Spin-off di Sotto Mentite Spoglie
Peter Carver è una mina vagante quando atterra a Londra. Adesso ha l'aspetto di un barbone e l'animo l'ha dato in pasto al diavolo.
Fresco è il dramma che lo vede colpevole di essere nato nella famiglia sbagliata...
⚠️C'È DEL CAPITOLO IN QUESTO SPICY!!! No, a parte gli scherzi, potrei essermi lasciata andare in dettagli piccanti molto espliciti. Più del solito. Quindi vi do il via libera per scorrere fino in fondo al capitolo se non vi interessano o piacciono queste scene. A tutti gli altri, buona lettura 🌶️😎
Get down on your knees ⎯PLEASE, Omido, Ex Habit
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SELENE
Finisco di asciugarmi le mani con una salvietta e affretto lo sguardo sul mio aspetto devastato. Con la stessa salvietta -inumidita questa volta- mi ripulisco le ciglia incollate dal mascara rappreso, sfregando con foga sulle guance ormai pulite per provare a cancellare il rossore che mi è costato quel pianto -a cui non mi aggrappavo da troppi anni.
Non ho neanche il tempo di mettere piede in camera da letto che mi blocco di nuovo. Peter è seduto sulla sedia imbottita, i capelli scuriti dalla pioggia tirati indietro, come se ci avesse appena passato in mezzo le dita, ma una ciocca ingestibile gli ricade comunque sulla fronte cesellata.
Sgrano gli occhi, brividi che non hanno nulla in comune con il freddo o la paura sentita per via dell'inquietudine di questa stanza d'albergo sfilano su braccia e schiena, e avverto la pesantezza del suo sguardo oscuro in mezzo alle mie cosce già umide.
Mi guarda come se fossi un uccellino in trappola e lui un animale affamato da giorni. Lo sono. Mi sembra di esserlo sempre quando mi guarda in questo modo, come se non riuscissi a sfuggirgli neanche se lo volessi.
E non lo voglio.
Ma non avrei possibilità neanche se fosse il contrario, perché in cuor mio so che nonostante lo creda un brav'uomo, non lo è affatto. Talvolta l'oscurità da cui è avvolto potrei tagliarla con un coltello affilato per quanto sia tangibile.
Come quella volta in cui ho cercato di svegliarlo dal suo incubo notturno con il risultato di essere travolta dal suo peso e strozzata. Avrei dovuto avere paura lì, anzi di paura ne avevo da venderne ma non certo per me. Le sue condizioni mi avevano terrorizzata, cercavo disperatamente di tirarlo fuori da qualunque cosa stesse affrontando nella sua testa in quel momento. Era come se soffrissi anche io: sudavo e tremavo allo stesso modo.
Non c'era verso di risvegliarlo e anche se gli ho detto che stavo bene e mi aveva a malapena sfiorata, in realtà pochi minuti e avrei perso conoscenza. La sua presa non era normale, i muscoli intorpiditi erano guidati da una furia volta a uccidere. Di qualunque persona stesse sognando, le sue intenzioni non erano pacifiche.
Il mio cuore replica i colpetti delle sue lunghe dita quando queste sbattono sulle sue cosce divaricate, e salta un battito alle parole che gli escono con voluttà dalle labbra peccaminose. «Striscia verso di me, Selene. Fammi vedere come sei brava a sporcare quel vestito.»
Mi ci vogliono interi secondi per elaborare le informazioni che il mio cervello si rifiuta di recepire. Dentro di me scoppia una guerra a sangue tra quello che il mio corpo desidera ardentemente fare, e cioè compiacerlo inginocchiandomi e gattonando verso di lui il più lentamente possibile finché il vestito non diventa strofinaccio per il pavimento. Ma il mio lato femminista, di cui vado molto fiera, si rifiuta; lo immagino a tirare su il mento, mettere il petto in fuori e piantare le mani sui fianchi in segno di sfida.