13

487 26 8
                                    

A thousand voices howling in my head
Black Out Days, Phantogram

A thousand voices howling in my head ⎯Black Out Days, Phantogram

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

PETER

Sbuffo all'ennesima tirata di orecchie di Gwen, beccandomi una cuscinata oltre a un improperio. Perché mai l'ho fatta entrare, dico io?

Ah sì: mi ha messo sotto il naso un tortino ricoperto di cioccolato a cui non ho saputo dire di no. Un pretesto per lei di entrare e rimbrottarmi per il modo in cui ho trattato la mia vicina di piano mentre io mi spazzolavo pure le briciole dal piatto.

Una settimana dietro l'altra a digerirmi non solo le sue pietanze —quelle con più contentezza— ma anche le ramanzine sul mio comportamento scostante. Fa così da un mese ormai. Lei, con il suo eccentrico accento inglese, mi sta facendo il terzo grado da tre settimane. Mi do dell'idiota per avere anche solo pensato che avrebbe rinunciato sentendomi uscire monosillabi che non siano gli stessi. La spiegazione è solo una, ma a quanto pare non le basta. È davvero troppo arzilla per i miei gusti.

«Inveire ti rende una nonnina meno carina e più spaventosa», le pizzico una guancia e lei mi schiaffeggia la mano, minacciandomi con le sue dita dinoccolate.

«Alle volte le imprecazioni sono liberatorie. Perché non provi a dirne qualcuna anche tu piuttosto che sbattere la porta in faccia alle persone?» ribatte colpendomi alla nuca con la mano ossuta. Mi chiedo pigramente se lei cucini solo per gli altri o anche per se stessa. È così sottile che sembra poter scomparire da un momento all'altro.

«Non le ho chiuso la porta in faccia, l'ho salutata prima» mi difendo, come sempre da tre settimane a questa parte. Se l'avessi saputo prima che mi sarei dovuto sorbire il suo brontolio quasi tutti i giorni, l'avrei accettata quella dannata lasagna.

Lei storce il naso: «Sei stato maleducato. È così che vuoi farti dei nuovi amici?»

«Non voglio farmi dei nuovi amici» replico senza peli sulla lingua e la guardo per un lungo istante, così che l'informazione dalla mia bocca raggiunga il suo cervello nella maniera più chiara.

«È inutile che mi guardi così, giovanotto. Io non esco da questo appartamento fino a quando non mi dici che diamine ti è preso.» Oh Signore!

«Mi sembra di avertelo detto, nonnina» la provoco, ricevendo un altro colpo, stavolta alla spalla. Non dico nulla, ma sto soffrendo per tutte le legnate che sto ricevendo. O mi sono rammollito io —molto probabile— o Gwendoline è più forte di quanto il suo aspetto faccia vedere.

«Era una giornata storta» mi scimmietta lei, incupendo il suo tono di voce «È tre settimane che sento questa stronzata, ma io non me la bevo.»

«Tanto va la gatta al lardo che ci lasci lo zampino» recito irritandola solo di più. A Gwendoline non gli importa molto di che fine farà. È chiaro a entrambi che non si tirerà indietro solo perché sono io a esigerlo. Non si preoccupa di ficcare il naso né di fare amicizia con qualcuno che ha fatto della solitudine una recinzione invalicabile. La sua indulgenza mi fa sentire vulnerabile. Di colpo nei suoi occhi grigi si sta specchiando un bambino impaurito, e non un uomo di ventisei anni. Che razza di storia è questa?

In Amore Non RisparmioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora