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You're just like an angel ⎯Creep, Radiohead

You're just like an angel ⎯Creep, Radiohead

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PETER

Mi sistemo meglio il cappello sulla testa ed entro nel locale che qualche ora prima ho trovato chiuso, e in cui ho intenzione di lavorare a tempo indeterminato. Batto gli scarponcini innevati sull'unico scalino in cemento predisposto davanti lo stabile. Mi guardo attorno, tutto è un mattone rosso in questa città. Il locale non fa eccezione. Mattoni rossi circondano il posto come una muraglia, chiudendosi a recinto.

Prima che la mano spinga l'anta della porta, il pensiero di mio nonno che mi denigra perché non riesco a tenermi un lavoro (parliamo di lavori che mi venivano offerti unicamente tramite raccomandazioni) mi attanaglia lo stomaco e il respiro si accorcia inevitabilmente. Ma prima che l'orrenda visione di me che venivo cacciato da ogni singola azienda raggiunga le gambe, sul punto di fare dietrofront, mi fiondo dentro.

Il pub pullula di gente. Mi tocca dare diverse spallate prima di arrivare al bancone, dove trovo un ragazzo mingherlino che serve un drink dietro l'altro. Gli occhi chini sui bicchierini disposti in fila sul ripiano in legno di olmo, la mano a stringere il collo di una bottiglia di vodka e versarla abilmente sull'intera filza, le orecchie ad ascoltare pazientemente le continue richieste dei clienti.

Un ultimo sforzo: mi faccio spazio tra una ragazza con un vestitino di jeans smanicato, in compenso ha uno di quei gilet di pelliccia e stivali da cowboy, e un paio di ragazzi pronti a raccogliere il loro ordine –e cioè una pinta riempita fino all'orlo di birra– per poi allontanarsi, e mi piazzo di fronte al barman.

Quello finalmente mi nota: «Stiamo chiudendo!»

«Non si direbbe» rispondo, ma il ragazzo non mi sente —complice la musica assordante— e continua a versare fiumi di alcol.

Sbircio l'orologio al polso, che segna le due del mattino. Sì, è un tantino tardi. Mi sono intrattenuto più del dovuto con Gwendoline, che con tocco leggero ha bussato di nuovo alla mia porta nel tardo pomeriggio con in mano uno stufato di manzo ancora caldo, preoccupata che morissi di fame vista l'assenza di cibo che regna ancora nel mio appartamento, e accompagnando la mia cena (che ho divorato all'istante visto i morsi della fame) con alcuni suoi racconti d'infanzia.

Con lei davvero non riesco a essere scortese, e anche se lo diventassi sono sicuro che sorvolerebbe e mi risponderebbe per le rime. È una vecchietta bella tosta e forse la mia prima amica in questo posto —almeno è così che si è definita.

Infine, per mettere a tacere il suo continuo farneticare sull'appartamento che considerava troppo vuoto (in effetti non disponevo neanche delle posate o di padelle che non fossero arrugginite) mi sono dato allo shopping e ho spuntato la lunga ma indispensabile lista di cose che mi servivano. Per fortuna, sotto consiglio di Gwen (mi sono fatto dire la via esatta e con l'aiuto del navigatore sono riuscito a non perdermi) ho trovato dei negozietti che avevano della roba in saldo.

In Amore Non RisparmioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora