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Oh, father, forgive me For all my sins BABYDOLL, Ari Abdul

Oh, father, forgive me For all my sins ⎯ BABYDOLL, Ari Abdul

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SELENE

Venire in un modo assai poco dignitoso su una macchina non mia mentre quella a guidare sono io (non so nemmeno come siamo arrivati sani e salvi al parcheggio del condominio quando le uniche cose che ho visto per tutto il tempo sono state le stelle) è a tutti gli effetti l'apice di qualunque cosa sia considerata sconsiderata. Ma non so nemmeno se voglio più privarmene ora che l'ho cimentata.

È come se anni di rigidità in cui mi sono io stessa relegata per le responsabilità assunte siano state spazzate via con la stessa facilità con cui si soffia su una candela per spegnerla.

Ecco, Peter è esattamente questo quello che ha fatto: ha spento quell'insulsa fiammella che sono diventata per illuminare il percorso degli altri dimenticandomi del mio, per accenderne una decisamente più tosta. Qualcosa che io stessa non sono in grado di contenere.

Mi guardo le cosce, il solco delle impronte dei suoi polpastrelli che mi stritolano la carne come se volessero fondersi con essa mi fa rabbrividire mentre mi ricompongo e abbasso la radio, prima a un volume esageratamente alto per camuffare le prove del mio crescente orgasmo.

Non lo guardo nemmeno mentre usa le sue dita come lecca-lecca per non sprecare una sola goccia dei miei umori o non risponderei di me mentre abbandono il sedile per sedermi cavalcioni su di lui, esigendo un secondo orgasmo che mi sconquassa come solo le sue dita hanno fatto finora. Mi lecco le labbra... ha solo fatto uso di quelle finora.

Invece mi sfilo quello che rimane dei miei collant e li ficco in borsa. Una cosa bagnata in meno addosso, ma prima li faccio dondolare sotto il suo naso. «Mi devi un paio di collant nuovi.»

La sua bocca freme, la mia fa lo stesso quando colgo il luccichio dei miei umori sul labbro inferiore, ingoiando un gemito quando lo lecca via. «L'avevo messo in conto.»

«Bene, ora puoi anche scendere», gli agito una mano davanti agli occhi e gli offro una valida giustificazione non appena il cipiglio si affaccia sul volto solitamente estraneo all'espressività. «Devo passare all'autolavaggio. Non è mia la macchina ma di Gwendoline.» Non so perché ho aspettato tanto a dirglielo, forse temevo si fermasse sul più bello per una presa di coscienza.

Lo guardo.

No, non è decisamente il tipo.

«Spegni il motore Selene, non andrai da nessuna parte.» È terribilmente serio.

«Ma...»

«Finora ti sei divertita tu. Adesso tocca a me.»

«Non mi è parso che tu ti sia annoiato.» Se mi concentro riesco a sentire ancora vibrarmi nel petto la sua voce roca, quasi si fosse rotolata allegramente nel peccato mentre faceva di me la sua bambola. Sì, si è divertito parecchio a smontarmi un pezzetto alla vola, ma so anche che questo è soltanto l'antipasto.

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