Parti

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PEDONE

Mi sveglio il giorno dopo con lo stomaco vuoto.

Due battiti di palpebre. La prima volta, comincio a ricordare dove sono; la seconda, tutto mi casca addosso perché realizzo le conseguenze di ciò che abbiamo fatto ieri.

Il buco nello stomaco si restringe e mi rotolo nelle coperte pregiate di un letto vuoto in una stanza troppo grande. Un appartamento, mi correggo. E Diana è sempre stata qui, sola in delle stanze lussuose. Mi sento a disagio nella mia pelle, con un suono che si fa avanti nella mia mente. Sei nelle stanze del re. Vivi qui anche tu.

Sarai re.

Affondo la testa nel cuscino e brontolo qualcosa, sia contro la luce del mattino che contro di me. Mi consola il ribrezzo di Diana verso quella corona che adesso mi appartiene. Non m'incolpa, né m'invidia, e questo mi fa stare meglio.

Decido di alzarmi dall'enorme letto, i piedi sfiorano il pavimento intiepidito dai raggi. Sbadiglio prendendo dei profondi respiri e apro la finestra per far circolare l'aria. La stanza s'illumina ancora di più e il rumore del palazzo riempie il vuoto. Quadri, statue, piante. Le pareti riflettono la luce sulla cascata di quello che a prima vista sembra oro liquido, fatto solidificare per abbellire la pittura rossa sottostante.

Mi viene da vomitare. Solo questo potrebbe arricchire il popolo per anni.

A distrarmi è una ventata di profumo proveniente dal tavolo al centro, dove adocchio della frutta e del pane in bella mostra. Afferro una mela senza pensarci troppo e, appena la mordo, il succo zuccheroso mi scivola sulle labbra e sul polso. Bussano alla porta un secondo dopo cogliendomi alla sprovvista, sussulto e la mela mi cade dalle mani con il mio disappunto. «Avanti» dico, strappando un pezzo di pane e masticandolo.

«Buongiorno, Jeremy» saluta Victoria in un inchino. Mi irrigidisco sul posto e credo se ne accorga. «Troppo presto» mormora, sottovoce.

«A te» ricambio, sorridendole. Lei è stata l'unica vicina a Diana, le sono grato. Anche se mi accorgo di provare una leggera gelosia, perché la conosce meglio di me.

Victoria sventola dei fogli che tiene in mano. «Mi sono offerta di portarteli, Diana ha pensato che avresti preferito una faccia conosciuta, ecco... Mi ha praticamente cacciata via» mi porge le pagine, faccio scorrere il dito sullo spago che le lega. «È il programma che devi affrontare» dice.

Quello che aveva detto mia madre. «È stressata?»

«Diana? Sì» fa lei, pizzicandosi il polso. Lo noto subito, e credo si senta a disagio. Sono il fratello, ma il rapporto che loro due hanno è simile a quello tra sorelle. Adesso prova gelosia.

Annuisco, sfogliando le tre pagine. «Victoria» comincio, posando il programma sul tavolo sporco di gocce di mela. «Mi sento in dovere di scusarmi per la nostra... improvvisata. So che la situazione qui era già difficile» dico, alludendo al resto. «Spero che si possa risolvere in meglio».

«Non ci sono altri modi. Diana è stata in conflitto per parecchio tempo, le è pesato» sospira, facendo vagare lo sguardo nella stanza. «Adesso è arrivata l'occasione adatta».

«Certo» rispondo. «Ma perché ieri è tornata in quel modo?»

Ha lasciato la stanza nel mezzo della discussione che lei aveva cominciato, mentre io ero ancora confuso su quanto successo. Quando è tornata, era come un tornado di rabbia e tristezza.

«Fa cose che non capirò mai» dice coincisa, scrollando le spalle. I capelli biondi si spostano dietro, evidenziando i suoi occhi colorati. «La aiuterò a riprendersi. Come sempre» soggiunge, a tono più basso. Non è una frecciatina nei miei confronti, lo leggo in lei.

«Grazie, allora».

«Dimenticavo» esclama. «Hai il tempo di sistemarti, dopodiché devi scendere subito. Tieni questa lettera, Elania ha voluto fartela recapitare perché spiega la reazione del regno dopo il torneo».

Tocco la cera già tolta. «L'hai letta anche tu?» chiedo divertito.

Victoria sposta il peso da un piede all'altro, esitando. «Sì?»

«È così brutta?»

«Niente di inimmaginabile, dopotutto. Qualcuno ha protestato nelle piazze, quelli più stupidi hanno saccheggiato delle botteghe, servendosi della confusione. Di Escados, non abbiamo notizie. Forse la tua notizia non è trapelata, dato che quelli che hanno cercato di fuggire sono... morti».

«Bene» faccio schioccare la lingua. La nobiltà si è rivelata impassibile. Mi staranno odiando in segreto, come sanno fare bene. «Allora mi sistemo».

«Perfetto».

***

Mi lascio qualche minuto per pensare cosa ho scatenato. Della gente è morta per colpa mia. A quanto pare, è questo il mio primo atto da futuro re. Ignorare esattamente come tutti gli altri re, perché non posso fare niente per migliorare questa situazione, devo solo seguire gli ordini della regina e questo pensiero mi logora: so già che sarà del tutto inutile, perché quella dimostrata al torneo è stata solo una goccia tra l'evaporato. Segui gli ordini.

Mi osservo allo specchio che ho di fronte. Dietro di me, il lusso della ricchezza sembra contrastarmi con ciò che sono e che ho visto nella mia vita.

Allungo una mano verso la mia immagine riflessa, e pongo il palmo contro me.


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