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And now you know you got a hold on my mind
—YAD, Vanna Rainelle

And now you know you got a hold on my mind—YAD, Vanna Rainelle

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SELENE

Guardo dritto davanti a me. Guardo il signor De Laurentiis per essere più precisi. Guardo l'uomo che ha appena ammesso che la colpa della morta di suo figlio è stata la sua. La moglie, al suo fianco, annuisce mentre cerca in tutti i modi di non piangere, tirando su il naso così forte che penso possa essersi rotta qualche capillare.

Sono in casa di persone che ho sempre temuto odiassero mio padre, la mia famiglia, che nel caso migliore ci lanciassero macumbe e nel peggiore intentassero una causa –come credevo avessero fatto.

Ora sono seduta sul loro divano mentre li vedo vergognarsi di se stessi.

Questo non ha il minimo senso per me. Come possono credere di aver partecipato alla morte di un ragazzino con un grave problema al cuore?

«Tuo padre non è stato il primo cardiochirurgo a cui mi sono affidato» chiarisce il signor De Laurentiis, tenendo lo sguardo affranto sulla moquette ingrigita. Non ho prestato molta attenzione agli arredi della loro casa ma adesso mi accorgo che per quanto possa sembrare bella e curata all'esterno, l'interno è incasinato, proprio come devono esserlo le loro vite. «Ho fatto il giro di tutta l'Inghilterra ma la risposta è stata sempre la stessa: Michael non sarebbe sopravvissuto all'intervento. A nessun tipo d'intervento. Il rischio che non ce l'avrebbe fatta era troppo alto, quindi non ci provarono nemmeno. Fu allora che incappai in un articolo che affermava che tuo padre aveva sottoposto alcuni pazienti a interventi simili. Lessi che era il migliore nel suo campo. Michael e io volemmo incontrarlo immediatamente, sentivamo che il tempo stringeva e le possibilità diminuivano. Tuo padre si rifiutò di intervenire sul suo cuore, perlomeno non subito; ci disse che dovevamo aspettare. C'erano procedure da seguire se si voleva avere una chance, ma si rifiutò di intervenire con quel suo metodo di cui avevo sentito parlare così tanto. Ci disse che non era adatto per Michael, sarebbe stato un azzardo troppo fuori dalla sua portata.» Non mi accorgo neanche del loro gatto che s'infila tra le mie gambe e si appallottola ai miei piedi. Il signor De Laurentiis affonda le dita ossute sulla poltrona, respira a fondo mentre la moglie gli appoggia una mano sull'avambraccio per confortarlo. Ormai stanno piangendo entrambi. «Non volevamo aspettare. Ci sembrava di aver perso troppo tempo. Eravamo stanchi e mio figlio mi implorò di convincerlo. Era il primo sì che sentiva dopo anni di assoluta negazione. Capitemi, avrei fatto di tutto pur di non vedere la rassegnazione sul suo volto», una lacrima sfugge al mio controllo mentre realizzo con grande angoscia cosa è potuto succedere dopo. La bocca dell'uomo si spalanca ma non ne esce alcun suono, quindi ci riprova ma quando è evidente che non è più in grado di proseguire, la moglie prende il suo posto.

«Abbiamo avuto una conversazione privata con tuo padre, a casa sua.» Sì, ricordo quando Otis li fece entrare e ci incrociammo nel corridoio mentre mi precipitavo per andare a riprendere Charlotte dal centro commerciale. Ero così di fretta che non notai l'aria tesa da cui erano avvolti. «Non fu felice di vederci lì ma solo perché sapeva che avrebbe finito con l'accettare. Ci aveva avvertiti ma era la prima volta che qualcuno pensava davvero di poter operare mio figlio, quindi la nostra mente stanca e devastata da un anno difficile –la sua condizione era peggiorata– non si soffermò troppo sulla possibilità che non ce l'avesse fatta. Ci fermammo solo a possibilità, decidendo di guardare al positivo. Se solo avessimo aspettato, ma Michael non voleva più. Tuo padre fu chiaro e non indorò la pillola: Michael avrebbe potuto non sopravvivere. Ma nostro figlio aveva risposto che quella sarebbe stata l'ultima sua chance, che stava...stava pensando al suicidio. Non avrebbe più potuto continuare a vivere in quello stato.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: 2 days ago ⏰

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