Guardie

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CAVALLO

La taverna sembra quasi essere più una caverna. Ai lati della porta sono appese delle lampade, più luminose di tutte le altre viste fin'ora, per riuscire ad attirare di più. Dentro, invece, c'è una luce affusolata che proietta delle ombre fin troppo alte sul soffitto.

«Credo che non gradiscano troppa attenzione» dice Eiden, accorgendosi dell'atmosfera.

«O non sarà solo una taverna...» ribatto.

Ci sediamo non troppo vicini al bancone, in una zona di quelle in cui lo sguardo vaga senza mai fermarsi.

«Chi te l'ha insegnato?» domando incuriosita, slegando il mantello.

«Nessuno» risponde con un sorriso che mostra i canini e segna una fossetta nella pelle dal colore che mi ricorda la terracotta. «Sono un girovago».

«Il principe sotto copertura» ironizzo, rivoltando lo sguardo. Mi chiedo se utilizza spesso questo metodo di corteggiamento, quando arriva un ragazzino per sapere cosa desideriamo.

«Un mondo equo» soffoca Eiden in una risata camuffata da tosse.

«Due cicchetti di Crepanotte». Prendo io il sopravvento. Il ragazzo annota e corre via.

«Crepanotte?»

«Era il preferito di Fyll» spiego, intrecciando le dita. «Un mio... vecchio amico».

Eiden risucchia le labbra e annuisce. Dopo qualche secondo riapre la bocca. «Un mondo equo era più appropriato».

Mi viene da ridere e non riesco a trattenermi. Totalmente fuori contesto! «Una Timeeria senza trono» dico, trattenendo il respiro e smettendo di ridere troppo per evitare che altri mi guardino. Ma nessuno rivolge l'attenzione verso di me, qui dentro.

Ed Eiden non ride, al contrario si fa più serio e il suo sguardo cade vacuo nel mezzo del tavolino graffiato. «Diana...» esita.

Il cuore mi batte celere. «Non so se potrai avere più i tuoi poteri» sputo fuori. Lo volevo già dire, ho sbagliato a tirarla per le lunghe. «Timeeria è il regno più forte per questo. Tutti coloro che entrano nei confini ne vengono privati».

Osserva le proprie mani. «Sento un vuoto... E penso che chiunque ha questa sensazione, tranne voi».

Voi. Me ed Elania. Lui non conosce la differenza tra noi due. Io mi sento responsabile per ciò che manca, alla regina non importa di tutto questo. «Non ho stretto io il patto con un dio» sibilo a denti stretti.

«Non volevo dire questo» scuote la testa, arretrando con la schiena. «Ma ci sarà qualcosa che puoi fare» suona come una supplica, una domanda, un'affermazione e come la voce di un popolo che dovrà appartenermi.

La saliva mi si addensa amara sulla lingua. Sto per dire qualcosa che nella mente ancora non è chiara e vengo salvata dal bicchierino che il ragazzo poggia sul tavolo. Mi schiarisco la gola. «Grazie». Attendo che se ne vada prima di tracannarlo sotto la vista del principe. «Io non posso fare nulla. Keyos ha accettato che mia madre usurpasse il trono senza alcun diritto» faccio una pausa per riordinare i pensieri, lasciandomi affondare per qualche istante nel chiacchiericcio. «A quel dio non frega niente oltre il prezzo. Ma quando sarà il mio turno, preferisco non avere progenie né un re che decida per me il mio destino».

È una soluzione che nessuna dinastia reale si sognerebbe mai, ecco perché ne vado fiera. Tutti vogliono regnare sul mondo, generazione dopo generazione.

Non la mia.

Eiden prende il suo cicchetto e lo alza. «Non lasciare che il tuo potere ti distrugga. Al tuo destino» sorride appena, finché il liquido non scende nella gola, ardendo.

Il mio potere non mi può distruggere. Mia madre mi ha ferito troppo in profondità annientando qualsiasi cosa volessi, qualsiasi azione compissi. E se i poteri fioriscono sulle radici del trauma, il mio è troppo grande perché questo mi uccida.

Io vivo all'interno della mia ferita.

Un rumore sordo colpisce le mura della locanda. Il chiacchiericcio diminuisce vertiginosamente, lasciando il tempo per sentire delle urla provenire da fuori prima che tutto accada.

La porta si spezza ed esplode in mille schegge. Per un secondo penso che sia colpa mia, poi la causa si fa più nitida.

Guardie.

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