Capitolo 25 - Vince Kennedy

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Entrammo, chiusi la porta dietro alle mie spalle e mi insinuai in mezzo alle altre che mi stavano attendendo.

Era il corridoio più strano che io avessi mai visto, in un negozio che non rispettava quel genere.

Era privo di qualsiasi finestra, solo infondo vidi una porta con i vetri appannati, come se presentasse il mondo esterno avvolto da nuvoloni di pioggia e un mondo parallelo.
C'era solo una lampadina appesa ad illuminare le mura dall'aspetto metallico color verde scuro misto al marrone, e di lato a noi già le porte dei bagni erano passate, e adesso si allontanavano dietro alle nostre schiene, al contrario della puzza di fogna e candeggina.


<<Perché hai una pistola, Chloe? Che ti è saltato in mente?>> chiesi alla rossa, senza troppi toni severi, davanti al suo atteggiamento che invece rispecchiava indifferenza e abitudine.

<<Che domanda è? Se qualcuno sa tradurre, che lo faccia>> rispose quindi lei, con tono piatto, accennando infine una lieve risata.
Ed io, nonostante gli scherzi, iniziai ad irritarmi.
Irritarmi come se piante d'ortica mi avessero procurato prurito lungo le braccia, e irritarmi perché quando chiedevo una cosa, una semplice domanda, la risposta non doveva avere complicazioni.

<<Non sto scherzando, non credo sia così difficile rispondermi.>> incalzai, imitandola, mentre il lungo corridoio sembrava non voler terminare più.
<<Mi hai colta abbastanza di sorpresa.>>

<<Ho tolto la mia roba dalla macchina ieri sera, tra cui la pistola. Quando ho saputo che saremmo venute qui non ci ho pensato un minuto di più, Asia. Il fatto che io non faccia più parte dei Penumbra, non implica che io non continui ad essere una criminale. Lo sai?>>.

Mentre parlava, mi voltai dietro ad osservare il suo volto sottile e pallido, e quando finì, la mia curiosità aumentò di qualche tacca.

<<Già, che scandalo>> ridacchiò Jessica, ironica, mentre io non mi smossi da com'ero rimasta.

<<Non mi sono preoccupata di responsabilità varie>> Chloe mi guardò dritta negli occhi, prima di tornare a concentrarsi sul suo percorso, con quelle note di dispersione, perdita e distrazione negli occhi.

<<Se tu non stessi entrando in una società criminale, io non ci avrei neanche pensato a tirarla fuori in vostra presenza, tanto per specificare>> proseguì con tono amaro, infilandosi le mani in tasca.

Concluse con una risata più spontanea. Quel tono così ostinato, così deridente, non ero abituata a sentirlo uscire dai suoi denti digrignanti dalla rabbia che spesso intrappolava in sè.
E poi se ne restò zitta, dopo avermi dimostrato quanto potessi esserle di disturbo, mentre la vecchia lei cominciava a tornarmi in mente per l'ennesima volta.


<<Almeno la prossima volta avvisaci prima.>> biascicai soltanto, quando i nostri passi rimbombarono con rumori robotici.

Un'insegna rossa, "Exit", brillava fioca lungo una parete in discesa alla quale vi stavamo per avvicinare, e poi ci fermammo prima di una quindicina di gradini che scendevano, fino ad una porta ridotta alle stesse condizioni di quella da cui eravamo entrate.

Scesi gli scalini con poche insicurezze, conducendo le altre verso la porta, e spinsi la maniglia ruvida che era uguale a quella delle uscite di emergenza.

Megan, che era di fianco a me aprì la porta con una mano, e si fermò, facendomi capire che stesse attendendo che entrassi io per prima.

Piombammo nel silenzio, in un ambiente profumato di gel e inchiostro, dalle pareti basse e nere, con i pavimenti lucidi e dall'aspetto costoso.

Wildcard - Rule The Night (Fase 1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora