"Itadori, hai ucciso degli umani modificati, vero?" Sebbene neanche lei stesse bene, Nanami voleva accertarsi dello stato del compagno che stava camminando al suo fianco.
"Sì." Rispose lui, un tono di voce che non gli si addiceva. "Se prima volevo che le persone morissero di una morte giusta, ora non lo so più. Perchè ho premuto io stesso il grilletto."
"Me lo chiedevo anche io." Erano così simili di pensiero. "Qual è la morte giusta? Morire di una malattia genetica che ti colpisce di nascosto?"
Era quello che era successo a lei.
"Mi ha assillato per anni, la mia conclusione fu che la morte giusta, la morte che avrei accettato fosse il morire accanto a chi amavo, salutata dalle persone a me care." Ma non era la frase giusta per consolare il ragazzo. "Non... quelle creature stavano soffrendo, li hai aiutati..."
Disse a fatica, non credeva nemmeno lei in quello che stava dicendo.
"Mio nonno è morto per una morte giusta. Volevo aiutare gli altri con la mia forza perchè tutti ottennessero una morte giusta. E' l'ultimo desiderio di mio nonno, salvare e circondarmi di persone, per non morire in solitudine."
Arrivarono a destinazione.
"Ma... adesso mi rendo conto che non ho la minima idea di cosa sia la morte giusta. Quindi finchè non avrò ucciso quel tipo, non posso più permettermi di perdere."
"Cercheremo la risposta insieme." Affermò lei.
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"Allora suono." Itadori guardò Kimura in cerca di conferma, non apparve nella sua visuale e dovette abbassare lo sguardo, ricordandosi che non era più come prima. Vide il suo capo muoversi mentre diceva 'sì' con un cenno. Quindi allungò il dito e pigiò il campanello.
La signora Junpei aprì dopo qualche minuto e un odore di fumo pesante colpì entrambi.
"Itadori?" Disse lei, tra l'indice e il medio una sigaretta quasi finita.
I due ragazzi si inchinarono. Fu Yuji a esordire. "Buongiorno, signora Junpei. Se non la disturbiamo possiamo entrare un attimo?"
"Sì, certo." Rispose lei dopo un breve silenzio. Come non poteva sentire il dolore nel suo tono di voce. Itadori invece, poteva vedere benissimo il pesante trucco agli occhi usato per coprire i segni di pianto.
La donna li condusse in salotto. "Scusate se è un po' disordinato. Siedetevi pure. Giusto, non ti ho ancora ringraziato Itadori, per avermi salvato quella notte. Sta bene Nana-"
Un tonfo sul pavimento, Kimura si inginocchiò. Vedendola anche il ragazzo si aggiunse a lei.
"Scusa." Disse lei con lo sguardo basso mentre la donna si era precipitata sui due cercando di alzarli. Prima ancora che potesse fermarsi cominciò a piangere ma continuò con quello che voleva dire. "Scu-scusa... le ho fatto perdere Junpei..."
"Sei... Nanami?" La sigaretta cascò a terra, fortunatamente già spenta. Yuji restò in silenzio, il viso strozzato, era complicato non farsi trascinare dalle lacrime della compagna.
"Mi faccia tutto quello che vuole."
Se avesse parlato con lui prima che le cose peggiorassero, forse sarebbe stata una fine diversa; anche se Junpei non aveva voluto rivelare niente alle sue domande, bastava che parlasse lei.
"Non sarebbe successo."
Junpei era profondamente riconoscente verso colui che l'aveva salvato con le sue parole. Credeva ciecamente in quella maledizione. C'era poi la questione del destino immutabile che non capiva, era vero o solo parole di Nami? Però, pensava comunque che la colpa fosse sua. Era un chiodo fissato nella sua testa, pensare che tutte le disgrazie erano colpa sua. Proveniva dall'infanzia, dalle frasi indirette che sentiva nell'ombra, dai toni di voce che sua madre le riservava.
La signora Junpei, che stava stringendo le braccia della ragazza, si accasciò a terra con loro.
"Non voglio niente da voi, oltre che siate felici e che... viviate una vita spensierata come avevo sempre desiderato per lui... Sapete? L'altra sera, non l'avevo visto ridere in quel modo da anni. Ero così felice." La sua voce cominciò a incrinarsi. "Suo padre e io abbiamo divorziato quando era ancora piccolo. Ero fiduciosa di poterlo crescere come ogni altro bambino. Forse hanno ragione, che per crescere un figlio in maniera sana c'è bisogno di entrambi i genitori."
"Ci è riuscita... suo figlio è bravissimo e-"
"Lo era..." Sussurrò lei correggendo il verbo. Posò una mano sul capo di Nanami e la accarezzò, fece lo stesso con Yuji. "Grazie per essere venuti a trovarmi. Non avete bisogno di scusarvi, non è mica colpa vostra. Alziamoci adesso."
Nanami si alzò riluttante, sentì Itadori dire: "Che ne dice se la aiutiamo a dare una rispolverata a questo salotto?"
"Mmh? Grazie." Sorrise lei capendo il suo intento. Sì, era arrivato il momento di andare avanti e ricominciare.
Si misero subito all'opera, Nanami non usò la sua tecnica, voleva usare le proprie mani.
"Volete restare a pranzo? Però dovrei ancora andare al supermercato per poter mettere qualcosa sotto i vostri denti." Disse lei.
"La ringraziamo..." rispose Itadori, "ma dobbiamo andare. Magari la prossima volta. Verremo a trovarla sicuramente!"
Itadori si scambiò i contatti con la donna e si salutarono. Questa volta, attraversarono la porta con un espressione meno angosciata.
Yuji guardò l'ora dal cellulare. "Sì, possiamo farcela."
Presero la via del ritorno. "Ehi! Kimura, guarda! Crêpes! Ti ricordi ne avevamo presi due il secondo giorno in cui ci siamo conosciuti? Vado a prenderle subito, aspettami qui!!"
La ragazza sorrise, capì che stava cercando di tirarla su di morale come gli riusciva meglio. Non poteva esattamente 'guardare' ma sì, aveva già sentito l'odore.
"Kimura."
La ragazza sbattè le ciglia. "Nanamin? Che ci fa qui?"
"Sono di ritorno dal lavoro." Lo stregone si guardò attorno e trovò Itadori, rilassandosi sul fatto che non fosse da sola. Diventare non vedente da un giorno all'altro e uscire da sola non era una buona idea.
"Stavamo visitando la madre di Junpei." Spiegò lei prevedendo cosa avrebbe chiesto.
"E' un bel gesto da parte vostra." Si sistemò gli occhiali.
Kimura mise su un sorriso forzato e questo non passò inosservato all'uomo.
"Tenersi dentro le emozioni è la soluzione peggiore per affrontare una situazione."
"Ha ragione." Kimura rilassò le mani serrate in pugni e alzò il viso verso di lui. Con lui ci sarebbe riuscita, a chiederlo. "Allora... posso chiedere, da bambina ad adulto, un... abbraccio?"
Non sentì una risposta affermativa ma, dopo qualche secondo un piccolo rumore della sua scarpa di cuoio che sfregava sul suolo verso di lei le disse che, anche se non aveva risposto, se l'avesse fatto non si sarebbe arrabbiato. Annullò quella distanza prima che lo fecesse lui e strinse le braccia attorno all'uomo. Non ricambiò ma il silenzio e la sua camicia morbida erano già sufficienti.
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Island In The Sun ‖ Jujutsu Kaisen
FanfictionOC/Fushiguro Megumi Accenni a SatoSugu & YutaMaki CONTIENE SPOILER MANGA JJK Cosa succede dopo la morte? E se non è altro che l'inizio di un nuovo viaggio? Storia di un viaggio nel mondo della stregoneria, delle arti occulte, degli spiriti maledetti...