala da ballo. Il mio più piccolo del suo, ovviamente.

Le trombe che ci annunciano coprono il rumore dei miei pensieri, e mostro ciò che loro vogliono vedere. Simboli di gloria, potere, oscurità. Perché è questo che dobbiamo fare: mettere in luce l'oscurità. Una tecnica che Elania usa per tenere il controllo. Una tecnica che dovrò usare anche io, per colpa sua.

Che senso ha agire nel buio se gli altri non possono vedere cosa sei capace di fare?

I serpenti mangiano le loro prede in pieno giorno. La corona anche.

Quando mi siedo sul trono, Victoria mi compare a fianco e sento una parte di me essere accarezzata da una luce che riesce a mantenermi integra, riportandomi nella realtà.

Le trombe smettono di suonare e la sala rimane in silenzio, mentre mia madre scruta ogni singola testa qui dentro, sia ai margini del tappetto rosso, sia quelle affacciate dai balconcini privati sopra le colonne.

Non riesco a credere che li conosca tutti.

Appena finisce, si alza in piedi e smuove la coda dell'abito. «Benvenuti» saluta con un sorriso così caldo da ghiacciarmi. I cortigiani si drizzano. «Che inizino le danze nell'attesa per il nostro ospite» fa un cenno con la mano all'orchestra. Un secondo dopo una dolce sinfonia emette da quei pochi strumenti, e la gente ricomincia a chiacchierare.

Elania prende un calice di vino e si siede sul trono. Il liquido ondeggia all'interno del vetro. «Mischiati a loro, fatti vedere» mi dice, sorseggiando il vino. «Impara a portarli dalla tua parte» sussurra.

«Quello che non sei riuscita a fare tu» rispondo senza guardarla. Potrebbe pensare che io sia una codarda, invece lo faccio per orgoglio. O per mostrarle che posso vincere questa guerra.

Arrivo dietro una delle colonne lungo la sala dov'è nascosta Victoria. «Mhh» mugola. «È troppo» indica la marmaglia di gente che danza al cento della sala. Molti vogliono attirare l'attenzione e trovare un buon partito, altri per eccentricità.

«Non vi piace, signorina Victoria?» Damos Saerj sfila dall'opposto della colonna, colletto nero issato sulle spalle e orecchini rossi. Le porge un bicchiere cristallino che cautamente rifiuta.

Sbuffo una risata silenziosa dal naso e, dopo qualche istante di silenzio, rispondo al posto di Victoria. «Le feste sono gradevoli, Saerj» A ogni occasione, Damos della casata Saerj tenta di approcciarsi alla mia dama con risultati imbarazzanti. «Sono le persone a non piacermi».

«Eppure...»

«Eppure» riprendo, afferrando dalle sue mani il bicchiere che voleva offrire a Victoria. Lei mi lancia un'occhiatina divertita e continuo. «La principessa deve piacere, così dicono» sorseggio, reprimendo la risata che vorrei liberare.

Damos se ne accorge e inclina le labbra. «Con permesso» dice rude, oltrepassandomi.

Inarco le sopracciglia mentre deglutisco l'ultimo sorso, e quando si allontana abbastanza esplodo in una risata sommessa, Victoria con me. «Grazie» si affanna.

«Potevi rispondergli, poveretto!»

«Ma che?» esclama, alzando la scollatura del vestito che le ho regalato. Lo noto e le faccio un occhiolino, prendendola sottobraccio per passeggiare. «L'ultima volta che gli ho risposto mi ha tenuta ore in una conversazione su come sbudellare un cervo e riutilizzarne le interiora».

DARK CROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora